Una città - anno II - n. 13 - maggio 1992

UN ALBEROCHECADEFA RUMORE PIU' DI UNA FORESTACHECRESCE Associazionismo e volontariato. Una realtà enorme, ma ancora poco conosciuta. Ne parlano Piergiuseppe Bertaccini, della "Paolo Baltini ", franco Pardolesi, del "Clul, forza f orli" e con Galtriele Zelli, assessore. Franco Pardolesi: geometra del Genio Civile, impegnato con l'associazione sportiva "Club Forza Forlì", nell'organizzazione di molte manifestazioni sportive indirizzate a favore dei meno fortunati, a un fine umanitario. Piergiuseppe Bertaccini: funzionario di banca "per campare"; come attività di volontariato, è impegnato da tempo nella associazione "Paolo Babini" ed è presidente della "Cooperativa di Solidarietà Sociale Paolo Babini" del volontariato cattolico. La cooperativa è nata nel 1986, da tempo si occupa di minori in difficoltà, di disabili, di equipe affido e in particolare di tossicodipendenti, e questa, da alcuni anni, è diventata l'attività prevalente. La cooperativa pubblica il periodico "Insieme", sono centocinquanta soci, ha 23 dipendenti, operatori, in gran parte non ex-tossicodipendenti e anche alcuni ex-tossicodipendenti. GabrieleZelli: Dipendente del comune di Dovadola in aspettativa dalla fine dell'85, è assessore al comune di Forlì e "partecipe ogni volta che qualcuno chiede collaborazione" per organizzare varie iniziative nel settore della cultura, dello sport e del volontariato. Quanto incide l'associazionismo sul tessuto sociale in una realtà come quella di Forlì? 'Zelli: Tantissimo. Ho imparato a conoscere queste realtà da moltissimi anni e sono realtà in continuo sviluppo, in continua crescita. La realtà di Forlì offre ampio spazio per tutti coloro che vogliono occupare inmodo intelligente il proprio tempo libero. Da una ricerca che a suo tempo proposi all'amministrazione risulta che incittàci sono circa 300 associazioni che ricoprono i vari campi, da quello culturale a quello sportivo, a quello più propriamente sociale, dalle guardie ecologiche alle cooperative di solidarietà sociale. Si parla in tutto di diverse migliaia di persone. Incidono moltissimo a livello giovanile, soprattutto quelle sportive, che riescono a raccogliere i ragazzini quando hanno sette-otto anni e li portano a una maturazione dal punto di vista sportivo e spesso anche umano. Faccio un esempio: alla Cava ci sono sette polisportive, raggruppate a loro volta in un'unica polisportiva: la Polisportiva Cava. E tutti i genitori della polisportiva, che sono sette-ottocento, divisi in queste sette-otto sezioni, partecipano regolarmente ali' attività delle varie sezioni. La sezione della pallavolo recentemente ha ospitato qui a Forlì una squadra straniera, di ragazze tedesche e l'organizzazione del torneo, il pernottamento di queste ragazze nei due giorni che sono state qua, l'ospitalità vera e propria non sono state demandate al presidente o al consiglio della polisportiva, ma tutti i genitori se ne sono fatti carico. In questi momenti i ragazzi riescono anche ad avere un rapporto proficuo con i propri genitori, cosa che normalmente non avviene in nessun altro momento della vita, viste anche le risposte che i ragazzi hanno dato al questionario fatto dagli insegnanti di ragioneria da cui risulta una chiusura netta tra genitori e figli. La "Paolo Babini": come funziona, i suoi obiettivi. Le cosebelle e anche quellemeno belle. Bertaccini: Noi siamo abituati a dire ai nostri ragazzi e ai nostri consociati che fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Quando a Forlì succede qualcosa di brutto si sa subito, fa un gran rumore, invece tutto il bene che viene fatto quotidianamente, tutti i giorni, nessuno lo vede ed è invece tanto. lo credo che oggi i giovani abbiano bisogno di punti di riferimento e se è vero che Forlì ha poca criminalità è dovuto al fatto che ci sono tante associazioni che fanno punto di riferimento e diventano ambito educativo. Il ragazzo ha bisogno di questo gruppo, di questa socializzazione. La Paolo Babini non nasce per rispondere a degli interessi, come può essere l'interesse sportivo, nasce come risposta ad un bisogno. Abbiamo individuato diversi b. sogni, cbe enf o quelli dei minori abbandonati, con famiglie che non erano in grado di garantirne !'.educazione e la crescita, dei disabili che diventavano una presenza difficile in famiglia 24 ore su 24 e quindi il bisogno per le famiglie di essere scaricate da questa presenza almeno per qualche ora, ma soprattutto c'è il discorso della tossicodipendenza che è diventato l'impegno più grosso della nostra associazione per poter dare una risposta di speranza a tanti giovani che sono nel tunnel della droga. Noi facciamo parte del volontariato cattolico, quindi si capisce che è una dimensione religiosa e di fede che muove associazione, operatori e tutto il resto. Perché non è un qualcosa di più, non si fa questa cosa perché si vuole essere più bravi o più buoni, si fanno perché si devono fare, altrimenti non si è se stessi, altrimenti non si è uomini, non si è cristiani. Abbiamo una casafamiglia in Via Cerchia, che accoglie 8 minori; di questi, alcuni sono difficili, altri normalissimi e ci sono 3 albanesi. Abbiamo una struttura all'interno della parrocchia di San Paolo, dove, per 3 giorni alla settimana, dei ragazzi down lavorano al laboratorio del cuoio. L'impegno grosso è con la tossicodipendenza. Partiamo con una casa di pronto soccorso che ha 16 posti nella canonica di Durazzanino, che abbiamo completamente ristrutturato, e qui vengono i ragazzi dalla strada, quelli che hanno voglia di uscirne; arrivano appena fatti, disperati, e vogliono un primo aiuto; vengono puliti, messi a letto, vengono disintossicati e mandati all'ospedale per una prima diagnosi e la terapia, poi vengono accolti in un centro accoglienza e di lavoro che abbiamo in via Copernico, con un capannone in affitto. Qui lavorano e fanno dei colloqui. Se questi colloqui danno esito positivo vengono inviati alle comunità di recupero, sennò se ne vanno, e c'è un tum-over abbastanza alto, perché non tutti i tossicodipendenti hanno voglia di uscirne. Quelli che decidono di rimanere vengono mandati a Fornò, dove abbiamo una comunità diurna che impegna ragazzi e famiglie in un programma di recupero, sia del rapporto di coppia dei genitori, che molte volte è in crisi, sia del ragazzo, che viene maturato, attraverso la ricostruzione della propria personalità, soprattutto a credere nei valori della solidarietà e del- !' amicizia. Ci sono un sacco di volontari che danno tempo libero, disponibilità, quattrinisi sono tassati tutti i mesi per dare un contributo- e anche i nostri dipendenti sono dei voi on tari, perché prendono 800.000 lire al mese, tutto in regola, però non fanno le otto ore canoniche e non hanno il sabato e la domenica liberi, lavorano dalle 12alle 14 ore al giorno, alcuni sono disponibili 24 ore su 24 perché mangiano, dormono e lavorano in comunità, quando hanno bisogno di (p~arsi lo chiedoR qualcuno disponibile gli dà il cambio, questo è il vero volontariato nel lavoro. Siete in attivo? Bertaccini: Siamo tremendamente in passivo. Noi saremmo anche in attivo se ci fosse un'attività normale: con le rette che l'USL ci dà per i ragazzi riusciremmo tranquillamente a pagare gli stipendi e a dare da bere e da mangiare ai ragazzi; invece ci siamo trovati in 5 anni, appena nati, a dover ristrutturare Durazzanino: 120 milioni, ristrutturare Fomò: un centinaio di milioni, comprare la casa di via Cerchia, che è costata allora 215 milioni, abbiamo dovuto comprare camioncini, trattori. Abbiamo una spesa di allestimento strutture che ci vede deb itori verso la banca, non mi vergogno a dirlo, di 300 milioni. Abbiamo dato le firme personali in tre o quattro, se va bene, salviamo la nostra casa e la faccia, se va male, ci toccherà andare alla tasca e tirare fuori qualcosa. Noi abbiamo rimesso in società, di quelli che erano entrati in comunità, 20 ragazzi. Le statistiche delle altre comunità, anche di quelle più famose, hanno il 30, il 40, il 60% di ricadute. Noi, di questi 20 ragazzi, ne abbiamo uno che purtroppo è ricaduto e non è più tornato, uno che ha avuto un attimo di sbandamento e poi si è ripreso e 18 che sono sacrosanti, benedetti, andiamo tutti i giorni dalle istituzioni, dalle USL e abbiamo veramente il loro plauso perché sono ragazzi che sono rientrati nel loro mondo familiare, nel mondo del lavoro, chi lavorava in banca, chi lavorava in officina, e alcuni hanno scelto di fare i volontari. Hanno detto: per me della gente ha speso del tempo, per la mia salvezza, adesso voglio dare anch'io un po' della mia vita gratis per la salvezza di chi ha meno di me. Abbiamo adesso tre ragazzi in casa-famiglia con dei ragazzi difficilissimi a Villafranca, abbiamo una ragazza che andrà in Africa e altri 3 operatori che stanno facendo un anno di volontariato ali' interno delle strutture al servizio dei tossicodipendenti. Parliamo un po' del Club Forza Forlì. Pardolesi: Abbiamo compostoquestasquadra nel '68; sono 24 anni che abbiamo il coraggio di giocare insieme e questa grande amicizia ci fa continuare, nonostante gli anni passino, ad avere il piacere di giocare e non solo, di passare anche buona parte della giornata tra di noi. Il nostro gruppo invecchia sempre più, ma resiste, anche dal punto di vista sportivo; anzi, qualcuno che aveva mollato è addirittura rientrato perché non ce la faceva a star fuori. Con il passare degli anni ci siamo accorti che ci sono certe realtà che meritavano un aiuto, economico e anche morale, perché sapere che c'è qualcuno che ti appoggia, penso che sia un aiuto anche per andare avanti. Certo noi non arriviamo ai livelli di cui parlava prima Giuseppe, che sono ammirevoli, ma dove bisogna CO fare una scelta di vita che non è da tutti. Abbiamo pensato di poter dare una mano alla nostra maniera, attraverso lo sport. Noi intendiamo lo sport come competizione, senz'altro, perché senza competizione non sarebbe sport, però lo intendiamo anche come un mezzo di fratellanza e di legame verso gli altri. Abbiamo giocato coi carcerati, con i sordomuti, con gli ex-tossicodipendenti, anche con i ragazzi della Paolo Babini, abbiamo giocato con i senegalesi, con i marocchini, con i tunisini. Abbiamo piacere, attraverso lo sport, di conoscere altre realtà e di diventare soprattutto amici. L'ultima parte della nostra attività si è rivolta alla solidarietà. Abbiamo organizzato nove manifestazioni, con la nazionale cantanti, con gli artisti, con calciatori vari, l'ultima con i brasiliani, per trovare fondi per delle associazioni tipo Paolo Babini o la cooperativa San Giuseppe di Sadurano. Proprio oggi iIpresidente della Caritas parmense, don Franco Minardi, mi ha detto che i 26 milioni che abbiamo ricavato dalla manifestazione del Palafiera con i brasiliani serviranno per costruire la metà di una casa-scuola in Brasile, a Belemme, per i bambini abbandonati. Sapere che questi nostri sforzi sono serviti per togliere qualche bambino dalla strada e da tutto il peggio che ci può essere nella miseria in cui si trovano, ci riempie di soddisfazione e ci convince che la strada che abbiamo intrapreso sia una strada buona. Anche se è molto faticoso organizzare queste cose, ci lasciano segnati, sia psicologicamente che addirittura fisicamente, perché, per una società piccola come la nostra, organizzare cose così grosse, è molto stancante. Bertaccini: Il contributo che noi riceveremo dal Club Forza Forlì quest'anno abbiamo pensato di finalizzarlo al problema dell'AIDS. Ci stiamo muovendo insieme alla Caritas e alle"Famiglie per la lotta contro la droga" per creare una struttura, un servizio di emergenza e di assistenza domici1iare e in seguito, se i forlivesi saranno così generosi e attenti, anche una struttura, che costerà ovviamente dei quattrini, una piccola casa-famiglia per i malati terminali di AIDS, per quelli che non vorrà più nessuno, che non potranno avere alle spalle una famiglia che li accoglie o che nella struttura non possono trovare accoglienza. Sono cose molto belle, però , nella società si vedo anche altre cose: violenza, individualismo, arrivismo sociale, qualunquismo. Berraccini: Sono sicuramente due mondi contrapposti. Anche se la tentazione dell'individualismo e dell'egoismo ce l'abbiamo tutti, perché è nella natura dell'uomo. Nella misura in cui la gente si trova insieme proprio per superare questo egoismo e capisce che la civiltà dell'amore e della solidarietà è quella che salva gli uomini, nella misura in cui ci si rende consapevoli di questo, si trovano energia e forza per poter fare delle attività di solidarietà e di speranza. Se ci si chiude nel proprio orto, i problemi degli altri non ci toccano e aspettiamo soltanto che gli altri si interessino di noi quando abbiamo bisogno, questa mentalità produce sicuramente violenza, anche su larga scala. La droga, la violenza sui minori, la mafia, tutto quello che di brutto c'è in questo nostro paese, nasce sicuramente dalla volontà di non rispettare la natura del!' uomo che è fatta per la solidarietà e per l'amore. 'Zelli: Anch'io sono d'accordo con quello che dice Bertaccini. E' per quello che mi batto perché l'ente pubblico non sia solo il notaio che recepisce le varie domande di contributo che gli vengono rivolte dalle varie associazioni. L'ente pubblico, secondo me, ed è per questo che è un lavoro difficile, faticoso, che non sempre viene inteso e sostenuto, dovrebbe essere il momento in cui tutte queste associazioni trovano un punto si riferimento, dovrebbe riuscire a mettere in connessione le varie proposte che ci sono nei vari campi. L'ultima proposta della "Paolo Babini", con la quale si candida, si propone per la costituzione di un luogo fisico dove ospitare i malati terminali di AIDS, credo sia un'esigenza avvertita non solo da loro, ma sia una cosa percepita come necessaria anche da altre associazione pubbliche e del volontariato. Il comune, in questo caso, dovrebbe fare lo sforzo per coagulare attorno ali' idea forte altre iniziative e altre realtà. I ruoli di ciascuno è indispensabile che restino, per carità, però quando queste realtà riescono a programmare qualche intervento in comune, i risultati possano diventare positivi. Ma è talmente difficile e faticoso che non sempre viene fatto. Nel campo della solidarietà questo sarebbe importantissimo, l'ente pubblico dovrebbe aiutare le varie associazioni a superare questa difficoltà di comunicazione. Riguardo a problemi come handicap o AIDS, l'associazionismo può arrivare làdove l'ente pubblico fa fatica e questo può essere positivo. Non rischia però di trasformarsi per l'istituzione in un alibi, per la copertura dei propri ritardi e mancanze? Bertaccini: Il problema non si pone in questi termini. L'ente pubblico ha dei ruoli ben definiti, però ha anche dei limiti ben precisi. Il ruolo pubblico arriva dove può arrivare, e arriva con le caratteristiche che ha, che sono la lentezza, la burocrazia e soprattutto i costi, che sono enormi. Il volontariato deve farsi carico dei problemi della gente, ma perché è una scelta culturale, una scelta di vita, non è una scelta politica, è una scelta esistenziale: ci sarà sempre chi sentirà in sé il bisogno di essere autentico, di essere se stesso perdonarsi agli altri, il bisogno di associarsi, di trovare delle risposte. E' trovare la combinazione tra i due ruoli che diventa importante. Il volontariato è necessario perché è più agile, più preparato ad intervenire con rapidità, ha minori costi proprio perché ha le caratteristiche del volontariato. E' chiaro che se il privato pretende di fare tutto e non capisce che la dimensione della politica è una dimensione sociale o la politica vuole fare tutto e non capisce che il volontariato è un'esigenza di libertà, si va a finire male. Zelli: Certe polemiche che sorgono -ed è inevitabile- nei luoghi dove le strutture sono destinate, dovremmo avere la forza, entrambi, di affrontarle con i cittadini. Per esempio, quello che è successo nei giorni scorsi a Castrocaro rischia di succedere tra qualche tempo a S. Martino in Strada. L'USL ha preventivato di trasferire, in due case coloniche degli expoderi dell'ospedale, alcune persone dimesse dell'ospedale psichiatrico di Imola. A Dovadola ci sono da vent'anni e non hanno mai fatto male a una mosca. Ma a S. Martino in Strada cominciano già a fiorire le polemiche, come a Castrocaro, dove addirittura si antepone l'interesse turistico a quello sociale, ed è una cosa che non sta né in cielo né in terra. Credo che in questo caso si dovrebbe avere la forza, da parte dell'ente pubblico e del volontariato, ma anche dei partiti -quello che manca oggi in tutla questa vicenda è un ruolo dei partiti- di discutere la cosa insieme ai cittadini. Il problema degli zingari a Villanova, stessa cosa. Che questo tipo di insediamento non potesse essere accolto a braccia aperte da tutti, è nella dinamica delle cose. Bertaccini: Quando abbiamo fatto il pronto soccorso a Durazzanino, ci sono state delle resistenze. L'anno successivo, facevano tutti a gara per andare a fare la torta da regalare ai ragazzi ed io mi ricordo che un ragazzo, un collega, che aveva detto che non si sarebbe fatto la casa a Durazzanino perché c'era la paura di avere infezioni, il giorno della festa girava con il bambino in braccio in mezzo ai ragazzi e ne era diventato un organizzatore. Pardolesi: Bisogna cercare di educare i bambini o i giovani ad aprire la loro esperienza verso gli altri e verso chi ne ha più bisogno. Lo sport deve essere anche un tramite per abbattere certe barriere, per fare capire alla gente che ci si può incontrare con delle altre realtà senza avere paura. A Forlì c'è ancora una mentalità un po' chiusa. Bisognerebbe abituare la gente ad aprirsi verso iI diverso, diverso in tutti i sensi, di storia, di condizione fisica, di tutto. Si rimane tutti chiusi nel proprio steccato; noto, anche in società come le nostre, a Iivello amatoriale, un certo tipo di invidia, di chiusura verso queste cose. E' una cosa che mi dispiace molto. Raramente trovo un dirigente di un'altra società che mi dice: "Siete stati bravi, vi vogliamo dare una mano anche noi". Sono pochi. Ed è una cosa che fa capire che ci sono ancora delle chiusure abbastanza forti e mi fa essere non del tutto ottimista. Non è anche perché le associazioni sono tradizionalmente legate, chi più chi meno, a ideologie confessionali o religiose o a ideologie politiche? Bertaccini: L'associazionismo di solidarietà sociale è completamente diverso nel rapporto che ha con la politica. Mentre in altre realtà, come il mondo della cultura o dello sport, la politicizzazione è presente ed è anche una tentazione grave, l'associazionismo di solidarietà sociale forse non ha di queste preoccupazioni perché è troppo difficile farlo, è troppo coinvolgente, uno è sempre, tutti i giorni, in rapporto con la disperazione; magari i politici se ne volessero occupare un po' di più! Anzi, noi ci troviamo un po' abbandonati, nel senso che anche nel rapporto con le istituzioni abbiamo qualche difficoltà, perché il ruolo dell'amministratore non è più considerato come un servizio, ma come una difesa del proprio potere. E quando diventa così c'è poca disponibilità a capire i bisogni degli altri. Che ci sia una matrice al fondo di ogni impegno non mi scandalizza anzi, mi scandalizzerebbe il contrario. Io rispetto e ammiro quando c'è una motivazione, che sia di fede, politica o religiosa, l'importante è che all'interno di queste matrici ci sia sempre tolleranza e voglia di solidarietà. Nella misura in cui crescono gli steccati, questa motivazione, da politica diventa partitica, da religiosa diventa confessionale, da sportiva diventa "da squadretta". Così vengono meno le motivazioni, non si è più egoisti a· livello individuale, ma lo si è a livello di organizzazione, il che è gravissimo. • nella foto: raga::.;,idella "Paolo Babini" al /acoro a Fomò. Foto di Franco Pardo/esi

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