Una città - anno II - n. 13 - maggio 1992

L'Ottocento è un secolo di carta. Fogli volanti, relazioni amministrative, giornali, e poi lettere e ancora lettere: un universo di figure loquaci e petulanti, un brusio di fondo continuo accompagnano l' occasionale frequentatore o lo studioso delle --co e di ieri". Grafomani impenitenti, i nostri antenati ci hanno lasciato un incomparabile monumento di parole, che testimonia come nulla meglio potrebbe le ansie, le idionsincrasie, le speranze, gli amori di un popolo sterminato di simpatici fantasmi, le cui ombre sbiadite ancora sopravvivono nei dagherrotipi ingialliti di qualche scrigno familiare. Ma la carta non è tulio. La carta ci pone in comunicazionecon un· entità che, pure quando si esprime a nome di un gruppo, di un'associazione, di una consorteria, resta inguaribilmente individuale: un •'io narrante·• ineliminabile, filtro esclusivo fra la realtà e la percezione della realtà, dallo sguardo ora malinconico, ora spietatamente scettico, ora ambiguo e fazioso. D'altronde, difficile pensare che un secolo di piccoli e grandi scrittori potesse restare immune dal contagio della più diffusa e prevedibile fra le epidemie "da penna": il narcisismo, con le sue varianti infinite (egotistiche, egocentriche, o altro ancora) babelicamente avviluppate l'una ali' altra. Una volta scoperto il valore del singolo, una volta affermati diritti e doveri del cittadino, perché stupirsi del piacere insistito di riconoscersi diversi, dissimili. ciascuno con la sua dose ineguagliabile di "buoni sentimenti", di commozioni e di paure? Questa troppo lunga digressione mi consente di far risaltare per contrasto r importanza di un ·altra fonte fondamentale per lo studio dell 'Ottocento: la stratificazione sociale del microcosmo cemeteriale, così come ci è stata tramandata, in uno stato di perfetta ibernazione, dal grande camposanto monumentale di Forlì. Se la carta, o la pietra incisa, raccontano storie di singoli col loro piccolo o grande fardello di menzogne, la città dei morti - questo almeno è il nostro casorende giustizia di un rapporto di forza reale, proiettando nel futuro, attraverso l"ubicazione o la qualità intrinseca delle tombe, la '·posizione sociale'' di un nucleo familiare rispello alla filla rete di relazioni effettivamente esistente nell'area urbanizzata fra la fine del secolo scorso egli inizi del nostro. E' una lettura istrulliva e affascinante, che però richiede qualche cautela. Da un lato, infatti, la comunità rappresentata non coincide, com'è intuibile, con l'intera popolazione, ma solo con alcune classi. dalla piccola borghesia dell'artigianato e dei commerci in su: dal!' altro, esigenze di verse (dalla volontà di imporre in morte un ruolo mancato durante la vita alla generosità di parenti ed amici) possono aver enfatizzato, in qualche caso, il ARGINI umane, che non sopportano che le piene stravolgano le loro coltivazioni, le loro costruzioni, quando però non sono state rispettate esigenze di rispetto della "naturalità" del fiume? E' giusto canalizzare i fiumi, abbattendo gli alberi? Ne abbiamo discusso con Rodolfo Galeotti, Fausto Pardolesi e Paolo Silvestri, tecnici del Servizio Provinciale Difesa del Suolo-Risorse Idriche Paolo: E' così. li fatto è che il fiume dovrebbe essere considerato nel suo complesso dal la sorgente fino al mare: se facciamo considerazioni solo relative ai centri abitati o alla parte più antropizzata. che è quella della pianura. non se ne viene a capo. Se si vuole risolvere, o almeno migliorare. la situazione relativa alle inondazioni in pianura. bisogna realizzare prima di tutto una serie di interventi nella parte montana del bacino idrografico. Questo si sta già e Forestali, ex-genio civile. Che parere date dell'intervento che si sta facendo negli argini del fiume Montone? Fausto: Nel Montone si sta costruendo un muraglione di contenimento della scarpata per allargare la sezione: un muro in cemento armato, alto 3 metri e mezzo fuori terra. che però non occupa tutta l'altezza dell'alveo, ma solo il 40%. Questo è in pratica ciò che è avvenuto nei secoli scorsi in tutte le zone urbane e nei corsi d'acqua in Italia e all'estero. A Forlì lo sviluppo urbano nella zona del fiume Montone è avvenuto più tardi, per cui si è arrivati negli anni '60 a costruire condomini fra circonvallazione e greto del fiume, che è rimasto incastrato in mezzo. A questo punto l'acqua non passa più e bisogna fare dei muri per guadagnare quella sezione occupata dalla scarpata in terra, perché sempre più spesso l'acqua esce causando dei danni. Una obiezione spontanea è che si voglia difendere qualcosa di innaturale, come costruzioni troppo vicine al fiume, campi coltivati fino al bordo, con qualcosa di innaturale. Fausto: E così. Però, se guardiamo le mappe catastali del!' 800 abbiamo le pertinenze demaniali di 300-400 metri di .larghezza, mentre adesso sono rimaste di 3540 metri. Il resto è stato venduto o accorpato alle proprietà confinanti, grazie a leggi che consentivano questo, non ultimo il Codice civile, che dice che l'alveo demaniale è quello occupato dalla piena ordinaria e tutto quello che è al di fuori può essere acquisito dal confinante. I condomini. le case o le fabbriche sono innaturali, però oggi esistono ed è difficile ignorarne l'esistenza. Rodolfo: Gli alvei dei fiumi, occupati periodicamente dalle piene ordinarie, appartengono al demanio fluviale indisponibile dello Stato, però il Codice civile parla di piena ordinaria, che in genere si considera essere un 20% del la piena monosecolare. Questo significa che è previsto che periodicamente il fiume vada fuori dalle sue pertinenze e allaghi quello che gli sta attorno. Se nel passato non si è avuto un rispetto tale da impedire che le immediate vicinanze del1' alveo demaniale fossero cementificate, costruite, usate come aree produttive, coltivate intensamente, ora queste si allagano e questo è un fenomeno naturale. Quindi noi stiamo correndo dietro a situazioni rovinate irreparabilmente a cominciare da molti decenni fa. Fausto: La Romagna ha i fiumi incassati fino alla via Emilia, poi scorrono a livello di campagna. Nel '600 si cominciò la costruzione di argini per impedire che il fiume invadesse le campagne: queste erano zone palustri dove i fiumi si disperdevano appena usciti dalla collina senza neanche arrivare al mare, si sperdevano nella pianura creando valli e paludi. La civiltà medievale ha cominciato a porre rimedio a questo, cercando di portare l'acqua al mare e di tenere asciutte le campagne. I no- B i bI 10 te ca stri argini del Montone, a Villafranca, sono alti sette metri sul piano di campagna e in quei tratti. in cui devono passare 1200-1300 metri cubi d'acqua in 60-70 metri di alveo, l'alveo va mantenuto pulito. Viceversa si riempie di una foresta spontanea di salici e canne e quando si va a tagliare sembra facendo. ma in misura insufficiente, perché è un settore che riguarda zone scarsamente abitate e quindi poco considerate, mentre gli interventi si sprecano e gli appetiti si scatenano per altri settori dei lavori pubblici. .. E si seguono le petizioni di trecento nomi, di chi ha un interesse immediato, e non l'interesse generale? Paolo: Secondo me è giusto anche tutelare I' interesse di 300 agricoltori. che è una cosa diversa dal- !' interesse dei grandi gruppi affaristico-i sti tuzionali. Comunque forse qualcosa potrà cambiare applicando le nuove tecniche bioingegneristiche di cui oggi tanto si parla. Questi interventi non riguarderanno i tratti di fiume arginato perché non si possono piantare alberi nell'alveo, nel quale deve essere garantita la capacità di smaltimento delle piene. Si dovrà rinatural izzare, ad esempio. lungo le fascie fluviali delle zone colliche si tagli un bosco. In realtà non nari formando zone arborate e ceè cosl: il fiume in pianura è già un spugliateche possono essere somambiente stravolto, non naturale. merse durante le piene senza danE' un ambiente antropico al I 00% no economico e nello stesso temche casualmente non viene man- po costituire un elemento di varietenuto come è stato costruito: sa- tà biologica dell'ambiente, aree rebbe come se non si facesse la sommergibili periodicamente manutenzione stradale e cresces- dove possono vivere e riprodursi sero alberi in mezzo all'asfalto. anfibi, uccelli. mammiferi. inverRodolfo: Dopo l'ultima piena. che tebrati. a Villanova aveva fatto il mare per Rinaturalizzazione e argini di non so quante decine di ettari, ci è cemento: come possono conviarrivata in ufficio una petizione vere? A lunga scadenza vedete firmata da 300 persone, da ditte, risultati positivi o sono già ipoartigiani ccc ... in cui chiedevano tizzabili futuri risvolti negativi? espressamente ed esclusivamente Rodolfo: Effetti negativi ci sono che venissero tagliati tutti gli al- sicuramente. Regimare il fiume beri dentro l'alveo del fiume, per- significa contenerlo all'interno di ché vedono chiaramente in quella un percorso canalizzato cosl che specie di boschetti che ci sono fra non possa più cercarsi il suo corso gli argini unadellecauseprincipa- naturale come faceva una volta. li del non contenimento delle pie- creando meandri e anse, lasciando ne. un meandro per creare un altro Ma questo non è un discorso ad corso, ecosl via. Dove prima facecsclusivo rispetto delle esigenze va un'ampia curva aveva una deG In o Bianco UNA c,rrA' CHISCOMPARI peso specifico di qualche famiglia rispetto ad altre. Ma si traila, forse è inutile persino sottolinearlo, di un errore di valutazione facilmente emendabile mercè il ricorso a più specifiche fonti cartacee (catasti. elenchi di contribuenti, testamenti), capaci, di per sé, di offrire eloquenti ..spaccati" economici, ma non volti, fatti, sentimenti, lacrime e sangue. Nessuna concessione, dunque, ad un languido, compassionevole abbandono al --culto dei sepolcri" di stampo tardoromant ico: il cimitero, sotto questo profilo, rappresenta semmai una straordinaria palestra di ginnastica logica, nella quale 1·occhio indagatore viene costretto a continui esercizi di messa a fuoco ..storica" dalle diacronie verticali (le "reti" parentali) e orizzontali (le ..reti" generazionali) in cui incappa di continuo nello spazio circoscritto dal colonnato monumentale. Purterminata distanza di scorrimento e copriva una certa pendenza dall'inizio alla fine della curva: raddrizzandolo ed eliminando quella curva si diminuisce la lunghezza di scorrimento e inevitabilmente si aumenta la pendenza di quel tratto e questo può creare altri dissesti, frane delle sponde ecc... Sempre nell'ambito della cerchia urbana o di pianura si fanno opere rigide con dei massi o anche in cemento armato: invia teorica tutto questo è negativo. soprattutto se teniamo conto di quello che il fiume potrebbe essere o andando indietro di centinaia di anni. Se invece facciamo i conti con quella che è la nostra realtà, almeno da molti decenni, non ci sono molte alternative, anche se può essere poco bello. Se guardiamo i disastri che sono stati fatti si migliora: questo vuol dire che non riusciremo più a recuperare una dimensione veramente naturale? Rodolfo: In pianura siamo usciti dalla logica della natura in modo irrimediabile. Si stanno studiando nuove possibilità di intervento nei fiumi: opere vive a basso impatto ambientale, utilizzando specie vegetali selezionate che crescano impedendo la formazione del bosco, eliminando in tal modo le opere rigide. Ci sono però cose che non si rimediano più: i condomini di viale Salinatore sono lì, la via Emilia, la circonvallazione della città che passa lungo il corso del fiume Montone. Il fiume è soffocato non solo dal punto di vista biologico, ma anche dal punto di vista fisico. è stretto e assediato da tutti i lati da insediamenti produuivi e abitativi. Paolo: Speriamo di avere già raggiunto il culmine di una situazione ambientale di completo dissesto e di poter solo tornare indietro. E questo non solo per quanto riguarda i fiumi. Ora parliamo dell'acqua dal punto di vista puramente idraulico, ma il fiume ha a che fare anche con la qualità dell'acqua stessa ed è l'unico sistema naturale per la sua depurazione. Se nel fiume vive il suo mondo biologico. le acque hanno maggiori possibilità di depurarsi. Non dimentichiamo che. come collettività, abbiamo avuto finora a disposizione l'acqua quasi a costo zero, inquinandola e senza accorgerci che invece esiste un rapporto intimo fra l'acqua come elemento idraulico e fisico e l'acqua come elemento biologico. Invece l'acqua viene usata male e ne viene usata troppa. Se tutti i popoli avessero il nostro tenore di vita, le riserve di acqua dolce mondiali durerebbero 15 giorni. un mese, quindi c'è qualcosa che non va. E' in gioco la nostra stessa sopravvivenza e dovremo adeguarci per forza. Fausto: Dal contenitore siamo passati al contenuto, che forse è più importante. Ma inquesto campo il controllo è scarsissimo, ci sono centinaia di chilometri di corsi d"acqua nel forlivese con un solo sorvegliante idraulico addetto al controllo. E questo naturalmente comporta un danno sia per la qualità dell"ambientc nuviale sia per la qualità dell'acqua, perché scaricare nei fiumi è prassi consolidata e direi incontrollata. Quanto continuerà a pesare la nostra immaturità di fronte a questi problemi? Rodolfo: La scarsissima maturità che si ha oggi è ciò che rimane di secoli di utilizzazione del fiume come elemento da sfruuare da tuttroppo, però, un virus insidioso e corrosivo tende a disintegrare, col tempo, questa eloquente fotografia del la citlà che fu: l'inserimento di nuovi avelli in sostituzione degli antichi abbandonati ali' interno del recinto ottocentesco. Questa alterazione rischia di scompaginare in modo permanente e definitivo la percezione della stratificazione sociale più bassa, quella per l'appunto ..terrestre", piccolo e medio borghese, lontana dai fasti marmorei delle nicchie patrizie o notabilari dei loggiati; quella degli uomini piccoli, dei mille e mille artigiani e commercianti che hanno costruito, spesso nel più perfetto anonimato, la strullura associativa e democratica della nostra città. Di questo popolo silenzioso non restano altre tracce che lapidi cotte dal sole; rimuoverle, significherebbe perpetuare nella morte una differenza di classe apparentemente colmata dai ti i punti di vista: in passato il fiume era la fogna della città. il che non impediva che se ne bevesse 1• acqua, lastragrande maggioranza dei materiali base per le costruzioni veniva dall'alveo del fiume. senza parlare della vita animale dentro il fiume, dove venivano messe tagliole, si andavano a prendere i nidi degli uccelli e il legname da bruciare ... La gente spesso guarda al proprio gesto senza avere la coscienza di far parte di un insieme di gesti che recano danno. Però, sempre sull'uso e abuso dell'acqua assistiamo ad assurdità ben più grandi: si costruiscono la diga di Ridracoli per dar da bere alla Romagna e il canale emiliano-romagnolo per l'agricoltura perché manchiamo di acqua, spendendo centinaia di miliardi per queste grandi opere e, contemporaneamente, si permettono i vari "Acquafan" che succhiano acqua dal sottosuolo in quantità industriale o i campi da golf che vanno innaffiati quotidianamente! Paolo: Io sono un po' pessimista, perché la recente crescita di sensibilità ambientalista da parte della gente, che pure c'è stata, è condizionata dal consumismo imperante. Acquisire una coscienza ambientalista comporta delle rinunce. Speriamo di essereall'iniziodi una nuova fase. In fondo noi misuriamo tutto sulla base di pochi decenni, ma forse fra cento anni potrebbero essere cambiate molte cose. In questa contrapposizione noi dobbiamo sforzarci di vedere APRILI ricordi (pur qualitativamente diversi) custoditi dal camposanto: cancellare la tenue memoria dell'aristocrazia plebea, affermando il "diritto al futuro" della sola élite magnatizia, dominatrice incontrastata della componente monumentale (e perciò inalterabile) della città dei defunti. Un'élite, è appena il caso di ricordarlo, che ha già provveduto ampiamente a lasciare la propria impronta indelebile sulle vicende della nostra comunità. Bisogna essere pratici, ne convengo. Una stele quasi illeggibile conficcata fra ciuffi d'erba ribelle, come quella -recentemente scomparsa- del maestro Filippo Marinelli, padre del l'istruzione elementare a Forlì dopo l'unità d'Italia, contende spazio prezioso al bisogno di prestigio e di adeguata rappresentazione di nuovi gruppi egemoni, di nuove famiglie potenti. E' probabile che "congelare" per tutto quello che può essere fallo oggi: secondo me nessuno pensa che il corso del Montone possa essere naturalizzato in pochi anni, ma perlomeno si può cominciare gradualmente. valutando i risultati ollenuti e calibrando gli interventi futuri sulla base di conoscenze aggiornate. Sicuramente non giova alla gestione del bacino idrografico l'estremo frazionamento delle competenze: in un'area territoriale ci sono 7-8 enti preposti, con competenze di vario tipo. Oggi, con la Legge 183/89 che, pur con i suoi limiti, indica un passaggio quasi epocale, è prevista l'istituzione dell'autorità di bacino che dovrebbe coordinare tutti gli interventi. Resta sempre da vedere come ciò si realizzerà. In situazioni come queste, non ancora definite, può succedere, tanto per sollevare un problema che riguarda i fiumi della provincia di Forlì, che un ente come il Consorzio Acque, che dovrebbe perseguire esclusivamente finalità di approvvigionamento di acqua potabile, riesca invece a sovrapporsi alla programmazione di bacino idrografico sovvertendo l'ordine di priorità degli interventi da realizzare. Rodolfo: Nell'ambito della formazione professionale che la Regione sta facendo sulla difesa ambientale, noi siamo andati in Austria a vedere interventi di ingegneria naturalistica, già messi ampiamente in pratica in molti paesi europei. Là stanno facendo interventi di rinaturalizzazionedei sempre l'ala monumentale del camposanto sarebbe semplice follia, dato l'obiettivo bisogno di spazio imposto dalle più recenti tumulazioni. E, tuttavia, sarebbe forse possibile disegnare una mappa delle lapidi esistenti, fotografarle e magari conservarle da qualche parte quando dovessero venire rimosse, in modo da lasciare indizi sufficienti a chi volesse provare ad inseguire il profilo ingannevole della Forlì di ieri. Non si tratta, lo ripeto, di un'inutile preoccupazione erudita, ma di un'operazione di consapevole tutela del passato, che è tanto più urgente e importante in quanto, a sparire per primo, è proprio il ceto di fromiera dei borghesi piccoli piccoli:: quei preziosi soggetti di mutamento lasciati afoni dalle fonti tradizionali, la cui unica debolissima voce resta incisa su qualche pietra abbandonata. Roberto Balzani aml,ienf fiumi: loro hanno fatto vent'anni fa tutto quello che noi non abbiamo ancora finito di fare oggi in opere rigide. Avevano cementificato tutti i corsi d'acqua. Ora lavorano per "recuperare". Noi abbiamo la fortuna di poter approfittare anche dei loro errori e anche delle loro capacità, delle loro riflessioni. Quandoti poni il problema di intervenire in una situazione antropizzata è una catena di ffici le da spezzare, perché alla fine devi porti il problema di difendere quello che già esiste. In quell'occasione mi ha colpito positivamente la tesi di un bioingegnere, Schiechtl, che è forse il capostipite di questa nuova maniera di intervenire rispetto all'ambiente. Riferendosi ai grandi sbarramenti, alle grandi opere, alle dighe a scopo idroelettrico, che dal punto di vista dell'impatto ambientale sono opere disastrose, diceva che, prima di intervenire, bisogna progettare per dieci anni, allungando all'estremo i termini della progettazione. Studiare e pensare per dieci anni, monitorizzando tutto quello che succede nell'alveo del fiume, alla fauna, alla flora, alla fisicità del fiume stesso, alla composizione dei materiali, alla composizione geologi ca. Monitorizzando tutto quello che succede in seguito agli interventi antropici. Alla fine la soluzione sarà certamente migliore rispetto a quella di un progetto, magari buono dal punto di vista tecnico, ma immediato. un mese una e, Dov'era l'erba ormai. Mi torna naturale il ricordo dell'ormai lontano rimpianto di Celentano per il suo ragazzo della via Gluck. Anche se nel luogo di cui dirò ora qualcosa l'erba non c'era. Non c'è anzi mai stata da che lo ricordo. d'automobili, non a lastricato di strade o a mattoni di case; né mai più ad alcunché di verde dove magari passeggiassero cani ad innaffiare tronchi, o dove merli tenessero d'occhio gatti malfidi. Quel luogo fu invece impregnato e gravato di cemento e di altro cemento, plasmato a erigere zigzaganti barriere di accoglienza per automobili: che ogni macchina avesse il suo personale cemento, il proprio grigio-biancastro annidamento, a formare orribile catena di cemento e metallo da un capo all'altro di quel vuoto spazio. Al di sotto del quale, nel sottosuolo, altro cemento fu posto per altro parcheggio. Gallerie d'accesso di giorno, diventano catacombe sbarrate e un po' paurose di notte. E le stesse case si guardano ancora di lontano, come prima. E'_quel vuoto che non è più lo stesso. E' un vuoto arti"ficiale e mortuario, sul cui fondo si sbriciolano detriti di plastica e cigolano grate di ferro; un abbandono al nulla. Durante i pochi mesi che fui in consiglio comunale, un mio collega, architetto sensibile ma forse troppo timido difensore della integrità di quella "piazza", me ne mostrò un giorno una grande foto aerea appesa nel suo ufficio. Quel luogo era un tempo l'immenso perimetro di "fosco vermiglio mattone" che comprendeva in sé i fabbricati della "Bonavita", una estensionedi bassi edifici di vecchia fatlura industriale i quali, se vivi oggi, sarebbero probabilmente un "contenitore" ideale per molti dei libri che abitano ancora infelicemente la stracolma e maladatta biblioteca comunale di corso Repubblica. Furono invece abbattuti lasciando sola in quel gran loro vuoto la nudità verticale di una bellissima ciminiera. La quale sparì a sua volta, mi dissero, nel tempo di una notte, per mano di operai forse più istruiti al furto e allo scasso clandestino che non alla cura delle pietre. Nulla toccò né ad essi né ai loro mandanti. Tutt'intorno a quelle macerie rimase abbandonato per anni un deserto vastissimo piazzale di polvere e di detriti sassosi che il sole d'estate abbacinava e la notte dilatava in bianchi riverberi di luna. Allora qua e là spuntò l'erba. Ci correva qualche bambino. Era un luogo spoglio e un po' triste, che sembrava aprire grandi distanze tra case lontane, accomunate nello stesso quartiere eppure l'una all'altra rimpicciolite da quel gran vuoto a cui s'affacciavano. Col tempo quel vuoto poteva diventare tutto: un prato, un parco, un giardino, un passeggio; o altre case e vie, assimilate a quell'antico frammento urbano, al cospetto di antiche chiese. O altro, non so; ma ragionevolmente "umano". Per quel luogo, in attesa comunque di qualcosa, venne invece letteralmente la sua ora. Dico letteralmente perché voglio proprio dire l'ora della sua morte. Voglio dire l'ora delle ambizioni sbagliate, dei pensieri megalomani, delle manomissioni premeditate. Quei pensieri andarono non a piedi d'uomini ma a gomme La ex piazza, ora area di parcheggio, vi appariva dall'alto come un'immensa chiazza, una piaga giallastra aperta in mezzo al rosso vivo dei tetti tutt'intorno. So che una grande quercia, al confine della piazza, è stata salvata dall'abbattimento per le protesta di cittadini residenti. So che quella "piaga" ha ingoiato miliardi nella stessa misura in cui ora ingoia automobili, costrette anch'esse a lasciare sulle strette barriere di cemento degli ingressi il segno multicolore delle loro vernici, quasi a pegno del loro passaggio. Tutto "pensato" a servizio di un teatro che, dicono, non si farà mai. Un teatro, dicono, tanto costoso quanto superfluo. Resterà, sotto gli occhi delle antiche chiese per ora salve, quell'altrettanto costoso e superfluo orrore di cemento. Mi rendo ben conto della assoluta "inattualità" delle cose che ho scritto; ma la bolletta della luce pagata ogni due mesi all'enel, basta ogni volta a farmele ripensare. Anche d'aprile. Andrea Brigliadori UNA CITTA' 7

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