Una città - anno II - n. 13 - maggio 1992

SINILITA' DILLALIGA PIR UNA CRITICA CIVILI DILLA BIVALENZA DILU LEGA Suggestivo quanto fuorviante è un parallelo leghismo-fascismo. E questo non perché il leghismo sia, a differenza del fascismo storico, localista, autonomista e ostile ad ogni manifestazione di romanità. Bisogna infatti sgombrare subito il campo da un possibile equivoco: non è l'ideologia a caratterizzare in modo determinante i moderni movimenti di massa, bensì il groviglio di (ri)sentimenti, pulsioni, frustrazioni e debolezze a cui, anche grazie ad un'ideologia spesso becera ed improvvisata, essi, in quanto movimenti, riescono a dare espressione. Nel caso del nazi-fascismo nella sua fase ascendente, come in quello attualissimo del leghismo e delle varie nuove destre (etniche, fondamentaliste, moralizzanti ecc.), ilmovimento è tutto e l'ideologia è più che mai funzionale alla autoaffermazione del movimento. Data questa posizione subordinata della ideologia, non ci sarebbe affatto da stupirsi se, nei prossimi mesi, si assistesse, ad esempio, ad un qualche clamoroso capovolgimento delle parole d'ordine della Lega. Spregiudicatezza e duttilità tattica sono del resto le qualità precipue dei leader dei movimenti di massa. Se si vuole comprendere il fenomeno Lega, meglio allora lasciare da parte il federalismo di Cattaneo, il quale, sia detto per inciso, non meritava certo simili eredi, e prendere invece le mosse da un'altra domanda - una domanda, per così dire, genealogica, che chiede cioè dell'origine della Lega, del bisogno e dei bisogni cui essa, in quanto movimento, risponde. Su questo piano si riveleranno le differenze essenziali tra legrusmo e fascismo (sullo sfondo, naturalmente, di una continuità tutta novecentesca, cioè democratica in senso forte). Il principio guida che anima ogni ricerca genealogica consiste, spiegava Nietzsche, nello scindere l'origine di un fenomeno dal suo consapevole scopo, la pratica sulla quale ci si interroga dal fine ideologico dichiarato. Nel nostro caso si tratterà di domandarsi che cosa, al di là delle affermazioni di principio, "muova" veramente la Lega, ne spiega il successo e la penetrazione nell'immaginario collettivo. Quale desiderio anonimo e inconfessato trova insomma soddisfazione in quella volgare retorica? E' solo facendo il più possibile chiarezza sul non-detto della Lega, sul suo primario ("io voglio amore, non libertà" fanno dire i Tallong He~ds, in una vecchia canzone, al campione della "gente comune"). L'esclusione dell'Altro non nasce in questo tipo umano "medio" da un sentimento effettivo di superiorità razziale, quanto piuttosto dal desiderio di non essere disturbato, di non essere cioè costretto a ristrutturare i propri schemi mentali per far fronte a inedite situazioni. L'Altro è una possibilità di libertà che va a priori evitata, quasi si fosse consapevoli della propria mancanza di risorse. E' un tratto, questo, caratteristico della senilità stanca e ormai desiderosa soltanto di protrarre la propria esistenza il più a lungo possibile. A ben vedere l'indiscutibile razzismo della Lega ben poco ha a che fare con l'aggressività naturale dei popoli-giovani convinti di avere una missione storico-universale da compiere. Assomiglia molto di più al bisogno di pace di un organismo invecchiato, che deve economizzare al massimo le energie per poter sopravvivere ancora un poco (sul piano della politica internazionale la Lega non si è forse mostrata sorprendentemente moderata?). Anche il qualunquismo della Lega può essere letto in chiave senile come espressione tipica di un 'Europa avviata alla crescita zero. Istinti gregari e affaticati, infatti, avversano per natura tutto ciò che distingue, differenzia, stabilisce nuove gerarchie di valori, crea. Di qui il sospetto generalizzato nei confronti di ciò che ambisce ad una qualche nobiltà. Niente sarebbe più estraneo alla natura esausta di questo tipo umano della retorica giovanilistica e imperialistica dei fascismi, del culto dell'azione per l'azione o del sacrificio. La vecchiaia, infatti, rende cinici; non c'è più tempo per le illusioni. Occorre concentrarsi sull'unico bisogno essenziale: la conservazione ad ogni costo del grado di benessere acquisito. Pagare meno tasse ed essere garantiti. L'Europa, la "vecchia" Europa, va indubbiamente a destra: la Lega ne è un segno. Ma questa destra ha il senso della vecchiaia incarognita e sospettosa. Assomiglia ad un fascismo depurato dei suoi aspetti monumentali e "sublimi", ridotto ali' osso della difesa del privilegio per il privilegio. Non è difficile immaginare che la violenza esercitata da questa destra pragmatica sarà meno ideologica di quella dei fascismi storici, ma certamente più mirata ed efficace. La determinazione ad eliminare ogni minaccia reale o immaginaria diventa inflessibile quando la sopravvivenza è assunta come esclusivo valore da una civiltà tramontante. Uno dei cavalli di battaglia della Lega e della destra in genere è l'Europa, l'idea dell'Europa come orizzonte teleologico di ogni progettualità politica. La sinistra dovrebbe cominciare a vedere in questo una pericolosa forma di accanimento terapeutico. Il suo compito dovrebbe essere piuttosto quello di aiutare questo organismo debole, che vive solo grazie alla tecnica, a morire con dignità. Chi ama veramente la vecchia Europa deve impegnarsi ad assicurarle una fine alla altezza del suo immenso passato. Una fine che sia compimento e non decesso per marasma senile. La Lega, come ognj fenomeno politico, va innanzitutto vista oggettivamente, sforzandosi cioè di non anticipare il giudizio su di essa e collocandola nel quadro generale del sistema politico italiano oggi in sofferenza. Ali' interno della sua miscela ideologica vanno distinte varie zone, la prima delle quali è rappresentata da una risposta, in forma di protesta popolare alla frattura fra governanti e governati. Il cittadino comune avverte questa discrasia, avverte che non c'è "flusso" partecipativo fra governati e governantj, Ad un livello politicamente più basso e ancor più "irriflesso" c'è I' altra risposta della Lega ad un'altrafrattura: locali e immigrati, che evoca il pregiudizio etnico, al limite la xenofobia. Spesso, da parte degli avversari della Lega, si accentua unilateralmente questo secondo aspetto, per fare semplicisticamente dei leghisti dei razzisti più o meno camuffati e liquidare così, a basso costo, la partita. Credo invece che l'intreccio fra questi due livelli della protesta leghista, questa bivalenza debba essere studiato con attenzione e capacità di distinzione analitica. La tematica, e non solo la polemica, antipartitocratica ha nel nostro paese precedenti illustri: dallo stesso professor Miglio degli anni sessanta a Giuseppe Maranini nel solco della scuola politologica elitista, dalla polemica ancor precedente dell'ultimo Luigi Sturzo contro lo stata Iismo democristiano, fino alla mobilitazione referendaria dei Radicali negli anni settanta contro il finanziamento pubblico ai partiti. La critica ali' invasione dello stato e della società da parte dei partiti ha le sue giustificazioni accettabili e legittime e dire che la sinistra dovrebbe farvi più attenzione sembrerebbe cosa apparentemente ovvia anche se, ahimè, non più così scontata. Nel sistema di credenze leghista fra il livello antipartitocratico e quello etnicistadirei che c'è un campo intermedio, una sorta di nebulosa che può essere definita del particolarismo e del localismo. La definirei appunto come "stereotipia" particolaristica e locai istica. La Lega conferisce senso alla realtà semplificandola: opera, per dirla con Luhmann, una "riduzione di complessità"; ha una sorta d'ideologia immediata, nella quale confonde ciò che è propriamente politico con ciò che è ideologico e con ciò che è politica strillata, slogan. Compito di una critica ci vile e democratica alla Lega diviene allora quello di distinguere innanzitutto fra la prima e la seconda zona cui accennavo prima, accettando a pieno campo la "prima zona" come oggetto rilevante di disamina e confronto politico. Ma ciò non basta: occorre anche addentrarsi nella zona intermedia, senza "fare fronte" (non siamo più ai tempi del 18 apri le o della terza internazionale), ma accettando il confronto proprio sui modi e sulle misure della politica che la Lega evoca: prelievo fiscale, federalismo, comunità locale... mostrando a seguito di un confronto serrato dove i problemi sono reali, come sono risolvibili e dove invece si tratta solo di politica strillata, di spettacolarizzazione. Resta naturalmente inaccettabile quella zona in cui il particolarismo e il localismo diventano chiusura e, al limite, xenofobia. Direi di più: proprio lo schiarimento nella "nebula" tra le due zone, potrà impedire che queste si fondano in una sorta di bomba esplosiva. Va fatto, in tempo, un civile disinnesco. Ritorniamo allora alla prima zona, sulla quale pesca e vive di facile rendita la protesta leghista: gli aspetti degenerativi del sistema dei partiti sono andati crescendo a ritmo accelerato in questi anni: per fare solo l'esempio della DC oggi gli andreottiani sono senz'altro peggiori di Andreotti, i forlaniani sono senz'altro peggiori di Forlani, i neo dorotei sono senz'altro peggiori dei Rumor, Piccoli, Colombo. li fenomeno degenerativo consiste in una sorta di ossificazione del ceto politico e degli apparati, per cui ogni partito o corrente, o gruppo o lobby, fattosi il suo orto chiuso procede strategicamente al perseguimento del proprio interesse corporativo. Nel sistema italiano il caso della Lega può divenire allora un caso serio da cui partire per fare tutti autocritica. Il fascismo, al suo sorgere, poteva del resto essere anch'esso un' occasione del genere per le forze democratiche e di sinistra. Non lo fu, per insipienza e boria ideologica delle forze democratiche e fu la catastrofe della democrazia. Ritorniamo ora alla "nebulosa": a quel livello intermedio fra etnicismo e particolarismo che occorre saper neutralizzare. La Lega potrebbe, nella peggiore delle ipotesi, diventare domani una cosa simile a Le Pen. Nella Lega c'è oggi ancora una "confusione", l'ideologia, il sistema di credenze, non è ancora ben precisata. Certamente può "precipitare", cristallizzandosi in una ideologia. Ma già oggi c'è da aggiungere che non c'è differenza sostanziale fra lo stereotipo etnico della Lega e quello delle destre. Uno dei primi volantini del Fronte Nazionale di Franco Freda, distribuito nel gennaio del 91, aveva per argomento la "Nazione Araba", c'era la presa di posizione a favore di Saddam e della nazione araba e, contemporaneamente, il rifiutodegli arabi in Europa, in base al principio della valorizzazione delle "differenze" che debbono fiorire ognuna nel proprio habitat. L'unico modo possibile di ripresentare un qualche razzismo oggi è appunto quello, apparentemente "ragionevole", della valorizzazione delle differenze e delle radici specifiche di ogni popolo, ma sul proprio humus originario. La Lega è, inconsciamente o reattivamente, su questa linea: ciò che tende a escludere è la società multirazziale, in cui il confronto sia possibile sullo stesso territorio fra culture diverse: che è forse il massimo dei problemi aperti sul nostro futuro. Questo, mi pare, è il punctwn dolens non solo per la Lega, ma per tutta la civiltà occidentale, per tutti noi. C'è qui, evidentemente, un discorso di BibliotecaGino Bianco "qualità umana". Se, in un'ipotesi immaginaria, la Lega vincesse, credo ci troveremmo come in certi paesi del Middle West americano dove s'afferma con tutta la sua rozzezza il predominio dell'interesse della middle-class e della comunità "nativista": un tipo di umanità talmente autocentrata e chiusa su se stessa che il costume riprenderebbe il sopravvento sulla libertà e saremmo tutti subalterni a una sorta di visione quantitativa e mercificata della vita. In una sorta di sovversivismo populista, di classi piccolo e medio borghesi risentite. Indice-spia del1'odierna infelicità della politica, del rifiuto della responsabilità da parte del cittadino comune. In conclusione, la Lega non va degnificata né demonizzata: va piuttosto vista come effetto in certo modo conseguente del distacco tra i partiti tradizionali e i cittadini. La Lega è un fenomeno collegabile alla crescita del voto d'opinione contro quello d'appartenenza (in crisi nelle fasce "bianche" e "rosse" del nord) e quello di scambio (premiante, non a caso DC, PSI, PSDI al sud). E' un fenomeno di autonomizzazione del consenso e di protesta sradicata dalle ragioni classiche della politica. Un dato preoccupante certamente, che colpisce a volte non nei punti giusti proprio perché esprime uno scollamento e un risentimento generici. Siamo sicuri che proprio Vicenza o Parma "meritassero" quel successo della Lega? Eppure proprio a questo punto ci ha portato la crisi di sistema di questi partiti. "Chi è causa del suo mal ...". Ma qui occorre piangere, e riflettere, tutti. Giovanni Tassemi ' lato oscuro, che è possibile fronteggiarla con una minima speranza di successo. La grande battaglia culturale con il fascismo nascente fu persa proprio perché si trascurò il suo potenziale mitologico, la sua capacità di parlare direttamente alla pancia degli uomini in una lingua incoerente ma efficace. Prima di essere una proposta politica, la Lega è uno specchio che permette a un ben determinato tipo umano di riconoscersi, di garantirsi una identità altrimenti minacciata. Lo si potrebbe definire il tipo umano maggioritario, non solo perché purtroppo tende a divenire maggioranza effettiva del paese reale, ma anche -e, direi, soprattutto- per una ragione più profonda. Essere maggioranza, sentirsi in ogni momento della propria vita rassicurato da un diffuso consenso, uguale a uomini a lui ugual i, parte integrante di una comunità di appartenenza che lo protegga e lo difenda, non essere mai solo, questo è il suo bisogno Rocco Ronchi SUL BISOGNO DI SEMPLIFICARE Ho l'impressione che all'interno della sinistra ci sia una forte tentazione a liquidare la Lega. Se servisse, nonsarebbe difficile elencare gli aspetti odiosi della confusa ideologia leghista e della sua concreta politica quotidiana. Ma, appunto: se servisse. Temo invece che, oltre a non servire. quest' operazione di ansiosa e frettolosa liquidazione porterebbe a risultati opposti a quelli sperati. Perché la Lega crea l'illusione di dare risposte o, peggio ancora, dà risposte possibili ma sbagliate a problemi assolutamente reali. Uno di questi problemi reali è senz'altro il bisogno di semplificazione. Credo che unodei pregi dell'ideologia comunista fosse la capacità di ridurre la complessità dei sistemi economici, della società e, direi. della vita stessa a poche formule. Anche l'ultimo operaio comunista s'azzardava a spiegare al compagno di catena di montaggio "come funziona il mondo". Ora, il crollo del sistemacomunistaha spazzatovia, giustamente, anche le formulette. Il "bisogno" di semplificazi_o_ne però resta. La complessità del mondo è grande e schiaccia le persone, la semplificazione. del reale è una sorta di terapia antidepressiva. La Lega sta offrendo a prezzi stracciati questa terapia. Un altro problema reale su cui la Lega costruisce le sue fortune è esemplare. In TV un operaio che ha votato Lega ha dichiarato: ho fattodomanda per avere una casa. Ingraduatoria sono stato superato da un meridionale che aveva più figli. La stessa cosa è successa l'anno successivo. E così di seguito per dieci anni: c'è sempre un meridionale che ha più figli e più parenti a carico di me! Che dire? Che il meridionale ha diritto alla casa? Naturalmente, ci mancherebbe altro! Eppure bisognerà dare una risposta anche ali' operaio. Una risposta molto concreta e cioè: una casa. Terzo problema. Probabilmente la Lega ha raccolto voti d'ogni tipo: credo che stiano insieme, per ora, persone che vogliono tutto con altre che vogliono il contrario di tutto; persone stan- . che di pagare le tasse "per niente" con altre che non le hanno mai pagate; professionisti, commercianti, industrialotti ai quali è sempre andato benissimo che la DC governasse con qualunque metodo pur di tener lontani i comunisti e che ora, non facendo i comunisti più paura a nessuno, strillano contro il malgoverno democristiano. Per uno di sinistra il tutto può suonare quanto meno beffardo. Tuttavia bisogna rimanere ai problemi e se la DC, ad esempio, è responsabile delle condizioni del meridione non ci può essere consolazione se non proponendo soluzioni. Altrimenti ci penserà, col suo stile, la Lega. Massimo Tesei 1:1 J 1;2:t•I-idt.~ •J~LIJ,~ r 4:t•J L'insegnamento di Janusz Korczalc, uno fra i più grandi peda,ogisti del secolo. Ucciso a frebl,nlca nel 42. I quasi sconosciuto in Italia. filosofia romantica della natura, verdi e femminismo un'intervista a Giampiero Moreffi, studioso del romanticismo tedesco Ce ne parla, In un'Intervista, Andrea Canevaro, docente di Pedagogia Speciale ali' Università di Bologna UNA CITTA' 5

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