Una città - anno II - n. 13 - maggio 1992

MINACCIA PER LA NATU , QUINDI PER SE STESSO istinto di aggressività, cultura e scienza nell'intervista a Giorgio Ceffi, etologo C'è chi dice che l'uomo è un parassita del mondo naturale, che non ha praticamente nulla che lo contrasti e ne limiti l'opera Secondo lei questo è possibile o no? L'uomo è stato alle sue origini all'interno del contesto naturale: era un animale tra gli animali; era in competizione con gli altri esseri viventi e occupava un certo tipo di nicchia che era solo la sua. Bisogna aggiungere, però, che l'uomo ha usato uno strumento che gli animali non avevano e questo è lo strumento culturale.L'uomo non ha solamente una trasmissione genetica delle informazioni che la specie acquisisce, ma anche un tipo di informazione culturale, la tradizione, che prima è orale e poi diventa scritta. Una potentissima tradizione scritta che consente di conservare le osservazioni e di trasmetterle di generazione in generazione. Alla fine di questa evoluzione culturale viene fuori il metodo scientifico, che mette l'uomo in un rapporto con la natura sempre più connittuale. L'uomo, da sempre, ha avuto un rapporto conflittuale con la natura, sappiamo benissimo che anche l'uomo preistorico ha fatto dei guasti. Per esempio sembra che le grandi pianure nordamericane dove cavalcavano gli indiani, Toro Seduto ed i Sioux, fossero in precedenza grandi boschi che sono stati distrutti dalle popolazioni locali con il fuoco per creare appunto delle grandi aree non boschive. Tutto sommato l'uomo ha sempre impattato, anche se certamente col metodo scientifico il suo impatto diventa molto più pesante. Leopardi, quando ne "La Ginestra" parla del Vesuvio, vede l'uomo in balìa delle forze naturali che se si risvegliano possono distruggere completamente le sue città. Nel XX0 secolo, con l'esplosione della prima bomba atomica, le cose sembrano quasi invertirsi. Anche se in realtà è soggetto ai tifoni, ai terremoti, al dissesto idrogeologico, l'uomo diventa addirittura una creatura che minaccia la natura, quindi se stesso. Si è impossessato di forze tali per cui ad un certo punto questa natura viene minacciata dal l'opera dell" uomo, l'uomo ne diventa prevaricatore in modo sempre più evidente ed a livello biosferico. E' possibile supporre che improvvisamente si verifichi un'inversione di tendenza e l'uomo ridiventi quello che era prima, oppure è possibile immaginare che l'uomo ad un certo punto trovi, attraverso la cultura che l'ha reso nemico della natura, la ragione per tornarne di nuovo amico? Cioè passare, dopo la soggiacenza antica, dalla dominanza attuale ad una sorta di alleanza futura. Speriamo che sia così, perché altrimenti l'uomo finirà per fare scomparire la natura attorno a sé e con essa se stesso. In questo nostro ritrovato amore per la natura si avverte qualche tendenza a una nuova alleanza, anche se questa tendenza mi sembra ancora molto debole. Si pensi, ad esempio, che l'uomo non sa rinunciare neanche quel tanto per adeguarsi alle targhe alterne. Se deve fare qualcosa, anche minimale, per cercare di allearsi di nuovo con la salvezza del pianeta, lo fa con riluttanza. Quindi, siccome per questa alleanza il sacrificio dovrà essere molto più grande, c'è da disperare nella posizione dell'uomo ... Il danno maggiore non deriva forse dalla cultura occidentale, dal mito del progresso, dello sviluppo, della scienza? E' una tesi condivisa e condivisibile; però non bisogna essere molto fiduciosi sul fatto che l'uomo sia un animale fortemente distruttivo solo in presenza di culture che ne facilitano la distruttività. E che, diversamente, sia meno distruttivo in culture che deprimono l'aggressività. Ripensi alla cultura dell'India, paese pacifista, con grandi personalità pacifiste, in cui la stessa dottrina induista è pacifista: si può dire che l'India sia un paese dove l'aggressività è inferiore che da noi? Mi risulta che abbiano ucciso molti loro governanti. Lo stesso Gandhi, grande pacifista, è stato ucciso da uno che pacifista non era di sicuro. Quindi non so se sia così vero che la causa principale sia della civiltà occidentale. Senza dubbio dobbiamo ammettere che ci sono due culture molto aggressive nel pianeta: quella occidentale e quella musulmana, che si somigliano molto. Entrambe hanno una forte componente individualistica e teologica: pensano che, rispetto a Lutto il resto dell'animalità, solo l'uomo abbia un rapporto privilegiato con Dio. Quindi l'uomo può anche distruggere il pianeta: è roba sua e ne fa ciò che vuole. E' vero che la cultura incide molto, però io credo che esista anche un' aggressività radicata nell'uomo che va al di là del condizionamento culturale. E' qualcosa che dobbiamo prendere in considerazione se vogliamo veramente fare qualcosa: esiste anche questo oscuro substrato, che Lorenz aveva chiamato "il cosiddetto male". Forse non è un istinto, esiste però una profonda predisposizione dell'uomo per I' aggressività. Allora dove cercare le cause di questa aggressività? Direi che bisogna cercare le cause culturali e le cause biologiche, fisiologiche. Sulle cause biologiche si potrebbe intervenire creando una cultura dove necessariamente ci sia una maniera agonistica, che però non comporti la distruzione del pianeta, di concepire la vita. Per esempio nell'impresa scientifica gli scienziati sono in antagonismo fra loro, gli sportivi sono in antagonismo, le imprese spaziali potrebbero diventarlo. Potrebbe essere che l'uomo trovi un modo per esercitare questa sua pulsione aggressiva profonda non necessariamente uccidendo il prossimo, facendo guerre, disboscando i monti o livellando i fiumi, ma positivamente. La competizione colloquiale, l'agorà dove le persone discutono e si battono a colpi di parole, è una cosa che impegna positivamente l'aggressività. Secondo me si può sperare di modificare la cultura, anche se non è facile, ed è necessario trovare i modi migliori per gestire il profondo impulso biologico per la distruttività, per l'aggressività. Lorenz parlava di "ridirezionare" l' aggressività, cioè darle direzioni non distruttive come potrebbe essere fare un due I lo, fare una grande conversazione o un grande scambio di invettive. Ma l'aggressività la si può coltivare o, invece, si può scegliere di coltivare altro? Il problema, senza voler fare il mediatore, si pone in una via di mezzo. E' indubbio che esista una base biologica dell'aggressività, cioè una predisposizione profonda e che, d'altra parte, la cultura contribuisce moltissimo nell' atti varia. Che ci sia questa predisposizione profonda è dimostrato ampiamente. Prendiamo i I caso delle Falkland. Queste isole fanno parte del vecchio impero britannico, anche se quasi nessun inglese le ha mai viste, alcuni non sanno neppure dove si trovino e i cittadini delle isole non sono considerati veri e propri inglesi. Bene, quando I' Argentina se le voleva annettere si è visto, dopo 40 anni di propaganda pacifista, la gente in piazza che chiedeva la morte degli argentini, che voleva la guerra. Gli inglesi sono diventati aggressivi senza che fosse necessario un lungo indottrinamento, questo cosa vuol dire? Significa che questa predisposizione c'è. L'uomo è predisposto ad ammalarsi di aggressivitàedèsufficienteche inventi qualche pretesto, anche specioso e labile come le Falkland, perché questa si scateni e la gente chieda il sangue. Si può obiettare che l'Inghilterra ha una cultura laica, individualista, e che forse manca di una cultura della dialettica interiore, intimistica, delle intenzioni, come ha una cultura cattolica ... Perché lei pensa che i cattolici siano stati meno aggressivi? Il cattolicesimo si è rivelato una delle più micidiali macchine da guerra che siano mai esistite. Se lei considera il fenomeno delle crociate scopre che la religione è stata un incentivo alla guerra, non una limitazione. Sono state fatte guerre di religione, che l'Islam continua a fare, e questo dimostra che una cultura intimista, cattolica, non è assolutamente una garanzia di niente. Anzi la cultura cattolica conserva in sé una maggiore intransigenza. Adesso c'è Papa Wojtila, che mostra apertura verso tutte le religioni, ma solamente quando ero bambino io, e c'era Pio Xl 1°, gli altri erano considerati veramente degli infedeli. E Pio XII0 forse ha avuto anche qualche pregiudizio verso gli ebrei. Insomma è proprio la controprova che c'è una oscura matrice biologica con cui dobbiamo fare i conti. Forse queste rinascite attuali di nazismo, di leghismo, hanno a che fare con un territorialismo aggressivo che può essere connesso con questa matrice oscura? Ci sono culture che la favoriscono e culture che non la favoriscono: la cultura nazista la favorisce in modo assoluto, perché premia la violenza personale, il superomismo, la guerra. Ma perché in certe zone questo territorialismo aggressivo si manifesta di più e in altre di meno? Questo non è facile dirlo. Il popolo tedesco ha avuto una tradizione filosofica di un certo tipo, è stato un popolo guerriero fin dalle origini, probabilmente gli può derivare anche dai Vichinghi. Le Leghe sono un fenomeno che non vedrei in modo estremizzato. Il razzismo è una delle attitudini degli uomini, che odiano la diversità perché è minacciosa. Perché quello è cosi? E cosa significa essere così? E cosa significa per noi non essere così? Ognuno pensa sempre che il proprio ~tile di vita sia quello più congeniale alla natura umana e quando qualcuno ha uno stile di vita diver~o si pensa che BibliotecaGino Bianco infranga quell'idea della natura umana. Il diverso mette in discussione le nostre certezze e questo ci inquieta. Allora reagiamo aggressivamente, come si reagisce sempre contro chi in qualche maniera ci mette in discussione e ci toglie la tranquillità; come reagiamo per il vicino di casa che urla troppo e non ci lascia dormire. Il fenomeno delle Leghe è un fenomeno ben diverso dal nazismo: il nazismo è stato un grande fenomeno di massa, quello delle Leghe è l'espressione di uno scontento generalizzato. Tornando alla scienza, è di per sé distruttiva o è concepibile una scienza rispettosa? La scienza è nata con la filosofia e con lo scopo di dominare la natura, quindi di per sé pone l'uomo in antagonismo con la biosfera, con gli animali, con gli elementi naturali. Si può perciò pensare che la matrice della scienza sia una matrice di dominazione. La scienza, però, ha anche un aspetto speculativo che mira a conoscere il mistero del mondo e ad annetterlo alla ragione. In questo senso la scienza non è aggressiva, però lo scienziato "puro" è sempre stato riunito, o gli ha fornito elementi, allo scienziato "applicato". Oppure è stato tutte e due le cose. Come Leonardo da Vinci che allo stesso tempo esplorava i fossili, fabbricava armi per i vari principi che lo pagavano o progettava opere idrauliche che presuppongono sempre una modificazioneattivadel mondo. Devo dire che nel nostro secolo è sorto un tipo di scienza differente, che è proprio la scienza dell'ecologia. La vera idea centrale dell'ecologia è questa: l'uomo può essere non aggressivo nei confronti della natura pur continuando sulla via della scienza. Perché l'alternativa fasulla è quella di abbandonare la scienza e darsi al misticismo, cosa che al momento attuale sta conoscendo anche un certo tipo di interesse e di seguito. Però questa non è una soluzione, è una dissoluzione. C'è già stata la magia sul pianeta, è stata probabilmente meno distruttiva della scienza, ma non ne può certo risolvere i problemi. Purtroppo oggi possiamo solo sperare che la scienza riso I va i problemi che ha posto, ma non li può risolvere di sicuro la magia. Alcuni hanno addirittura proposto di abbandonare completamente la scienza, ma al momento attuale questa è una cosa improponibile. Credo cioè non sia più possibile farlo perché ci sono cose che andrebbero avanti comunque e che dobbiamo tentare di fermare proprio con la scienza. Altrimenti devo pensare che la catastrofe sia già in atto. Allora c'è da sperare in una scienza non aggressiva? Tutto sommato, sì. L'ecologia almeno vorrebbe essere tale. Che poi ci riesca è un altro discorso. Io sono un pessimista che si comporta come se fosse ottimista. Perché in realtà siamo in una situazione da cui credo sia difficile uscire. Il XX0 secolo costituisce per il pianeta una ferita che potrebbe andare in cancrena più che guarire. Siamo di fronte a problemi gravissimi. L'effetto serra, che irreversibilmente crescerà, forse sarà la cosa che determinerà la morte del pianeta. Il buco nell'ozono, che irreversibilmente crescerà, porterà a gravi mutazioni che modificheranno l'assetto biologico del pianeta. L'immissione chimica di sostanze mutagene, cancerogene e teratogene nel pianeta continua in maniera sfrenata. Certo vediamo un aumento di sensibilità nelle persone riguardo alla salvaguardia della natura, però ho l'impressione che questo aumento di sensibilità sia più una posa che un desiderio reale di fare qualcosa. Come ho già detto, la gente per le targhe alterne brontola; se devono fare a meno per qualche giorno dell' automobile alcune persone pensano di non potere più vivere. E non si prospetta il disagio, ma solo qualche comfort in meno. Invece è questa l'idea vincente: l'uomo può sopravvivere soltanto se è disposto, per cominciare, a rinunciare a qualche comodità. Bisogna ripensare un po' a tutto. Ho anche un'altra speranza, che forse è del tutto insensata. Nel giro di cinque anni sono successi degli avvenimenti che pensavamo avrebbero avuto bisogno di secoli. Il crollo dell'Unione Sovietica, per esempio, é avvenuto nel breve giro di anni, mentre nella nostra idea sembrava un fenomeno di riconversione lenta, come una specie di dinosauro che avrebbe cambiato piano piano le sue scaglie. Ecco, potrebbe anche darsi che l'essere umano, improvvisamente, subisca una specie di mutazione culturale, non biologica, tale per cui diventi di colpo consapevole del rischio e si butti a far di tutto per salvaguardare l'ambiente, che poi è la sua casa. - effera------------------------- .. UMANI, DISUMANI E NON UMANI ' La vita di un uomo davvero per me non vale più della vita di un qualsiasi altro essere, eppure ogni giorno sono costretta a rispettare una legge sociale che mi impone il rispetto per l'uomo e, contemporaneamente, non posso fare nulla contro chi. leggermente e spesso volutamente, provoca la sofferenza di altri esseri e. di rinesso, la mia. E' forse giusto? lo non ho leggi per tutelarmi. non ci sono leggi che vietino veramente !"immoralità di certi atti. Devo fermarmi ed in silenzio raccogliere gatti vittime di incidenti stradali. specialmente il sabato sera. Dopo di che uscire il sabato sera è diventato per me una angoscia, ogni uscita mi riempie di amarezza. Certo, si potrebbe obiettare che io potrei anche stare a casa. In questo caso, però, che fine farebbe la mia libertà? E poi rimane comunque il fatto che gli uomini. esseri civili. rispettabili. intelligenti, non hanno tempo né voglia di fermarsi per un gatto. un cane. topo o riccio. passerotto o piccione che sia. che attraversa la strada. Noi diciamo che ·•ci'' attraversano la strada. Perché, non potremmo essere noi ad attraversare la loro? Quella striscia d"asfalto ha un significato solo per noi. Gli animali non corrono sui binari e non si saltano addosso l'uno con !"altro. Nonostante tutto non voglio sottolineare qui la sofferenza degli animali ma la mia. Visto che rispettiamo tanto il diritto di ogni uomo ad essere felice. perché non consideriamo che le azioni "violente" di certi uomini possono arrecare infelicità ad altri uomini e non solo agli animali che in primo luogo ne sono vittime? Certo è troppo pretendere che un umano possa arrivare a volere un mondo pulito dove la sofferenza come tale debba essere eliminata. Però magari si può pretendere che un umano capisca l'aspirazione di un suo simile alla felicità. Io sento profondamente ingiusta ogni azione contro il diritto alla vita e alla libertà di ogni essere. umano o animale che sia. Mi urtano allo stesso modo delle stragi di uomini le deratizzazioni fatte in città. mentre i bambini (che ipocrisia!) giocano nel giardino pubblico con i topolini di peluche. Mi disgustano i discorsi sui piccioni della piazza che vanno eliminati perché sporcano le '·opere d"arte dell"uomo··. Loro, opered' arte della natura. della vita. Un giorno mi è passata per la mente una cosa bella, una frase che può fare capire il perché di questo mio atteggiamento radicale. La grandezza e la bellezza di ogni essere stanno nella sua irripetibilità. Una cosa banale. una irripetibilità genetica. chimica, come si vuole. D'accordo. Eppure ogni essere è UNICO, unico ed irripetibile, ed ha perciò dalla nascita un infinito valore intrinseco. Basta questo. per me, a giustificare il massimo rispetto che dobbiamo alla sua vita. Se lo uccidiamo distruggiamo qualcosa che nell'universo è esistito una sola volta, è stato stupendo, e noi lo abbiamo distrutto per sempre, magari per farne dei crostini per gli amici a cena che non sono poi, magari, nemmeno piaciuti e sono finiti nell ·immondizia. O perché dovevamo andare in discoteca e non avevamo voglia di frenare davanti al gatto sulla strada. O perché ci piaceva tanto la pelliccia della nostra più cara amica e così I' abbiamo comperata anche noi. per non essere da meno. Oppure perché per quel nuovo rossetto che lui ti ha tanto apprezzato sono morti più di mille conigli. Ma che importa? NOI siamo uomini. NOI ne abbiamo il diritto. In realtà le leggi umane non sono state scritte per tutelare la morale. La morale che emerge dalla legge è una cosa ben diversa da quella che intendiamo solitamente. Si chiama morale e si parla di giustizia solo quando tanti uomini, vivendo pigiati. gomito a gomito. e conoscendo i comuni egoismi, le comuni bassezze, le comuni cattiverie e potenzialità malvage dettate dall'ingordigia. si tutelano così. perché non trovano altra limitazione che porsi nella "macchina" della legge che è uguale per tutti. Solo uno stupido può cercare al di fuori si sé la propria morale. Un essere veramente morale non ha bisogno di leggi. Però cosl ci si autolimita e si diminuiscono i rischi. La PAURA ha fatto nascere la legge. Per questo bisogna tutelare i deboli. Perché un giorno magari potremmo esserlo noi o i nostri figli, non per altro. Così si capisce anche perché gli animali non sono tutelati dalla legge. A nessuno capiterà mai di avere per figlio un cane o un gatto o un maiale. Dunque, la sofferenza di questi esseri non ci toccherà mai più di tanto. Nostro figlio non sarà mai vivisezionato, mangiato o usato in laboratori di cosmetici per signore. Infatti ciò è proibito dalla legge. Però se accade che qualche umano subisca violenza o sevizie, subito la notizia fa il giro del mondo, appaiono articoli sui giornali, si grida allo scandalo, alla vergogna, alla "inumanità" o. meglio, alla "'BESTIALITA"' di certi delinquenti. A volte penso di essere fortunata a vedere così la vita. Penso infatti che solo così si possa apprezzare a fondo I" immenso fascino che essa possiede. Guardando le signore impellicciate scarrozzare con orgoglio i propri figlimi chiedo come possano essere convinte d'aver fatto un gran dono ai figli facendoli vivere se per loro la vita ha un significato così ristretto. Strano che esse non vedano i loro bambini come carne generata dalla carne e desti nabil.e.asvariati usi Cerrosi porrebbepen·sareche 1111 simile inrervellfo1101g1iavi a una qualchecausaanimalista.Manon può esserequesta lanosrrapreoccupazione, che vuole essere in11a11zir11qrtuoella di cercare di capire e discmere. E allora è umano che chi ama gli a11imalpi ossa arrivare a detestare quell'uomo che 11ehafatto 11110 scempio a11corpiù orrendo oggi. nel secolo dei lager e dei robot,di ieri, quando la violenza 1101e1ra ancora /011ta11daalla vira quotidiana della gente. E cosa sia oggi w1 allevamento industriale lo racco111iamaolle pagi11e 14 e I 5. Ma è veramentesolo unproblema di chi ama gli a11imali?Lorenz disseche, infondo. Chemobyl 11011 era servita a nulla, che altra cosa sarebbe stara se fosse capitato a Manhattan co11qualche 111ilio11e di morti. Perché allora sì, che ci saremmofermati a ripensare. Come porrà indietreggiare l'uomo? Come porrà co11rin11arae progredire co111i11ciandao "regredire"? E quale soglia potrà decidere pacificamente di 11011 varcare? Viene da pensare che la scienza, la cosiddetta "razionalità tecnologica". l'etica e le stesse grandi piuttosto che esseri generati da altri esseri. Nel disgusto che provo per certi umani ho perso anche il rispetto per i riti dell'uomo, per la religione che lo pone al centro dell'universo, per il culto dei morti ... Mi sembra assurdo fare tanti salamelecchi davanti a una tomba e poi divorare cadaveri di altri esseri facendo, magari, gli occhi languidi alla fidanzata oppure ridere felici ascoltando la radio in auto mentre si schiaccia un gatto le cui viscere rimarranno su11·asfalto spappolate ad un metro di distanza. Questo è contro la mia morale ed è ciò che mi ha fatto perdere la stima nell'uomo. Ormai la vita umana per me non vale più di quella di una zanzara. Non mi dispiace se muore un uomo. Davvero. Anzi, a volte vorrei che un'epidemia sterminasse la razza umana e ponesse fine a tanta crudeltà. Io non penso che l'AIDS sia stato mandato da qualcuno per punire i "peccati" umani ... Penso che sia la logica conseguenza di ciò che l'uomo ha fatto modificando senza scrupoli se stesso e il proprio ambiente in funzione dei propri egoismi. Laura Servadei religioni 1101p1orranno rivoltarsi i11modo indolore colltro quell'anrropocenrrismoche le ha i11formare.Che a un uomo 011niscienreed onnipotente, ormai disposto a "dialogare" co11l'animale, a riconoscerlo suo simile, all'unica co11dizio11edi avergli scoperchiato il cranio da vivo11ec/ hiusodi un laboratorio scientifico, prima opoi quel dolore verrà restituito. E 1101p1er una qualchegiustizia che meno che mai esiste in natura, ma per banalissima ··co11tro-i11dicazio11e ". Allora.forse, 11ed/ olore e nella compassio11eu, 11uomo caduto e disilluso potrebbe ripensare se stesso e quella "scala i11dusrria/e" i cui orrori 1101s1embra110avere limite. Allora in quella "cosa mammifera" chiusa per la vira in un box grande comelei.forse torneremo a riconoscere anche un volto. E negli occhi sofferenti della povera chimera, metà scimpanzè e metà uomo, che ci hanno guardato per pochi giorni, porremo rileggere con altri occhi le nostre, di chimere. G.S. UNA CITTA' 3

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==