Una città - anno II - n. 13 - maggio 1992

Karoslti, clte vuol dire "morire di lavoro". Laseconda puntata sul Giappone del nostro collaboratore "prevenuto" Un telegiornale, (non ricordo quale, ma credo il TG2), alla fine di febbraio ha comunicato che in Giappone, ogni anno, muoiono I0.000 persone a causa del Karoshi. Non si tralla del nome che i giapponesi danno al!' Aids o a qualunque altra malattia conosciuta e sperimentata altrove, bensì di un termine che significa "morire di lavoro". Ho sentito pronunciare per la prima volta questa parola nel 1989, da un mio cliente giapponese con il quale stavo compiendo alcune visite di affari in Italia, pertanto. conoscendo la discrezione giapponese, devo dedurre che fu in quel periodo che il termine "morire di lavoro" cominciò ad essere usato ufficialmente. I giapponesi, infatti, detestano termini e definizioni troppo esplicite perché non consentono loro di tenere aperta alcuna porta del dubbio per uscire, divincolandosi verbalmente, da situazioni di dialogo che possono comprometterli od imbarazzarli. Solo quando un problema comincia ad essere considerato serio, ossia quando è il governo che decide di parlarne, confortati da tale alta paternità i giapponesi ne fanno oggetto di pubblico dialogo. In caso contrario, solitamente, preferiscono ignorare l' esistenza del problema. il lavoro sempre al primo posto E che in Giappone la diffusione del Karoshi desti preoccupazioni lo dimostra il fatto che, per la prima volta, i giapponesi si interrogano, aprendo la porta ai dubbi, sul loro sistema di lavoro, qualcosa, cioè, di più sacro della famiglia. Un giorno ebbi una discussione con un col lega giapponese a proposito della scala dei valori individuali. lo sostenevo che per quanto mi riguarda metto nella mia scala di valori personale, ai primi posti e in ordine di importanza, la famiglia, la salute, il lavoro. Mi allargai anche a dichiarare che ritenevo che la maggior parte degli italiani condividesse questa classifica, non mettendo comunque mai il lavoro al primo posto. li collega mi spiegò che in Giappone, invece, il lavoro è sempre al primo posto, seHANNO co,usouro: Rita Agnello, Rosanna Ambroge1ti, Giorgio Bacchin, Roberto Balzani, Raffaele Barbiero, Paolo Bertozzi. Patrizia Betti, Roberto Borroni, Barbara Bovelacci, Andrea Brigliadori, Libero Casamurata, Fausto Fabbri. Daniela Filippelli, Luisa Fiumi, Rodolfo Galeotti, Liana Gavelli, Patrizia Gentilini, Stefano Guidi, Enrico Lombardi, Silvana Masselli, Franco Melandri, Giovanni Orlati, Carlo Poletti, Roberto Poni, Linda Prati, VeroRavaioli, PieroRinaldi, Rocco Ronchi, Sergio Sala, Gianni Saporetti, Elisabetta Saviotti, Laura Servadei, Giovanni Tassani, Massimo Tesei, Ivan Zanini, Gabriele Zelli. Progetto grafico: "Casa Walden" Fotoliti DTP: SCRIBA IN1ERVIS1E A Giorgio Celli: Rosanna Ambrogetti e Graziano Fabro. A Renzo Del Carria: Giorgio Bacchin e Franco Melandri. Su associazionismo e volontariato: Patrizia Beni e Rodolfo Galeotti. Gli argini: Rosanna Ambrogctti. A Fabio Gramellini: Carlo Po letti e Fausto Fabbri. E a Albarosa Femminella: Carlo Poletti. A Roberto Marchesini: Gianni Saporelli. A Viviana Venluri: Liana Gavelli e Massimo Tesei. Foto di Fausto Fabbri. Foto di pag. 11, tratta dal f ascicolo "Giappone" dell'Unità guito dai rapporti di amicizia (ma solo se utili per i propri affari), i soldi, la salute e, finalmente, la famiglia. Che il lavoro sia al centro del mondo di ogni giapponese maschio è una verità che ho constatato personalmente innumerevoli volte (non ho mai capito cosa ci sia al centro del mondo delle giapponesi; a occhio direi lo "shopping''). Le radici storiche di questo atteggiamento sono molteplici, ed affondano parte nell'abitudine al!' obbedienza ed alla rassegnazione al proprio destino di piccoli uomini in balia degli eventi, maturata nei secoli di quel medioevo che è finito solo nella seconda metà del secolo scorso, parte nella situazione disastrosa in cui versava il Paese alla fine della guerra. Dopo la firma della resa alcune migliaia di giapponesi si riversarono sui prati antistanti la reggia dell'Imperatore, chiamandolo a gran voce (cosa già di per sé straordinaria dato il rispetto dovutogli in quanto Dio in terra). Quando, infine, una delegazione popolare venne ricevuta, si capì che tulla quella gente si era recata fin là per chiedergli scusa in quanto egli, per colpa loro, aveva perduto la guerra (Hiro lto fu costrello dagli alleati a dare personalmente per radio la notizia della resa. Rifiutandosi di essereesplicitodichiarò che "l'inconcepibile era avvenuto", e questo bastò ai giapponesi per capire). Nella stessa occasione, su quei prati, un certo numero di giapponesi si suicidò per "espiare". Ma come ripagare il loro imperatore dell'umiliazione subita se erano ormai privi di tutto e, per di più, obbligati a non possedere un esercito in grado di attaccare altre nazioni? La logica reazione fu di rimboccarsi le maniche e ricostruire il Paese in attesa di ricominciare la guerra totale ai gaijin (gli estranei, gli stranieri), questa volta sul campo di battaglia dell'economia. Inizialmente, per la verità, l'attacco ai mercati esteri non gli riuscì tanto bene perché, pur dotati di buona volontà, non erano in grado, da soli, di produrre beni di consumo nuovi e, soprattutto, di qualità. Negli anni '50 e primi '60 le radioline giapponesi a transistor erano divenute il simbolo della cattiva qualità. Paradossalmente furono proprio gli americani, gli stessi che imposero loro la democrazia parlamentare ed una costituzione, ad insegnargli come produrre con livelli qualitativi più elevati. Cominciò così, scopiazzando e praticando una politica di aggressione dei mercati, tutl'ora in vigore, degna delle migliori storie di pirati, la nuova guerra del Giappone nel mondo. rientrare tardi a casa è importante A Tokyo vivono stabilmente 13 milioni di persone che, durante i giorni lavorativi, diventano 35 milioni a causa dei pendolari che vanno al lavoro in cillà. Ho avuto diversi collaboratori, a Tokyo ed a Osaka, e nessuno di loro passava meno di due ore e mezzo/tre ore al giorno sui mezzi pubblici, andando e venendo da casa al lavoro e viceversa. Consapevole di questo, inizialmente mi preoccupavo di far sì che il mio, allora unico, collaboratore uscisse dal lavoro all'orario ufficiale in modo da farlo rientrare in famiglia in tempo per la cena. Con mia meraviglia egli reagiva con alleggiamenti imbarazzati alle mie esortazioni a lasciare l'ufficio, inventando pretesti per andarsene il più tardi il possibile, tanto che pensai avesse problemi con la moglie o la suocera. Chiesi lumi ad un amico ital iano che vive da molti anni in Giappone, ed egli mi raccomandò di cambiare atteggiamento e di lasciare che i dipendenti si regolassero da soli per quanto concerneva il rientro a casa. Motivo: più tardi il lavoratore rientra in famiglia, maggiore è considerata la sua importanza sul posto di lavoro. Per contro, se un giapponese rientra troppo presto, significa che la dilla per la quale lavora non lo considera abbastanza importante ed indispensabile da trallenerlo oltre il normale orario. E questo, naturalmente, diventa chiacchiera del vicinato a detrimento della sua immagine. Smisi definitivamente di preoccuparmi della questione dopo un incontro con la signora Walter, un'italiana che ha passato quasi tutta la vita a CONFO CORRINFI POSFALE: C/C N. 12405478 Intestato a Coop. UNA ClffA'arl via Ariosto 27 ForU ABBONAMENTOA 1 O NUMERI: 25000 LIRE ABBONAMENTO SOSTENITORE:50000 LIRE Una CiHa è in vendita anche a Cesena, alla lil,reria DEDALUS, via Aldini, .2 lo si trova anche a Sorrivoli, al Cireolo culturale "Il castello". Gli abbonati che non ricevono il giornale o che lo ricevono in ritardosonopregatididarcenenotizia. I ritardichesi verificano fra una zona e l'altra della città sonoda imputareesclusivamentealle Poste. Quindi, avvisateci. Vi recapiteremo subito il giornale e avremo elementi per reclami circostanziati. Telefonate al num.64587, Massimo o al 67077, Marzio. Tutta, la scelta chevuoi Vialedell'Appennino1,63 -Forlì eca l:i1no 1anco Tokyo dove ha una sorta di ufficio di pubbliche relazioni. Mi raccontò, a titolo esemplificativo, del!' atteggiamento giapponese nei confronti del lavoro, non solo a livello dei "colletti bianchi", ma anche tra gli operai, di quanto era avvenuto negli stabilimenti di una grossa industria del sello re OtliCO. Trovandosi in un momento di surplus produttivo, i dirigenti di questa industria, visti inutili i tentativi di obbligare i dipendenti a sfruttare i periodi di ferie cui avevano dirillo (circa due/tre settimane all'anno), impose un periodo di ferie forzato a tulli, riuscendoci solo fermando gli impianti di produzione e sbarrando i cancelli della fabbrica. Ebbene, durante tutto il periodo delle ferie un gran numero di lavoratori continuò a presentarsi ogni mattina in fabbrica, sostando per ore davanti ai cancelli chiusi sperando, forse, in un ripensamento da parte della proprietà che consentisse loro di tornare alla consueta occupazioG. uccidere è lo stress da competizione Durante le mie numerose permanenze in Giappone non ebbi difficoltà ad adattarmi ai ritmi di lavoro giapponese, anzi, visto che famiglia ed interessi erano a 13.000 chilometri di distanza, e visto che non riuscivo a condividere i passatempi preferiti dai giapponesi (bere, fare lo shopping, giocare al Pacinko e poco altro), andavo in ufficio anche alla domenica. Questo mi guadagnò, contemporaneamente, stima e diffidenza da parte dei miei collaboratm·i. Stima perché era inconsueto che un gaijin lavorasse così tanto, diffidenza perché non riuscivano a capire quali oscure motivazioni mi spingevano a comportarmi in questo modo. Non sono, però, solo i lunghi orari di lavoro ad uccidere di Karoshi I0.000 giapponesi al1' anno, ma gli stress a cui vengono sottoposti a causa della competizione. La concorrenza, inGiappone, non solo influenza in modo esasperato ogni aspetto sociale legato al lavoro, dalla grande industria ai lustrascarpe che si trovano fuori dalle principali stazioni della metropolitana, ma è costantemente presente, in scale minori, ali' interno delle stesse aziende. In un sistema che vede il rapporto con i lavoratori basarsi sul paternalismo e sulla meritocrazia ogni lavoratore, a qualunque livello, deve vedersela ogni giorno con i colleghi che gli vogliono "fare le scarpe". A ogni nuovo assunto viene preparato il piano di carriera, in base al quale, se dopo un certo periodo di tempo dimostra di aver raggiunto certe capacità, viene promosso ad un grado superiore. Ma se non ci riesce rimane al livello in cui si trova, anche a vita. Il danno di immagine è tale che la frustrazione può portare alla depressione ed al suicidio, così come la paura di non farcela o la vergogna per aver danneggiato la ditta con azioni avventate. Come diceva un mio collaboratore del posto, quando un giapponese esce di casa alla mattina ha già molti nemici davanti, ed è con questa consapevolezza che si presenta al lavoro. Adifferenza che da noi, i lavori statali non godono di grande considerazione, mentre tutti ambiscono andare a lavorare per le grandi e medie industrie. Non si tratta di un problema di sicurezza del posto di lavoro. Il fatto è che le grandi e medie industrie hanno la capacità di garantire ai propri dipendenti un'alloggio, circoli ricreativi, agenzia matrimoniale interna che favorisce i matrimoni tra dipendenti. Inoltre organizzano i brevi periodi di ferie, garantiscono un posto di lavoro ai figli e, ultimo ma non meno importante in un paese dove il terreno costa cifre folli, assicura loro un posticino nel cimitero aziendale. Questo, unito allo spirito di corpo, che viene creato anche facendo ginnastica e cantando assieme l' inno aziendale ogni mattina, e consentendogli di esibire il distintivo con il marchio del1' azienda, fa sì che i giapponesi siano innamorati del loro datore di lavoro che, a sua volta, può contare sulla loro fedeltà. fa "scrivania vicino alfa finestra" Va anche detto che in Giappone non si licenzia quasi mai, VENERDI' 15 MAGGIO 1992 ALLE ORE 21 PRESSO LA SALA ALBEllflNI Piazza Saffi-forf i incontro pubblico su "DEMOCRAZIAOGGI: TRACRISI DELLARAPPRESENTANZAE ClffADINANZAAfflVA" con il Prof. MASSIMO CACCIARI dell' UNIVERSITA' DI VENEZIA a cura di "POLIS" ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO CIVILE . . . ' ~ 0Kllle.Y0Glt Erboristeria - Prodotti naturali - Shiatzu FABBRI Dr. Enrico Forlì - via Albicini, 30 (ang. via S. Anna, 2) Tel. 0543/35236 , v,a , perché il licenziamento di personale, indipendentemente dalle ragioni, viene percepito all'esterno come indice di crisi dell'azienda. Capita così che, se un dipendente si dimostra del tutto incapace di svolgere i compiti per lui previsti, anziché essere licenziato viene assegnato alla cosiddetta "scrivania vicino alla finestra". In pratica non riceve più lavoro da svolgere e viene messo vicino alla finestra affinché possa passare il tempo guardando fuori. Se, invece, si tratta di manager di un certo livello che hanno commesso un errore ma sono considerati recuperabili, viene loro imposto un periodo di rieducazione in apposite scuole, simili a lager, ove sono costretti a svolgere lavori umilissimi, attività fisiche paramilitari, sedute di insulti e di autocritica, così che, tramite l'umiliazione, tornano al lavoro privi di ogni presunzione e, quindi, pronti a ricominciare la loro attività con la prudenza necessaria ad evitare altri errori. Sempre la competizione tra dipendenti, unita alla diffidenza nei confronti degli stranieri, spiega come mai un'azienda non manda mai un dipendente all'estero da solo. Si muovono, come minimo, in due, così che sorvegliandosi l'un l'altro non si corre il rischio che possano essere plagiati dalla controparte straniera, che potrebbe far ubriacare il funzionario giapponese, oppure fornirgli compagnia femminile od offrirgli denaro per indurlo a scelte che vanno contro gli interessi della sua società. Per la stessa diffidenza il giapponese che trascorre lunghi periodi risiedendo in un paese estero per ragioni di lavoro, soprattutto se si tratta di Europa o Stati Uniti, al rientro in patria presso gli uffici della casa madre viene tenuto in una sorta di isolamento per un periodo anche molto lungo, in quanto lo si ritiene potenzialmente contaminato da una mentalità ga1Jm (estranea) e, prima di ridargli piena fiducia, aspettano che si sia immerso di nuovo nello stile giapponese. Spesso, però, il giapponese che ha vissuto ali' estero non riesce ad accettare il ritorno allo stile patrio. Me ne parlava con toni accorati un funzionario di una delle più grandi società commerciali giapponesi, il quale ha vissuto per molti anni a Roma e, pur essendo " rientrato da tempo in Giappone, non riusciva più ad inserirsi nella vita sociale, e nemmeno nell'ambiente di lavoro dove veniva guardato a vista perché 'chissà che brutte abitudini aveva preso in Italia'. Questo fenomeno contrasta con quanto avviene nel resto del mondo, dove i funzionari che hanno esperienza di vita ali' estero vengono per questo considerati più qualificati di altri. punlc, darle o casual solo di domenica Girando per le strade di Tokyo o di Osaka, mi sono spesso domandato se anche le nuove generazioni affronteranno il lavoro con lo stesso atteggiamento di quelle che le hanno precedute. Vedere in giro tanti giovani vestiti stile dark, punk o comunque casual, con capelli tinti, volti truccati e tutti gli accessori del caso, all'inizio mi lasciava sperare che si preparasse una classe di futuri lavoratori più disincantata, più, diciamo così, umana. ma poi ho notato che questi giovani così disinibiti circolavano solo il sabato e la domenica. Questo mi spinse ad indagare, e fu così che scoprii come, dal lunedì mattina al sabato pomeriggio, gli stessi giovani andavano in giro vestiti "normalmente" o con la divisa della scuola (stile marinaro ed obbligatoria), riservando al fine settimana il travestimento. Scoprii anche che, immediatamente dopo aver terminato la scuola, questi travestimenti provvisori vengono abbandonati a favore del vestito grigio o blu e della cravatta regimental su camicia bianca, che è poi la divisa del "colletto bianco" giapponese. I giapponesi lavorano tanto e fanno poche vacanze (anche perché non sanno che farsene di troppo tempo libero - non sono organizzati per questo), e non sembra che siano in vista mutamenti di atteggiamento per il prossimo futuro. Stefano Guidi ILRAMOD'ORO30-31 MAGGIO Mostra-mercato di prodottibiologici, di erboristeria e terapienaturali Piazzetta della Misura (adiacente P.zza Soffi) organizzazione: Legaper l'ambienteForlì CentrostudiOmnibusForlì Coop. 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