RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 169 Resta la vera colonia, l'unica di cui il patrio governo dovrebbe tener conto, lavoratrice, intraprendente, ingegnosa, sempre in cerca di nuovi traffici, di nuovi scambi, di nuovi commerci, sempre pronta ad arrischiare i sudati guadagni in industrie nuove, in nuove speculazioni, inalzando case, palazzi ed edifici pubblici, estendendo gradualmente ma incessan_ temente la coltura delle terre, importando e diffondendo nuovi oggetti di consumo di utilità o di lusso, sfruttando rapidamente tutte le invenzioni del genio umano, dalle più umili alle più complesse; la colonia autentica, insomma, che é fonte inesauribile di ricchezze, elemento potentissimo di progresso civile e sociale. È di questi coloni - e non degli avventurieri e dei cavalieri d'industria che pullulano - pur troppo - nell'Argentina e in tutti gli Stati del continente americano e che rappresentano la scoria dell'emigrazione europea - è di questi coloni, di questi utili e modesti lavoratori dei campi ed aratori del mare - come direbbe secentisticamente il Carducci - che il generale Giulio Roca parlava con frasi di encomio inaugurando nel 1882 la seconda esposizione italiana a Buenos Ayres. È a questi ifaliani, colonizzatori rii istinto, cooperatori efficaci ed indispensabili dello sviluppo economico dell'Argentina, eh<> il grande S11rmiento, venticinque o ventisei anni or sono, rendeva piena ed assoluta giustizia, affermando che senza l'emigrazione italiana, l'Argentina non avrebbe progredito di un passo. Questa lusinghiera affermazione del grande statista argentino, alla cui memoria la gratitudine dei suoi connazionali intitola le maggiori ope1·e di educazione civile e di istruzione popolare, ci viene da una fonte che non può ritenersi sospetta. Ci viene da un giornalista francese - il signor Alfredo Ebelot., attuale direttore del Courrier de la Plata, l'organo più importante della colonia francese di Buenos Ayres. Al giornalista francese che magnificava naturalmente l'opera dei suoi connazionali, Sarmiento faceva osservare: - La Francia ci ha mandato gli uomini più notevoli che dal!' Europa siano venuti fra noi. Ma se noi consideriamo la massa degli immigranti, e lasciamo da pa1te le eccezioni gittate qui dalle vostre discordie civili, é agli Italiani che noi siamo debitori delle più vantaggiose trasformazioni materiali subite dalla nostra maniera antiquata di vivere. Chi ha cost,:..tto le nostre città? I muratori taliani. Chi ha iniziato il commercio di cabotaggio sui nostri fiumi? I padroni delle golette ed i marinai italiani. Chi ci ha abituati a variare coi legumi il nostro regime esclusivamente carnivoro ? Gli ortolani italiani. Parlo soltanto delle città, ma se voi vi recherete al campo, troverete dovunque gli Italiani alla testa del movimento agricolo che noi abbiamo tanto interesse di sviluppare. E non basta. Lo stesso giornalista francese - e lo noto a titolo di onore, perché la stampa francese dell'Argentina non è sempre giusta ed equanime verso l'Italia, come non lo è sempre la stampa italiana verso la Francia - lo stesso giornalista francese, così com· menta le preziose dichiarazioni di Sarmiento ( l ). « Venticinque o ventisei anni sono passati dal giorno di questa conversazione, e il fenomeno segnalato da Sarmiento non ha fatto che accentuarsi. L' immigrazione italiana ha assunto proporzioni sempre più considerevoli. Essa non ha acquistato soltanto, in tutte le manifestazioni economiche dell'Argentina, l'importanza assicurata dal numero. Questa razza laboriosa sobria, economa dodata di una intelligenza agile e viva, ha tratto dal vantaggio del numero tutto l'utile che facoltà così preziose assicurano. « Essa ha fornito quasi esclusivamente la mano d'opera ai grandi lavori pubblici; ed al seguito dei suoi operai, perseveranti e tenaci, è venuta tutta una coorte di impresari di merito, di ingegneri distinti, gli uni usciti dalle stesse file degli ope1·ai, gli altri venuti da lontano per dirigere i grandi lavori nei quali predomina l'elemento italiano. « Essa ha guadagnato, a poco a poco, una grande parte del commercio minuto, e non ha tardato molto a br,llare in prima fila nel grande commercio e nell'alta banca, facendo ivi fruttare con successo i capitali creati sul posto coll'attività e col risparmio». Ecco dunque un giudizio un poco diverso dai soliti e che ci viene da un Francese, non molto tenero del1' invasion italienne nell'America meridionale; un giudizio che è conforme al vero e che dovrebbe invogliare e governo e privati a studiare sul serio, ad appoggiare e secondare, secondo le circostanze, una colonia destinata a rappresentare in un avvenire molto prossimo una parte immensa nello sviluppo economico dell'Italia e dell'Argentina. Disgraziatamente, l'attenzione della madre patria, e tanto meno quella del giornalismo, in tutt'altre faccende a(faccendato, non si è mai fermata, o si è fermata assai debolmente sopra questo fatto sociologico ed economico di primissimo ordine; e l'opinione pubblica non ha visto finora nell'emigrazione al di là dell'Oceano, altro che l'esodo dei per.zen ti, degli spostati e dei cavalieri di r industria. Giova esaminare, uno dopo l'altro, questi tre elementi costitutivi della nostra emigrazione, ma in ultimo bisognerà fermarsi più a lungo sul quarto, che è il solo degno di interesse. SILVIO BECCHIA. (1) Vedi.- Le Courrier de la Plata - • Les italiens dans la Plata • Venerdi 27 Marzo 1896. - N. 12524. Per mancanza di spazio siamo costretti a rinviare al numero prossimo un articolo del Sooialistoicle sulla tettera di Leonida Bissolati nella quale si occupa del così detto .caso di OreDJ.ona.
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