Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 9 - 15 novembre 1896

168 RIVISTA. POPOLARE DI POl..ITICA.LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI tuita - i quali sono liberi soltanto di scegliere fra la morte di fame o di pellagra in patria, e la morte di stenti o di f.ibbri nelle fazende. Gli emigranti forzati, sono tutti gli altri che avendo qualche piccolo conto da rendere alla giustizia umana, pensano bene di mettere di mezzo una certa distesa di acqua salata, fra la loro preziosa persona ed il procuratore del re. Ora, quelli appartenenti a questa seconda categoria, .pure essendo di numero infinitamente mino1·e a,lla prima, si trovano molto più in vista, e quasi sempre obbligano i giornali ad occuparsi dei fatti loro; ciò che non accade dei tranquilli lavoratori, e commercianti, o professionisti che si dirigono verso le libere repubbliche platensi alla conquista del pane. Ne avviene quindi che il pubblico sentendo tutti i giorni di cassieri scappati in America; ladri, falsari, falliti, bollati in qualsiasi modo o maniera dai tribunali, che cercano un rifugio, o almeno l'oblio delle colpe dall'altra parte dell'Oceano, si immaginano che l'America sia popolata esclusivamente da delinquenti del generd. È un errore grossolano, benchè sia completamente vero che tutto il rifiuto della società europea si dia.. convegno laggiù in America, la quale lo accoglie alla stessa guisa che _il mare accoglie gli scolaticci di tutti i rigagnoli e le immondizie di tutte le cloache. Questo fatto che è nell'ordine della natura, e che in mare à conseguenze limitate a certi piccoli tratti di spiaggia, nelle società coloniali ha conseguenze assai più notevoli; e l'inquinamento si nota sopratutto nelle grandi città, dove per molti di questi scappati dalle galere d'Europa, l'America non è altro che un vasto cami,o di azione e di perfezionamento nella delinquenza. Per altri, tuttavia - più sventurati che colpevoli - la terra d'America è continua espiazione, e qualche volta anche riabilitazione sicura. Però, il male più grosso e più costante che i farabutti fanno alle società coloniali è questo: che nel paese dove si fermano, creano una società sui generis, sconosciuta, o quasi, in Europa ; e gettano un' ombra di diffidenza sopra tutto e sopra tutti; la qual cosa contribuisce ancora a radicare l'opinione pessimista dei più intorno alle colonie. Ricordo che il terzo o il quarto giorno del mio arrivo a Buenos-Ayres, fui introdotto nelle 4 ricchissime sale di un ritrovo - non dirò quale per ragioni facili a capirsi - e dopo essere stato presentato ai soci presenti e chiacchierato un'ora di tutte le cose che si possono dire fra persone che si veggono la prima volta, e di cui una è nuova affatto al paese - ricordo, dico, che uscendo i miei presentatori mi fecero sapere: - che il signor X... il quale mi avevano presentato colla qnalifica di dottore e cavaliere, era dottore e cavaliere come lo sono io; che il signor Y... uno dei più noti ed influenti, aveva subito, o doveva subire, non ricordo bene, una condanna di quindici o venti anni per truffa, falso ed altre simili bazzcccolc ; che il signor Z... era fallito fraudolentemente, e che quasi tutte le lettere dell'alfabeto si trova vano in condizioni identiche o consimili. - Perbacco - esclamai io, profondamente scandalizzato da così inattese rivelazioni - ed è in un ambiente simile che mi avete portato? - Che cosa vuole, in America è così ! Ora, non è niente affatto vero che sia proprio così, non è niente affatto vero che la società coloniale sia proprio questa. Non si può dire di uno che abbia il bel volto deturpato da un bubbone maligno, che la sua faccia sia costituita da un bubbone. Quel che è certo però è che il bubbone sul volto, ed il farabuttismo nelle società coloniali, si equivalgono e saltano agli occhi col!' istessa evidenza. È un fatto positivo che uomini, i quali banno nel loro passato molte pagine nere, e che nelle società europee sarebbero inesorabilmente condannati all'ostracismo, nelle colonie hanno posizioni molto in vista, trattano a tu per tu colle autorità, si arrogano spesso il diritto di parlare a nom.; della colonia intiera, si impongono ancora più spesso nelle associazioni, e fanno come si suol dire, il sole e la pioggia. Osservando bene, ossia studiando sul vivo gli uomini e le cose,. S•)no venuto facilmente nella convin1.ione che coloro i quali si danno maggior aria, ànno le maggiori pretese, danno lezioni quotidiane di patriottismo, si mostrano intolleranti di tutte le opinioni, esercitano il monopolio delle cariche, aspirano a tutti gli onori ed a tutte le distinzioni, e cercano in ogni modo di imporsi, sono in generale, i più a variatf; sono quelli appunto che avrebbero bisogno di restare maggiormente nell'ombra. Più audaci, più fermi, più agguerriti, meno scrupolosi, riescono più facilmente degli altri nei loro intenti, e si rifanno una verginità posticcia che qualche volta, nei suoi effetti, vale meglio della verginità autentica, d~lla sincerità e della illibatezza ante1·iore della vita. Di qui la sfiducia, l' inerzia, nella parte sana e vitale, la quale, pure essendo maggioranza, lascia fare e dire, se ne sta a casa o all'ufficio, occupata soltanto dei suoi traffici, delle sue fa'lcende, della sua professione, della sua famiglia_; limitandosi a ribellioni platoniche, manifestate sotto voce, come pecore quando si lagnano del lupo. Eliminata questa parte, dirò quasi rapp1•esentativa, teatrale o coreografica, che hanno nella vita pubblica delle colonie, gli avventurieri, gli intriganti, i cavalieri d'industria, i giornalisti avariati, o indelicati, o ricattatori - ce ne furono e ce ne sono anche di questi - rimane sempl'e la. massa, la grande massa, i cui componenti non fanno parlare di sè; la massa anonima che lavora, che onestamente guadagna, ama e ricorda la patria lontana senza sdilinquimenti e contorsioni troppo esagerate per essere naturali; e che nelle occasioni solenni, negli avvenimenti politici, nelle stesse sciagure nazionali, come la catastrofe africana, non cerca soltanto un pretesto per farsi avanti, conquistare un' onorificenza, un beneficio, una sinecura, od anche battere moneta sonante.

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