il Potere - anno II - n. 6-7 - giugno-luglio 1971

Giugno-Luglio 1971 il POTERE fill!lllllllllllllllllllllllllllHllllllllllllffilllUlllllllllllTilllllllnffillllllllllllllllllllllllllllllllHIIIIIIIIIIIIITTIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIHllllllllllllnlllllnlllllllllllllllllUlllnllllllllllllllllllllllllllllllllllllll = GENOVA REGIONE llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllillllllll "COLLOCATI" E "DISLOCATI" La . ' c1tta divisa LO spostamento dell'elettorato più conservatore dalle posizio– ni che tradizionalmente lo colle– gavano al partito liberale a quelle più moderate dei partiti di centro– sinistra (spostamento che tra l'al– tro prova quanto avessero o ab– biano ragione le opposizioni in– terne a Malagodi che da anni cer– cano di convincerlo che ogni ope– ra di conservazione funziona me– glio all'interno che non all'ester– no del governo politico) renderà certamente più difficile una poli– tica di cambiamento nella nostra città. Genova come poche altre città appare solcata da una linea so– ciale e politica che divide abba– stanza nettamente i suoi cittadini. Stanno da un lato i ceti « collo– cati » che trovano cioè nel siste– ma della città le loro gratificazio– ni economiche, culturali, residen– ziali e, dall'altro, i ceti « disloca– ti » che risultano cioè chiaramen– te emarginati dal sistema cittadi– no in quanto su di loro principal– mente gravano i problemi della scuola, delJa sanità, della casa, dei trasporti, dell'occupazione e delle condizioni di lavoro. Sono questi i cittadini che non conta– no, che esercitano il loro potere sociale esclusivamente a mezzo dei partiti (in buona misura di sinistra) o dei sindacati: solo ra– re volte riescono in prima perso– na a realizzare i loro interessi ed obiettivi. Per restare ai tempi più vicini a noi la caduta del governo Tam– broni ha forse rappresentato l'uni– ca occasione in cui la pressione dei ceti dislocati è riuscita ad ot– tenere risultati tangibili: le agita– zioni abbastanza frequenti contro il declino della città e il suo de– pauperamento anche industriale, condotte nel silenzio più assoluto dei ceti borghesi, non sono state mai coronate da successo. Sulla base di una siffatta con– statazione che potrebbe essere facilmente provata da indagini socio-politiche, si delineano con sufficiente chiarezza le idee con le quali le forze politiche progres– siste dovrebbero lavorare anche a Tursi. L'obiettivo del mutamento so– ciale non dipende dalla utilizza– zione di strategie meramente po– litiche: se così fosse si cadrebbe ancora una volta nell'illusione sturziana che faceva dipendere il rinnovamento del Paese da un rinnovamento di politiche nelle sue autonomie locali. I fatti di questo secondo dopoguerra pro– vano in maniera ormai certa co– me l'ente locale non possa trova– re solo in sé la possibilità anche di semplici freni alla logica de– gli interventi esterni, specie eco– nomici: esso appare invece ogni giorno sempre più coinvolto dalle pressioni esterne che quando vo– gliono sanno con rapidità condi– zionarne l'autonomia. Di qui l'assoluta necessità di una sistematica integrazione delle strategie sociali con quelle poli– tiche: il che, in definitiva, vuol di– re moltiplicazione e mobilitazione di tutte le forme di contropotere sociale, dal movimento operaio a quello delle Acli, dalle organiz– zazioni spontanee alle rappresen– tanze di quartiere. Solo a questa condizione diven– ta possibile il mutamento. Sulla UMBERTO D., il personaggio propostoci da De Sica più di vent'anni fa, era un pensionato mite, sensibile, introverso, che contava solo sulla amicizia di un cane per lenire la sua soli– tudine e la sua povertà. A Genova, invece, abbiamo o– ra Umberto B., direttore del • Mercantile • e della • Gazzet– ta del Lunedì », che è per con– tro un personaggio aggressivo, facondo, poligrafo, gode dell'ami– cizia dei padroni del vapore e dei socialdemocratici e quindi non è affatto solo, e, presumi– bilmente, neppure povero. In sé, è pittoresco: predice sciagure e lancia anatemi non solo ai comu– nisti, ma anche ai sindacati, al Psi, alla Dc e, saltuariamente, persino a La Malfa ed alla mi– noranza liberale. L'80% degli italiani è impaz– zito e Umberto B. li scuote con prosa virulenta per richiamarli alla retta via: quella di Zanazzo in Liguria e di Ferri e De Loren– zo a Roma. La cosa è, nell'insieme, abba– stanza divertente e persino uti– le: perché costituisce un esem– pio dei limiti culturali, politici, umani della destra genovese, una caricatura provinciale del– la conservazione italiana. Ma il nostro Umberto, talora, sgarra raggiungendo i limiti del– la calunnia politica. Il 7 giugno bibliotecaginobianco base di una riforma delle proce– dure espropriative, per esempio, che riconoscano alla proprietà urbana un indennizzo depurato dalla rendita, gli interventi del– l'ente locale potranno ispirarsi al principio generale per cui l'area fabbricabile costituisce un bene della collettività. Sarà egualmente possibile, ab– bandonata la concezione tradizio– nale che si limita ad affermare l'estensione dell'assistenza sanita– ria alla generalità dei cittadini, ma che vuole nel contempo conserva– re il carattere autonomo degli ospedali locali, affermare il dirit– to per il comune alla gestione dell'unità sanitaria locale attri– buendo correlativamente agli uten– ti reali poteri di autogoverno. La pressione delle forze sociali renderà anche possibile un muta– mento nella politica assistenzia– le: il comune avrà così la forza di rompere ogni collusione con le istituzioni private e, abbandonata la via della beneficienza, assumere in proprio l'organizzazione dell'as– sistenza di Genova. Tanti altri problemi, alcuni più conosciuti come quello della at– tribuzione di reali poteri decisio– nali ai consigli di quartiere, altri meno conosciuti ma egualmente sofferti, come il ridimensionamen– to della speculazione privata nel– l'esercizio delle scuole serali, po– tranno essere risolti. In definitiva, solo nell'ambito di una strategia globale, dove l'op– posizione sociale sappia combi– narsi senza confondersi con la lotta politica, cadranno i due vol– ti della città divisa: forse in nes– suna città come a Genova il mo– deratismo è sinonimo di ingiusti– zia sociale, di ristagno economi– co, di precarietà democratica. Filippo Peschiera Umberto B. - una settimana prima del vo– to - giunse a scrivere sulla • Gazzetta del Lunedì• che la ri– chiesta di una maggior parteci– pazione dei cittadini alla gestio– ne della cosa pubblica, formula– ta dai candidati della sinistra dc, era sinonimo di intesa con il Pci e invitò esplicitamente i geno– vesi a non votarli: la caccia alle streghe era al suo acme. L'affermazione era grossola– namente falsa e l'operazione scorretta. Certamente Umberto B. avrebbe pubblicato le preci– sazioni degli aggrediti nel suc– cessivo numero della « Gazzet– ta .., che però - malaugurata– mente - uscendo il 14 giugno, sarebbe stato ininfluente sull'in– formazione degli elettori. I tre candidati della sinistra dc divulgarono, allora, una di– chiarazione che ricordava come il tentativo di gabellare la loro richiesta di una più autentica e civile democrazia partecipata per un'intesa con il Pci fosse e– spressione o di analfabetismo politico o di deliberata volontà mistificatrice a miserevoli fini preferenziali. Vennero le elezioni: gli sco– municati di Umberto ebbero da- 3 IL PSDI IN LIGURIA Più a destra di Perri LA personalità politica ligure è singolare. I partiti qui assumo– no colori diversi, sfumature diver– se: i reazionari divengono conser– vatori ed i rivoluzionari si trasfor– mano in progressisti, sullo sfon– do moderato e realista delle tem– perie politica ligure. I socialisti genovesi sono para– dossali: Genova fu l'unica città che durante la prima fase del fa– scismo riuscì a mantenere, ad un quotidiano, un certo patrocinio so– cialista: quasi un capolavoro. La persona! ità più in vista dei so– cialdemocratici genovesi fu a lun– go Paolo Rossi, che stava a destra di Saragat, e quella più in vista dei socialisti fu Barbareschi che sta– va a destra di Nenni. Oggi abbiamo una socialdemo– crazia genovese a destra di Ferri, che è a destra di Tanassi e cioè di Saragat. Ancora qualche passo avanti e il partito liberale locale potrà chiuder bottega, nonostante sia difficile superare a destra il se– natore Perri. Mentre Ferri sembra prendere per buone le dichiarazioni di De Martino e di Mancini dando fiato al governo Colombo, i socialde– mocratici genovesi rompono con i demartiniani locali. Domandiamo loro se pensano che i loro lea– der nazionali sbaglino clamoro- gli elettori almeno il decuplo dei voti ottenuti da candidati da lui - disinteressatamente- raccomandati. Il nostro incassò e tacque. Ma per poco. Il 16 luglio 1971 gli ha reso giustizia. Infatti, quel giorno, come egli scrive, « le sinistre dc svelano la loro vera faccia •. Cos'è mai accaduto? Un evento inaudito: al comi– tato provinciale della Dc, Orsini e Signorini hanno osato votare il documento presentato per pri– mo (e sostenuto da noti maoi– sti quali Pedullà e Sibilla), anzi– ché quello, nobile e patriottico, presentato successivamente da Cattanei e Cuocolo. 11 fatto che anche la mozio– ne votata dalle sinistre dc so– stenesse la necessità di una giunta comunale genovese e– spressa da una maggioranza di centro-sinistra autonoma e auto– sufficiente non interessa mini– mamente Umberto B.: probabil– mente non lo sa neppure. Per lui non votare come Cattanei e Cuocolo, all'interno della Dc, è sinonimo di sabotaggio. Annibale è alle porte: molti non se ne accorgono, forse nep– pure Nixon che va a Pechino. Ma Umberto B. sì. Egli vigi– la; Zanazzo gli è al fianco. C'è ancora speranza per Genova e per l'Italia. samente poi itica o se pensano che i demartiniani genovesi, contro tut– te le tradizioni locali, costituisca– no la variante a sinistra della loro corrente nazionale. Cosa vogliono i socialdemocrati– ci genovesi? Costringere i socia– listi a Canossa, sconfessando le prospettive politiche che Ferri e Tanassi hanno ritenuto non preclu– sive della collaborazione socialde– mocratica nazionale? Oppure vo– gliono che si costituisca a Genova una giunta Pci-Psi-Psiup? Il disegno ci sembra abbastan– za incredibile, e tuttavia non ve– diamo a quale altra alternativa ci esponga la scelta socialdemocra– tica. Dobbiamo dire che, improvvi– samente, la socialdemocrazia è di– sposta a praticare la politica del «pas d'ennemis à droite»? Sarebbe per essa il suicidio. La socialdemocrazia può prende– re voti a destra in circostanze sin– golari, da misurarsi con il bilanci– no. Appena si va un po' troppo in là, la gente, che non vota Dc, non vota laico o socialdemocratico, vo– ta missino. Una politica di • pas d'ennemis à droite • oggi non com– porterebbe aumento di voti social– democratici, ma di voti missini. Ma forse qui si tratta solo di alzare il prezzo della collaborazio– ne. Ci pare un gioco senza pro– spettive. Il Psi può aspettare e aspettare, ma alla fine ha una po– litica alternativa per esso meno svantaggiosa di quanto non sia il blocco d'ordine per il Psdi. La socialdemocrazia non ha al– ternative al centro sinistra: essa più di ogni altro. pORRE in crisi il governo regiona- le della Liguria, rendere impos– sibile una maggioranza di centro-si– nistra a Genova preferendole una maggioranza frontista può essere per il Psdi una manovra puramen– te tattica o invece l'apertura di una strategia politica neocentrista. Ma è paradossale accusare il Psi di frontismo quando i telespetta– tori possono assistere meraviglia– ti all'elogio del Pii compiuto dallo onorevole Mancini; è assurdo par– lare di frontismo quando i comu– nisti usano un linguaggio rispetto– so persino per il Msi. Un disegno moderato non ha al– cuna giustificazione nella realtà politica italiana, il cui massimo in– teresse è quello della responsabi– lizzazione del movimento sindaca– le. E' stato fra l'altro osservato che si fanno scioperi per imporre il programmadi Giuseppe Saragat: case. scuole, ospedali. Mentre gli scioperi politici sono cessati. E' quindi strano che i socialde– mocratici genovesi parlino soltan– to il linguaggio del • partito della crisi •, contribuendo a spingere il paese sulle vie della tensione e della confusione in nome della ri– forma tributaria o del la • stagde– flation • economica.

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