il Potere - anno II - n. 2-3 - febbraio-marzo 1971

bi Febbraio-Marzo 1971 il POTERE pag. 3 llill!llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll!llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll GENOVA Il generaleBoulanger J L vecchio telegrafista della sta- REGIONE zione di posta fece un salto, mentre il rotolo di carta gli sfug– giva dalle mani. Cercò di farsi for– te con un sorso di vecchio Arma– gnac e tornò a fissare i punti e le linee che ballavano ai suoi occhi come insetti. IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII « Colpo di stato». C'est tragi– que! La cittadina della Provenza, battuta dal mare e dal mistral, era ancora assopita nel primo matti– no ed ignorava le terribili cose che accadevano a Parigi, ignorava che il generale Boulanger stava per impadronirsi del potere! L'Asgentradita LE GRAVI RESPONSABILITÀ DEL DOROTEISMO DIETRO IL TEN– TATIVO DI RIDIMENSIONAMENTO DELL'INDUSTRIA DI SESTRI S EMBRAVA che la preannunciata conferenza regionale delle parteci– pazioni statali inaetta dalla reg10ne li– gure dovesse finalmente segnare il mo– mento nel quale, dopo anni di disim– pegno e di progressivo smantellamen– to del suo patrimonio in Liguria, la industria di stato si accingesse ad un costruttivo confronto con la realtà lo– cale per passare poi ad una nuova fase. Una fase caratterizzata necessa– riamente da investilnenti, ammoderna,. menti, ampliamenti e riconversioni per consentire all'industria di stato di mantenere il passo anche in Li– guria col progresso tecnologico e di restare, quindi, vantaggiosamente sul mercato. Se è vero, infatti, che non ha più senso parlare di Genova come capita– le dell'Iri, poiché i compiti che la programmazione economica nazionale e le scelte politiche di fondo attribui– scono a questo istituto consistono largamente in iniziative per lo svilup– po e l'equilibrio delle zone depresse del mezzogiorno, sono altrettanto evi– denti le responsabilità che all'istituto derivano dall'essere di fatto elemento condizionante dell'economia ligure. Se questi sono termini essenziali da tempo acquisiti e dai quali è indispen– sabile partire per qualsiasi discorso costruttivo che si voglia fare nella progettata conferenza regionale, la re– cente nota della Finmeccanica del 27 febbraio sulla riorganizzazione delle aziende elettromeccaniche del gruppo, venendo meno a tutta una serie di impegni passati e recenti (l'ulti_mo '.i– sale al novembre scorso) stab11Isce m maniera sconcertante e verticistica la cosiddetta «ristrutturazione dell'Asgen» di Sestri e ripropone in termini dram– matici il problema del rapp?rto _ tra le partecipazioni statali e la L1guna. RIFIUTO DEL CAMPANILISMO Non sono, tuttavia, motivi campani– listici ed egoistici quelli che portano a valutare il discorsodellaristruttura· zione dell'Asgen come un assurdo eco– nomico e un tradimento degli impe– gni assunti. Il grave e clamoroso fal– limento della Pelizzari di Arzignano e le difficoltà della Marelli, in fase _di irizzazione, hanno indubbiamente in– trodotto termini nuovi nel settore ter– mo-elettromeccanico, ove l'industria i– taliana presenta oggi un quadro di no– tevole frazionamento che non le con-– sente di far fronte in modo adeguato alla concorrenza americana e giappo- nese. . D'altra parte, già il piano della Fm· meccanica del novembre scorso ten– deva a riorganizzare il settore nello ambito delle aziende del gruppo. L'as– surdo del nuovo programma sta qum: di nel supplire alle difficoltà di altn stabilimenti smantellando il pos1t1vo avviamento produttivo di Sestri e re_n· dendo vani gli sforzi anche recentis– simi fatti per conseguirlo. Di fronte alle due aziende in fal– limento sta, infatti, la realtà dello sta– bilimento di Sestri caratterizzato da una fase di espansione produttiva e da un fatturato previsto per il 1971 quasi doppio del precedente, pari ad oltre dieci milioni per dipendente;_ ca: ratterizzato inoltre da invest1ment1 d1 quasi due miliardi effettuati recente– mente e da un carico di lavoro larga– mente coperto per tutto il 1971. A ciò va aggiunto che il preannunciato trasfe– rimento della produzione dei motori di serie alla Pelizzari, che certamente no". potrebbe evvenire in un pen?do di tempo inferiore ai due-tre anm, _com– porterebbe un evidente fattore di mcer– tezza su un mercato nazionale in gran parte coperto dalla produzione este• ra con uno sviamento di clientela da°ll'Asgen (che è la sola produttrice nazionale non in difficoltà) ad mdu– strie di altri paesi, che in pratica so- no le sole in grado di assicurare conti– nuità di formture. Ecco dunque che, al di là dell'incom– prensibile ctec1s10ne della Fmmeccani– ca, la sola soluz10ne conveniente econo– micamente e accettabile soc1a1mente è quella di un piano di ristrutturaz10ne ctel setttore che, comprendendo le a– ziende dissestate passate di recente al gruppo pubblico, faccia dell'Asgen la capo-gruppo del ramo, allarganao even– tua1mente il ventag!lo comp1ess1vo del– le produzioni e non già esc1udencto Sestri dalla produz10ne dei motori di serie. Un'esclusione d'altro canto che con– trasta con l'esigenza da tempo indi· viduata per l'industria genovese di es– sere mmrizzata verso la produzione di beni strumentali, in quanto lo sta– bilimento di Sestri verrebbe riconver– tito alla produzione di attrezzeria auto– mobilistica. Se queste sono considerazioni su a– spetti economici generali, ciò che pre– occupa maggiormente sono però le conseguenze sull'occupazione dell'ope– razione. Al di là dei comunicati uffi. ciali che assicurano il mantenimento dei livelli occupazionali, è chiaro che dei 650 dipendenti interessati dalla trasformazione ( i quali nella realtà superano di gran lunga il migliaio se si considerano la catena commercia– le e le piccole e medie aziende indot– te) forse soltanto 250 potrebbero as– soggettarsi a riqualificazione, dalla quale sarebbero certamente esclusi i lavoratori meno giovani e le donne. Una perdita, quindi, effettiva di po– sti di lavoro e di un patrimonio di specializzazione che la saturazione del– le altre industrie pubbliche genovesi non consente certo di poter compen– sare se non in termini antieconomici. Perchè tutto questo? Al fondo, co– me sempre, affiora il sottobosco poli– tico. La dolorosa condizione in cui so– no venuti a trovarsi i lavoratori di Arzignano, per i quali occorre si ope– ri immediatamente, è di per sé moti· vo sufficiente per non acuire i con– tra~ti e non ctare la sensazione di con· trapporre lavoratori a lavoratori. Alla base di tutto, però, stanno le responsabilità del doroteismo vicen– tino legato a Piccoli e a Rumor, gravemente compromesso nel dissesto della Pelizzari. Società di fresca in– venzione come la Spi e la Eletar, in· serite nell'operazione di irizzazione dell'industria di Arzignano con non chiare manovre di sottobanco tese ad assicurare coperture e potere ai loca– li notabili dc, hanno fatto sì che Il mi– nistro delle partecipazioni statali im– ponesse, al di là di altre considerazioni, una soluzione che i lavoratori e la co– munità genovese non possono non stig. matizzare nei suoi aspetti deteriori. IL COMPITO DEI PARTITI E DEI SINDACATI Una funzione curiosa, invero, quella assolta dal ministero delle partecipa– zioni statali, passato - dalla sua i– stituzione ad oggi - da distaccate funzioni di ratifica notarile delle deci– sioni dei tecnocrati di stato a quelle di imposizione di soluzioni in favore di correnti partitiche. Un ministero che sappia dare alle partecipazioni statali un indirizzo po– litico organico ed incisivo, conforme ai fini e agli interessi dello sviluppo generale del paese, è ancora, dunque, tutto da inventare. Anche i sindacati, peraltro, a Vicenza e a Roma, di fron– te al fallimento della Pelizzari, hanno manifestato una presenza confusa e non sempre distinta da quella delle forze politiche più compromesse. Ora, però, hanno opportunamente scelto la strada di decidere il proprio atteg– giamento sulla base di un piano go– vernativo dell'intero settore elettromec– canico e della termomeccanica stru- liote aginobianco mentale già richiesto dal ministro del lavoro a quello della programmazione economica. Di fronte ai lavoratori del– l'Asgen il compito dei sindacati è pre– ciso: debbono imporre, più chiaramen– te e incisivamente di quanto non ab– biano fatto sinora, che nella ristrut– turazione del settore i lavoratori e la comunità genovese non abbiamo a pagare altri prezzi oltre quelli pa– gati in passato. Il ruolo dell'industria ligure da ri– strutturare non può essere quello di cedere la propria funzione di capo gruppo e di indirizzo produttivo ad altri, ma, semmai, altri debbono con essa unificarsi per trarre vantaggio dall'esperienza accumulata e dall'effi– cienza tecnologica in atto, ottenuta sotto la spinta delle lotte sindacali del recente passato. Sarà questo il punto discriminante sul quale si do– vrà imperniare la vicenda dell'Asgen. Da parte loro, i partiti, ed in parti– colare quelli che amministrano la cit– tà, oltre agli ordini del giorno, agli in– contri ad alto livello cui molti ormai guardano con rassegnato scetticismo, hanno il dovere di sostenere diretta– mente la lotta dei lavoratori, che al momento attuale è l'unico strumento con cui Genova può ancora essere po– sitivamente difesa. Se così non sarà, con le nubi che avvolgono il futuro del centro side– rurgico di Cornigliano, con le grandi manovre di concentrazione privata e pubblica che sono in atto alle spalle del!'Ansaldo meccanico-nucleare, la conferenza territoriale sulle partecipa– zioni statali potrebbe ridursi ad un rito funebre per l'industria di stato in Liguria. Ugo Signorini Ci volle un altro sorso, genero• so di Armagnac, poi, Jacques, il vecchio telegrafista, con la visiera verde sugli occhi, in maniche di camicia, raggiunse il palazzo del- la provincia. Era presto, ma il se– gretario del presidente, Edile Pois– son, era già vigile. « Poisson! - gridò con un ran– tolo il vecchio Jacques - Il gene– rale Boulanger ... colpo di Stato ... siamo fritti». L'idea del « fritto » mise di malumore Poisson, il qua- IL CONGRESSO PROVINCIALE SOCIALPROLETARIO ILPSIUP ELASINISTRA D ALL'ESAME delle mozioni di sezione e della relazione del segretario pro- vinciale del Psiup genovese, ci colpiscono due cose. La prima è l'as– senza di riferimenti locali: il congresso, a leggere le mozioni e la relazione, avrebbe potuto tenersi in qualunque altra parte dell'Europa occidentale. La se– conda è che il Psiup vuole collocarsi, sia sul piano ideologico che su quello politico, a sinistra del Pci. Sul piano ideologico, infatti, il linguaggio della relazione ç quello di un integrismo classista che rifiuta il realismo come misura del discorso politico. Mentre il Pci tenta distinzioni più articolate e complesse, il Psiup sembra chiudersi nella torre d'avorio di un classismo senza dubbi. Sul piano politico, la relazione attacca i comunisti: il Psiup evidenzia le proprie simpatie per la Cina e riversa sull'altro partito di classe il pro– blema della repressione in Polonia e in Cecoslovacchia. li Psiup riprende quindi la tesi trotzkysta secondo cui l'Unione Sovietica non rappresenta una società socialista perché in essa vi è « una gestione bu– rocratica e tecnocratica » (se non andiamo errati questa è l'accusa che Lelio Basso mosse qualche tempo fa al Psiup medesimo). Il trotzkysmo risulta chia– ramente il non riconosciuto punto d'incontro di tutti i comunismi antiso– vietici, anche se poi le interpretazioni divergono. E' pure trotzkysta l'idea di una non correlazione tra lotta di classe internazionale e la politica dell'Urss. La convergenza, quindi, del Psiup genovese con le posizioni del « Ma– nifesto» sembra notevole. Solo che il gruppo di Pintor svolge un discorso più complesso e articolato. Anche il discorso sulla sinistra dc e sui socialisti dipende dal ristretto quadro ideologico che il Psiup assume: vi è uno schieramento di classe, la cui ala tendenzialmente « opportunistica » è il Pci e la cui ala coerente è il Psiup, partito del « vero socialismo». Tutto il resto è « borghesia », cioè anti-proletariato. Ma, in questa notte in cui vi è posto solo per vacche grigie e vacche nere, come riconoscere la specificità di qualunque posizione? Come chiedere alla sinistra cattolica di adottare una linea ideologica che non può essere la sua? La sinistra cattolica non può non tendere ad una società in cui il pro– blema chiave dell'uomo appaia la rivendicazione del primato della persona sulla proprietà e sul potere, in senso non materialistico. Questo discorso, però, per il Psiup è «borghese»: e allora qual è il senso dell'appello ai lavoratori cattolici e socialisti, se non quello di un appello a semplici masse d'urto che debbono perdere la loro personalità politica per integrarsi nell'integrismo socialproletario? Non desideriamo, tuttavia, cadere nella medesima prospettiva corta del Psiup e considerare chiuso il nostro discorso con quel partito solo sulla base del rifiuto delle qualifiche borghesi che vengono attribuite alla sinistra cat– tolica e sulla base della nostra critica all'ideologia psiuppina. Vi è, nelle tesi espresse al congresso provinciale del Psiup, una prospet– tiva democratica legata al tema della partecipazione di notevole interesse, da stimolare ed approfondire. La società dei consumi è troppo disumana e con– formista perché si possa rinunciare tranquillamente a questo fermento. A. G. le entrò nel gabinetto privato del presidente M. Gabriel de Péìques, noto per il coraggio indomito di– mostrato nei momenti critici del– la vita politica. Gabriel era ter– reo. Alla notizia che Poisson gli comunicava con lo sguardo com– punto, disse soltanto: « Edile, che pensi? Metteranno il vicepresiden– te Mèole al mio posto? Dimmi la verità? Non dirmi pietose bugie ». Poisson non sapeva che pesci pigliare « Valli a capire i sociali– sti - pensava rapidamente - sa– rà bene che mi metta al vento ». Poi soggiunse senza alzare gli oc– chi: «Man Président, sarà bene che vi diate malato». « Idea eccellen– te! » esclamò e corse a casa: per prudenza, si mise addirittura a letto. Poisson che era prudente, si re– cò allora al Palais de la Region e cercò del presidente. Usceri ci– nerini gli indicarono la sala di M. Jean Daninos. Il segretario La Tour si affrettava affranto tra il presidente Daninos e il presiden– te Machiavel svenuti con una fia– la di sali. « S'il vous plait, mes présidents, - diceva La Tour - animo, non sappiamo ancora nien– te... c'est rien... bon courage... » I due rantolavano. Si riebbe Ma– chiavel, dopo abbondanti sorsi di Beaujolais, si guardò intorno: «Mi ci vorrà una camicia adatta. Di che colore La Tour? ». La Tour si strinse nelle spalle: « Non so, pe– rò, per prudenza, mi terrei sullo scuro ... ». Poisson annuiva. Entrò Jean Persois, assessore de la Republique, a chiedere le novità. Il presidente Daninos, fi– nalmente rinvenuto, bofonchiò: « Tutta colpa di quello lì, da quan– do c'è lui, ci capitano solo guai». Il vicepresidente Serge Ferrer era disperato: « Lo so come si va a finire con questi regimi, lo so. Magari non si perde il posto, ma bisogna adattarsi a volgarità d'o– gni sorta. Vengono fuori le malin– conie autarchiche: non potrò più comprare le camicie a Londra! Ah, com'è preziosa la libertà che si perde! ». E per consolarsi reci– tava l'orazione di Antonio sul ca– davere di Cesare come Jean Luis Barrault. E gli altri? Tutti a casa a cer– care vecchie divise militari, cami– cie nere, insegne, aquile, simboli del passato prestigio napoleonico. Tutti vantavano un passato legio– nario. Trascorsero ore di febbrile attesa: l'unico perplesso era Jo– seph Roland-Petit, capo del par– tito neo-nazionalista, il quale non aveva ricevuto alcuna notizia e non sapeva se uscire per le strade vestito da Maresciallo di Francia o continuare a spiegare l'abbece– dario ai suoi più fidi collaborato– ri. Nel dubbio preferì attendere. E fece bene. Il giorno dopo, dopo una notte di terrore, giunse una smentita. Boulanger non era un generale, ma una marca di Cognac che cercava un lancio pubblicita– rio, forse il primo clamoroso del secolo XIX. Il sole del mattino baciò quella fortunata terra di Provenza, de Piìques uscì dal letto e tornò in ufficio dove Poisson lo attendeva col sorriso di sempre. Daninos e Machiavel ripresero la vita di sem– pre, Ferrer ordinò due dozzine di camicie di batista a Londra, Per– sois andò anche lui in ufficio: il sole reclinò e venne fuori un mi– stral del diavolo. Pedullat tornò ai suoi ordini del giorno. Soltanto si decise che il vecchio Jacques non era più all'altezza e fu messo in pensione, con una legge spe– ciale per i combattenti. Senon– ché... si cominciò a litigare per la sostituzione: il posto di impiega– to al telegrafo faceva parte d'un accordo " globale »... Il mistral che soffiava sollevando onde di qualche metro non riuscì a copri– re il clamore della eterna « que– relle ». Bébert

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