il Potere - anno II - n. 2-3 - febbraio-marzo 1971

pag. 2 L'IMPORTANZA D'ESSERE PRESIDENTE In attesa del signor X LA nostra costituzione non è una co- stituzione presidenzialista. Il suo modello è stata la costituzione della pri– ma repubblica tedesca (I 919), la costi– tuzione di Weimar. Questa costituzio– ne prevedeva l'elezione diretta del par– lamento della repubblica da parte del popolo. Tuttavia, nella crisi nazista, si verificò un contrasto tra il presidente Hindenburg (politicamente più a de– stra del parlamento) ed il parlamento: ciò agevolò l'ascesa al potere di Hitler. Del resto, anche l'avvento del governo fascista in ltalia era avvenuto median– te un atto extra-parlamentare della co– rona. Ciò indusse i costituenti italiani ad evitare di rafforzare il presidente della repubblica mediante l'elezione di– retta del corpo elettorale, affidandone invece l'elezione al parlamento. Il pre– sidente della repubblica contraeva così un vincolo politico con le assemblee parlamentari, invece che con il corpo elettorale. La seconda repubblica tedesca (1949) abbandonò la figura del presidente co– me figura politica, togliendogli persi– no il potere di risolvere le crisi di go– verno; ma promosse, invece, la figura del cancelliere, che viene eletto diretta– mente dal parlamento: l'elezione di– retta sostituisce il voto di fiducia del– le camere. Con ciò si è ottenuta nei fatti di stroncare le crisi extra-parla– mentari e di rendere praticamente im– possibili quelle parlamentari. ll costituente italiano invece manten– ne la figura del presidente della repub– blica sulla medesima linea della corona nel regime parlamentare pre-fascista. Successore del re, il presidente della repubblica ne ereditò i poteri e manten– ne un ruolo nella scelta del presiden– te del consiglio, tanto più che il mec– canismo della formazione dei governi rimase identico nel regime parlamen– tare pre-fascista e post-fascista. Granchi ritenne di poter usare delle divergenze interne alla Dc per costi– tuire un governo monocolore presiden– ziale, su cui sarebbero confluiti i vo– ti del Psi. Cosl l'« apertura a sinistra» sarebbe stata strappata dal vicolo cie– co in cui i partiti l'avevano posta, e si sarebbe attuata mediante un gover– no di diretta emanazione del presiden– te. Per questo, dopo che Malagodi a– veva fatto cadere il governo Segni, in protesta delle dichiarazioni filosociali– ste di Moro, e dopo che Segni non e– ra riuscito a formare un governo aper– to al Psi per il veto ecclesiastico, egli mandò alle camere il monocolore aper– to di un suo uomo di fiducia, Tam– broni. Ma i socialisti, stanchi di esse– re definiti i moschettieri del Quirina– le, lasciarono Granchi in asso. LA caduta del governo Tambroni of- frì l'occasione politica per una for– mula monstre, la convergenza: liberali, socialdemocratici e repubblicani sosten– nero un monocolore democristiano, cui non mancò l'astensione socialista con l'approvazione di Togliatti. Con ciò la iniziativa era passata dal presidente ai partiti: anzi era passata all'assemblea parlamentare nel suo complesso, perché la crisi venne risoIta non con la crea– zione di una maggioranza parlamentare, ma con una decisione che coinvolse tutte le forze politiche del parlamen– to ad eccezione dei missini e dei mo– narchici. Fu una svolta costituzionale decisiva, le cui conseguenze durano an– cora oggi. Sia Segni che Saragat cer– carono di restaurare il potere presiden– ziale, seguendo ancora la linea di Gran– chi. Segni ricevette, ostensibilmente, il co– mandante dei carabinieri durante una situazione di crisi politica. E' diffici- il POTERE le credere che egli programmasse un colpo di stato: probabilmente Segni si era reso conto che il centro-sinistra conduceva alla maggioranza aperta ai comunisti (secondo la logica del regi– me assembleare che si era instaurata con la convergenza) e mirava a costi– tuire una formula diversa dal centro– sinistra, più a destra. Egli non voleva, correre rischi di moti di piazza. Anche Saragat si è trovato, in peg– giori condizioni, a lavorare sulla li– nea Granchi. Anch'egli vuole evitare l'allargamento a sinistra: ma non ha altra alternativa che il centro-sinistra. Anch'egli perciò sceglie non solo il pre– sidente del consiglio, ma anche la for– mula. Ciò fu manifesto nella brusca rinuncia all'incarico di Moro, quando que_sti si era cautamente mosso, quale presidente incaricato, sulla linea di una formula Dc-Psi, dopo il fallimento del– l'unificazione socialista. l L problema è ora questo: continue- rà il presidente della repubblica ad essere il garante, non solo dell'ordi– namento costituzionale, ma anche del concreto assetto politico del dopoguer– ra. che suppone maggioranze definite e formule chiuse? e che in concreto si– gnifica l'emarginazione dei comunisti dal governo? O invece il presidente diventerà un semplice notaio del parlamento, e rati– ficherà senza interpretarle le scelte dei partiti? In questo secondo caso il nostro regime parlamentare farà un passo de– cisivo verso la lettura assembleare del– la presente costituzione. Questo e l'enjeu delle elezioni pre– sidenziali. I comunisti giocano qui la loro carta decisiva. Essi hanno sempre preferito, paradossalmente come De Gasperi, un presidente della repubbli– ca debole. Il loro presidente deve es– sere stile Einaudi, non stile Granchi. E' singolare che l'interpretazione par– lamentaristica di De Gasperi che fu uo– mo di centro-destra giovi oggi ai comu– nisti: e che l'interpretazione presiden– zialistica di Granchi, che fu uomo di sinistra, sia diventata l'ultimo scudo dei partiti laici e dell'assetto politico tra– dizionale. Presidente cattolico o presidente lai– co? Moro, Fanfani, De Martino, La Mal– fa, Pertini o il signor X? Anche noi nei prossimi numeri analizzeremo la prospettiva concreta della più impor– tante elezione presidenziale della nostra repubblica. * I RAPPORTI ITALIA - USA Febbraio-Marzo 1971 CONSIGLI DI QUARTIERE Unconvegno suldecentrame J componenti dei 24 consigli di delegazione e di quartiere del comune di Genova si sono riuniti sabato 13 e domenica 14 marzo per discutere i problemi del decentramento. Il lungo titolo scelto per il convegno poteva far pensare ad un incontro di studio; come, del resto, la limitata pubblicità data all'iniziativa (manife– sti comunisti a parte) poteva far prevedere un'atmosfera rarefatta da ad– detti ai lavori. Niente di tutto questo. Sono stati due giorni di accesi dibat– titi, di vivaci polemiche, di continui confronti: due giorni durante i quali le varie forze politiche non hanno risparmiato sforzo alcuno per rimanere al centro di un discorso che potrà avere sviluppi decisivi per la vita della nostra città. E non sono mancati i colpi dì scena: alla conclusione dei lavori i gruppi della Dc e del Psi, contro ogni ragionevole previsione, hanno presentato due diversi ordini del giorno, rivelando, almeno formalmente, una fino ad oggi insospettabile diversità di vedute sui problemi e sulle prospettive del de– centramento. Da più parti è stato espresso il dubbio che tanta vitalità trovi la sua principale ispirazione nell'imminenza delle elezioni comunali. Dubbio legit– timo. Noi preferiamo però pensare che si sta perfezionando una nuova do– manda politica: la domanda da parte dei cittadini di contare di più, di es– sere più presenti nei momenti decisionali. Ed è un fatto molto importante. E' per questo che rimandiamo ad altra sede, o ad altra occasione, con– siderazioni sull'operazione tattica dei socialisti, sui voti riportati dal Pci, protagonista del convegno, sull'assenza dei consiglieri democristiani. Ed è per questo che centriamo la nostra attenzione, più che sui documenti stilati dalle forze politiche, più che sulle riunioni interpartitiche tenute nelle salette riservate, sul dibattito assembleare che ha rivelato nella pluralità de– gli interventi un'autentica volontà di collaborare alla crescita della comunità. Riteniamo che questa ansia partecipativa vada salvata, anzi alimentata. Riteniamo che a monte di modifiche di regolamenti o di nuove proposte di legge si debba ancora approfondire il discorso sul senso e sui contenuti dell'autogoverno. Con questo intento, sulle colonne che seguono, proponiamo a quanti in– tendono dare vita ad un confronto di idee e di esperienze, l'intervento tenuto al convegno sul decentramento da R. E. Giangoia su una tei temi certa– mente più scottanti: l'elezione dei consiglieri di quartiere e di delegazione. J consigli di quartiere sono nati con lo scopo di stimolare e mettere in atto un processo di democrazia e con l'intento particolare di recuperare i cittadini al controllo democratico dei servizi di interesse comune. Essi de– vono diventare uno strumento per l'e– sercizio di reali poteri da parte dei cittadini, i quali oggi richiedono una sempre più larga ed autentica parteci– pazione alla formazione della volontà generale. L'obiettivo da proporsi è quello di rovesciare completamente u- Vittorio Traverso FU sulla questione della scelta del presidente del consiglio che si ebbe con Granchi una novazione nella prassi tradizionale. Eletto, in contrasto con il partito, alla carica di presidente della repub– blica, Giovanni Granchi volle accetta– re l'autonomia dei poteri presidenziali in molti modi, ma soprattutto attra– verso quello di designare, in occasione delle crisi di governo, non solo il pre– sidente incaricato ma anche la formu– la. Nelle sue iniziative, Granchi eb– be il sostegno di Nenni e del Psi, che erano stati parte determinante nella sua elezione. IL VIAGGIO DI COLOMBO na struttura centralizzata e verticale del comrme, per creare una sene di organisn1i di base, dai quali parta ve• ramente la formazione delle decisioni. Non si tratta qwndi di decentrare delle fW1Zioni amnunistrative, n1a si deve tentare una riappropriazione della po– litica al propno ambito sociale. Per questo, volendo raggiungere risultati nuovi, che mutino 1 tipi di rapporti, si deve fare del consig110 di quartiere un'occasione di inventiva e di creati– vità per ridare vita alla democrazia. Mi pare conseguentemente logico, quin– di, che i consiglieri di quartiere deb– bano essere eletti direttamente dai cit– tadini, tenendo conto della proporzio– nalità al numero dei voti raccolti in quella circoscrizione nelle liste presen– tate all'elezione comunale, e, come di– rò in seguito, delle altre realtà e for– ze sociali, operanti nel quartiere. So– prattutto la loro nomina non deve pas– sare unicamente attraverso gli appara– ti dei partiti, in quanto strutture non più capaci di mediare vitalmente il rapporto tra cittadini e potere politico. COMITATO DI REDAZIONE Luciano Faragutl . Alberto Gagliardi Rosa Elisa Giangoia - Bnmo Orsini Filippo Peschiera • Ugo S!gnorlnl Gianni Tamburrl . Vittorio Traverso RESPONSABILE Alberto Gagliardi Indirizzo: Casella Postale 1665 16100 Genova Aut. del Trib. di Genova n. 14/70 del 4/4/1970 Uffici: Salita Pollaiuoli 13/1 Genova Una copia lire 100 Abbonamento annuo lire 1000 Il versamento va effettuato usufruen– do del c/c postale n. 4/6585 intestato a • Il potere• Casella Postale 1665 16100 Genova PUBBLICITA' L. 150 al mm/colonna Distributore: Tardito, via S Stefano 32 Genova Tipografia: Grafica BI-ESSE• Genova Telefono 58.18.60 e OLOMBO è andato in America. Per i nostri governi, il viaggio in Ame– rica è un viaggio importante. Gli Stati Uniti non ricevono monocolori pendo– lari né centro-sinistra instabili. Prima dell'invito, certamente, l'ambasciata a– mericana s'era rassicurata sulla stabi– lità del governo. Il partito della crisi ha perso credito. L'avallo del viaggio ha rafforzato Colombo sulla destra della sua maggioranza. La Mal/a e Fer– ri non avrebbero certo fatto cadere un governo che aveva appena ricevuto un premio di stabilità a Washington e sul cui perdurare avevano probabil– mente fornito assicurazioni oltre A– tlantico. Il viaggio di Colombo e di Moro ha però un significato più importante di quello costituito dall'esame di stabili– tà. E' chiaro che essi hanno discusso, a Washington, i rapporti tra Pci e maggioranza, soprattutto per quanto concerne le alleanze internazionali del– l'Italia. La linea americana al riguardo è ab– bastanza chiara; diversamente dai de– mocratici, i repubblicani si interessa– no solo della politica estera, e non della politica interna, dei loro alleati o protetti. In America Latina, lo spazio di auto– nomia dei singoli governi è cresciuto: non ci dobbiamo meravigliare che, an– che in Europa, sia oggi maggiore di ieri. Tuttavia il vincolo di politica este– ra rimane: ed è per questo che i go– vernanti americani hanno chiesto ed ottenuto un maggior impegno italiano nella Nato. E' dunque possibile che non ci sia– no veti americani verso meno rigidi rapporti con il Pci per due ordini di motivi. In primo luogo perché gli ame– ricani sanno bene che vi sono resisten– ze obiettive oggi insuperabili alla vera e propria inclusione del Pci nella mag– gioranza: la maggioranza aperta è la forma più a sinistra che il Psi possa reggere senza entrare in crisi sulla sua destra. In secondo luogo, perché, alla fine dei conti, lo stesso Pci sa bene che i rapporti con l'occidente ed il capitalismo maturo non sono inden– ni da legami di politica internazionale: e che entrare nell'area del potere, in un sistema politico come quello ita– liano, vuol dire per forza accettare lo inserimento nel sistema americano. Quali problemi di politica estera pos– sono ancora drasticamente dividere il bibliotecaginobianco Pci dagli Stati Uniti? I comunisti italiani non sono inte– ressati ad uno scardinamento della po– litica dei blocchi: proprio il fatto che l'Unione Sovietica punti ad una pre– senza attiva nel Mediterraneo, rende difficile un neutralismo italiano che non sia anche, di fatto, un avvio al– l'integrazione nell'area controllata dal– l'Unione Sovietica: e per il Pci ciò si– gnificherebbe inevitabilmente la per– dita della sua autonomia politica, la piena subordinazione agli interessi im– periali dell'ùrss, il rischio di una gros– sa epurazione nei suoi quadri. Lo scudo atlantico è anche lo scu– do dello spazio del « policentrismo » togliattiano in Italia. Il vero ostacolo a più duttili rappor– ti tra il partito comunista e la maggio– ranza, in materia di politica estera, è legato al Medio Oriente. Se le grandi potenze riescono a condurre arabi ed israeliani al tavolo delle trattative, il problema diventa solubile: altrimenti da. "d.:+-::. ~ cinema tJI~~ Via Carducci 1 A • Tel. 590.757 Lavoratore, Studente, Intellettuale IL DANTE D'ESSAI è il tuo cinema Cicli di registi Incontro con Problemi mondiale attori sociali nel cinema Rassegne di cinematografie nazionali In collaborazione con le associazioni e u I tura I i democratiche cittadine La programmazione più qualificata della città no. Il filo-arabismo non è infatti un elemento secondario nella politica del Pci. Mantenere un contatto con i go– verni arabi può essere, per l'Italia, un 1nodo per assicurarsi una certa auto– nomia politica nel quadro dei presenti rapporti di forza nel Mediterraneo: e del resto è proprio l'autonomia poli– tica dell'Italia e della Jugoslavia che consente ai governi arabi di non tro– varsi di fronte soltanto alle flotte, alle basi e agli interessi delle grandi po– tenze. Il Pci può giocare una carta nazionale in politica estera solo rilan– ciando la politica italiana nel quadro dei presenti rapporti di forza nel Me– diterraneo: e per questo non può, in nessun modo, sposare la causa di J. sraele. Diversamente dalla Dc, che gio– ca la sua forza nel quadro della realtà cattolica internazionale, il Pci può spe– rare di porre il suo segno nella poli– tica estera italiana, solo se l'Italia ha un suo spazio di autonomia in tale ambito. Le chiavi di una diversa articolazio– ne tra comunisti e maggioranza, dal punto di vista della politica estera, stanno dunque nella dinamica dei rap– porti tra arabi ed israeliani. Una schiarita nel Mediterraneo orien– tale comporterebbe una certa stabiliz– zazione all'interno dei vari paesi: la loro politica estera, senza mutare gli equilibri politici generali tra le grandi potenze, potrebbe avere una dialettica più libera. Naturalmente i problemi del Medi– terraneo vanno visti nel quadro di u– na stabilizzazione generale dei rappor– ti tra Usa ed Urss. Arabi ed ebrei possono pacificarsi soltanto all'interno di una mediazione e di una garanzia delle grandi poten– ze: e ciò rinvia, dunque, alle forze di equilibrio generale ciò che non può es– sere compiuto dalle forze di equilibrio locale. Possiamo quindi concludere che a– vremo, in politica estera, un avvicina– mento tra Pci e maggioranza se arabi ed ebrei andranno d'accordo, e non l'a– vremo in caso opposto? Questo ci sem– bra vero, come linea di fondo: qualun– que accordo che comprenda il centro– destra della Dc e il centro-destra del Pci è destinato a cadere in occasione del primo voto italiano all'On?L sui dis– sensi palestinesi, se questi perdure– ranno. Sergio Romano ::;1 tratta in particolare di evitare di ripetere l'antica impostazione politica dei grandi partiti di massa, che per motivi storici ed ideologici hanno in– terpretato il loro rapporto con le ri– spettive basi in termmi di prevalenza dell'apparato burocratico sulla parte– cipazione di base, intesa come occa– sione di trasformazione del sistema. Per superare questa attuale situazione non è sufficiente però prospettare sem– plicementel'elezione dei consiglieri di quartiere dirette.mente dai cittadini. Se infatti si chiamassero i cittadini ad eleggere i consiglieri di quartiere su liste compilate dai partiti, si tornereb– be a proporre e a ripetere la struttura del consiglio comunale. Occorre quin– di vedere il quartiere nella sua realtà dinamica e pluralistica e far sì che il voto dei cittadini possa prendere in considerazione le indicazioni non solo dei partiti, ma di tutte le realtà vive del quartiere, che formano una nuo– va e complessa articolazione democra– tica, una fitta rete di organismi, asso– ciazioni, enti attraverso i quali si or– ganizza la presenza dei cittadini. Inol– tre l'organismo del consiglio di quar– tiere non può solo esprimere dei pa– reri, non può solo avere una funzione consultiva, ma deve avere la possibi– lità deliberativa, limitatamente alle questioni che riguardano solo il quar– tiere, senza con ciò creare squilibri e disomogeneità sulle decisioni che con– cernono tutta la città. A titolo personale aderisco alla pro– posta sulla votazione di un ordine del giorno tra i consiglieri di quartiere presenti, poiché questa è già una pri– ma occasione per svincolare la deci– sione politica dalla diplomatizzazione del rapporto politico, che si manifesta nella contrattazione tra i gruppi da potenza a potenza, nella sovrapposi– zione verticistica dell'apparato buro– cratico sul reale consenso democrati– co, che in definitiva corrisponde assai bene ad un'organizzazione autoritaria dello stato e della cosa pubblica in ge– nere, propria dell'organizzazione capi– talista del potere. Si tratta di sentirsi responsabili, ciascuno dinanzi alla pro– pria base; non ha senso perciò perpe– tuare il metodo di una continua tutela, cosl come si sta verificando oggi in questo convegno, attendendo il risul– tato di decisioni prese altrove.

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