il Potere - anno I - n. 4 - ottobre 1970

pag. 4 il POTERE lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll GENOVA iiiilì1111111111111111111!n111~11111~1111!11m~1111~1111~111111111111111111111111111111111111111111 I quarantamila dell'alluvione Migliaia di giovani nei giorni dell' alluvione hanno sentito che il mondo non finisce sulle soglie di casa e si sono chiesti come cambiarlo: sono entrati in politica L'ALLUVIONE cittadina ha messo in luce, oltre a gravissime respon– sabilità politiche (collegabili in buona parte alla speculazione edilizia che ap– pare forse come il conto più grave che il paese può addebitare alla sua classe dirigente), tre grossi fatti che meritano particolare attenzione. Non si possono condividere, in pri– mo luogo, commenti melensi di buona parte degli osservatori che, ritrattati im– provvisamente i giudizi apocalittici con i quali da anni hanno gratificato le nuove generazioni, hanno sostituito con grande disinvoltura le lodi alle ingiu– rie, incorniciando il quadro idillico e francamente commovente di quaranta– mila giovani che al momento del biso– gno abbandonano droga e scantinati per salvare vite, case e commerci del cen– tro città e delle delegazioni. Il giudizio per chi scrive appare più complesso. Non sappiamo in quale mi– sura fossero presenti i giovani della Ge– nova alta e della Genova bene e i gio– vani della piccola borghesia e dei quar– tieri poveri e operai. Probabilmente le proporzioni si equivalgono; se così fos– se si dovrebbe ritenere come una par– te dei cittadini, secolarmente lontani, pensi di riappropriarsi della città per cambiarla. Comunque il problema re– sta un altro: perché lo hanno fatto? e così numerosi? Se si fosse trattato di una presenza, sia pure massiccia, limitata alle ore successive al disastro, le rispo– ste non mancherebbero; ma la parteci– pazione dei giovani ha assunto per ol– tre una settimana la portata di un au– tentico movimento che ha mostrato qua– si subito quelle caratteristiche di orga– nicità e di sistematicità proprie delle forze autenticamente organizzabili od organizzate, sostituendo a lungo i pub– blici interventi che, per varie ragioni, si sono rivelati insufficienti e insicuri. Una rivolta che continuerà Per questo si può parlare di un'auten– tica rivolta. Ma contro chi? Certamente contro l'arroganza della « gente per be– ne » che a lungo, specie a Genova, di fronte alla contestazione giovanile ha cpposto una altezzosità così rozza da far dubitare seriamente anche sulle pos– sibilità di una qualche razionalizzazione dei rapporti fra padri e figli (le vicen– de vissute in tante famiglie lo stanno tuttora a dimostrare). Certamente contro la insipienza della classe politica nostrana che ha condotto la città ad una decadenza così profon– da da suscitare dubbi ragionevoli sulle sue possibilità di ripresa. Certamente contro la povertà intellettuale della di– rigenza sociale genovese che non ha saputo (probabilmente non era in que– stione la sua volontà) inventare stru– menti di confronto fra le esperienze delle diverse generazioni ponendo così in crisi, speriamo non in via permanen– te, i loro rapporti reciproci. Per queste ragioni è da credere e spe– rare che la rivolta non finisca. Essa con– tinuerà: si sposterà dalle strade alle fa– miglie, e quei giovani che, nel fango delle strade, forse per la prima volta, hanno sentito che il mondo non finisce sulle soglie della casa e neanche della scuola continueranno i loro discorsi· si chiederanno se il loro padre sia siate sempre fedele alla città e alla società come loro lo furono nei giorni dell'al– luvione. Gli chiederanno se paga tasse giuste. Gli chiederanno se nel suo la– voro si trova da parte di chi impone il potere sociale o di coloro che ne subi– scono l'abuso. Indagheranno per sapere quale spazio separi le cose che dice da quelle che fa; forse per la prima volta si parlerà in famiglia della città, dei suoi protagonisti, delle loi'o responsabilità. Quarantamila giovani, dai giorni del– l'alluvione, sono entrati in politica. Gli operai dell'autunno caldo La nostra buona borghesia e i suoi organi di informazione hanno stretto in un enfatico ma struggente abbraccio di riconoscenza non solo i giovani della contestazione, ma anche gli operai del– l'autunno caldo. Agli occhi della nostra borghesia se i giovani si sono riscattati nel momento stesso in cui si sono in– filati i gambali e hanno spalato il fan– go, i secondi hanno conquistato il di– ritto cli cittadinanza nelle aziende nel momento in cui hanno fatto mostra di coraggio e di abnegazione di fronte al disastro per difendere o riparare le mac– chine minacciate o danneggiate dall'al– luv10ne(magari a costo di dimenticare la casa distrutta e la famiglia alle pre– se con i più elementari problemi della sopravvivenza). L'elogio alla classe operaia ha avuto tutto il tono di un discorso di riconci– liazione. Imprenditori e operai - dice– vano suppergiù i commenti d'obbligo - sono stati tutti vittime di un equi– voco. Gli uni e gli altri si credevano divisi da una frattura irreparabile. In– vece il disastro ha dimostrato che c'e– ra in tutti una falsa coscienza della real– tà, che l'azienda è il reale punto di in– contro e di saldatura delle classi e che alla fine, i conflitti della nostra società industriale sono come «litigi» in fami– glia che inaspriscono un po' i rapporti, ma non ne compromettono la sostan– ziale unità. Nei commenti di questo genere l'al– luvione sarebbe dopo tutto un evento quasi fortunato che ha funzionato da cartina di tornasole e che dà il modo di riprendere da capo il discorso sulle relazioni industriali con più serenità, senza paure o pretese apocalittiche dal– l"una e dall'altra parte. Il cataclisma che diventa così il veicolo di quella « pace sociale » che né i contratti né lo statuto potevano dare: l'alluvione co– me riscatto. Ma con questi commenti la nostra borghesia dimostra di non aver capito né il presente né il recente pas– sato e di non avere perciò norme che possono aiutarla ad orientarsi più sag– giamente nel futuro. Non il passato, perché le tensioni del– l'autunno caldo non risolte dai contratti non potranno certo appianarsi in un pa– tetico embrassons nous, ma in una nuova struttura dei rapporti economici, poli- bibliotecaginobianco ticii sociali a tutti i livelli dell'organiz– zazione. _Non il p~esente, perché i nostri ope– rai contro l alluv10ne non hanno difeso l'.azienda o il suo interesse imprendito– riale e tanto meno il sistema, ma le loro macchine, il loro posto di lavoro, il lo– ro pane, la loro collocazione sociale e politica; e questa difesa non è un fatto o_ccasionale o eccezionale del quale ci s1 possa mostrare gradevolmente sor– presi. E' un dato costante della storia operaia: eccezionale semmai è il suo contrario. Abbiamo visto così gli ope– rai d1 Genova difendere le macchine contro l'alluvione come venticinque an– ni fa li abbiamo visti difenderle contro i tedeschi_:gli operai difendono sempre le macchine e 11loro posto di lavoro. Ma questa difesa non può essere scam– biata ~on u~ ~ontrito omag~io alla pa– ce sociale: e mvece un deciso atto di l?tta, u~a ~ff~rmazione di responsabili– ta e qumd1 d1 autogoverno, una ipote– ca sul futuro. Scontro inevitabile Due concezioni politiche e sociali di– verse si sono scontrate nelle strade cit– tadine. Da una parte stava ovviamente la concezione tradizionale dello stato leviatano che, nonostante apparenze con– trarie, risulta ancora dominante nella amministrazione dello Stato e dall'al– t1:a la concezione opposta di migliaia di persone che hanno cominciato a fa– re da sé. Gli episodi che provano lo scontro sor:io molteplici; ma tuttavia, ancora al d1 là degli episodi menzionati resta il fatto _incontestabile del sospetto'. largamente diffuso presso ogni ammini– st_raz1onecollegata per competenza al d1_sastro,con il quale si seguiva la ge– stione autonoma della salvezza da par– te dei nuovi venuti. Anche sotto questo profilo è da ri– tenere che lo scontro continuerà: da un lato politici e pubbliche autorità dif– ficilmente si salveranno dalla tentazione di preordinare modelli di intervento nei quali le preoccupazioni politiche gio– cheranno inevitabilmente un loro ruo– lo: in faccia starà la realtà dei quartie– ri _sinistrati, d~lle vallate prostrate che chiederanno d1 potere ancora ammini– strare in prima persona la loro salvez– za. La caduta degli storici steccati tra maggioranza ed opposizione verificatasi a_llivelk, di non pochi consigli di quar– tiere, dimostra che, anche domani l'u– nità degli interessi colpiti sarà più' for– te della politica e della burocrazia. B. O. - -- • --- Ottobre 1970 LE CAUSE DELLA CATASTROFE La logica del profitto LA catastrofe dell'alluvione non può essere accolta come una calamità n~turale avv~n.u/a al di fuori degli even– ti controllab1l1 dell'uomo. Al contrario essa è da attribuire prevalentemente al– l'uomo e precisamente alla politica di rapina dell'ambiente che vige nel no– stro i:aese, da decenni, co1ne conseguen– za dz scelte prioritarie indirizzate alla ma~si~nizzazione dei profitti imprendi– tor~alt ed ':'Ila accumulazione dei capi– tai, a scapito delle esigenze umane. I ventisei morti di Genova rappre– sentano solo una parte, certo la più dolorosa, ma solo una frazione dei co– sti sociali che tali scelte producono. J morti della strada dovuti all'insicurezza dei veicoli, le malattie provocate dagli mqu.mam:ntz atmosferici e idrici pro• dott, da industrie o da consumi dome– stici non controllati, le nevrosi e i di– sadattamenti causati dagli stress ambien– tali, le dilficoltà di vita provocate dalla inadeguatezza dei servizi forniti dalla comunità (assistenza sanitaria, abitazio– ne, trasporti, tempo libero, studio) sono alcuni altri costi sociali riferibili alle stesse cause. La situazione ambientale genovese è al limite di rottura: basta un evento anomalo (i 500 mm d'acqua nelle 24 ore). p_erprovocare una catastrofe: una prec,p,tazwne anomala e violenta può provocare una situazione identica a quel- /~ ~ cu_iabbiamo ora assistito; una pre– c,pttazwne, abbondante e prolungata nel tempo puo far nwttere in movimento u.no.o più. dei molti punti in cui l'equi– l,bno stallco del terreno è precario, pro– vocando / rane e crolli. . La val Polcevera, poi, è una polve– riera per v,a delle ra/finerie di petro– lto e soprattutto dei depositi di carbu– rante; una piena del Polcevera abbina– ta allo scoppio ed alla e/fusione nel tor– rente dei liquidi infiammati può provo– care una sciagura di proporzioni apo# ca/ittiche. LA SPECULAZIONE EDILIZIA Nel recente evento si possono ravvi– sare due principali cause: una, a mon– te, con. la mancata sistemazione idro– geologica dei bacini dei torrenti che in– teressano Genova; l'altra a valle con l'indiscriminato sfruttamento a scopi e– di/1catori del suolo e con l'intasamento degli alvei utilizzati come discariche. Si ha, da un lato, un aumento di velocità di deflusso delle acque dovuto all'im– poverimento del manto forestale delle parti alte dei bacini imbriferi, all'au– mento delle superfici impermeabili co– stituite dai tetti del/e case, dalle asfal– tature delle strade, eccetera. Dall'altro lato una diminuzione dei canali di de– flusso delle acque: i letti dei torrenti sono _ridotti dalla costruzione di campi da gioco, dalle discariche,dalla costru• zwne_ di. strade sulle sponde, dal pro– gressivo mterramento naturale non com– pensat_oda_drenaggi; mentre gli sviluppi urbani cosi tumultuosi avvengono sen– za che il comune provveda ad un ade– guato sistema di fognature a causa del– la esiguità dei bilanci. .......... - - . UomJn~ P?litici, amministratori, fun– zionari SI trmcerano dietro l'argomento della mancanza di fondi per la difesa dell'am_biente. Purtroppo è anche trop– po facile vedere la fragilità di tale ar– gomentazione: non ci sono soldi per a/forestare le montagne, ma ci sono per costruire una ragnatela di strade elet– torali o di lottizzazione e tali fondi so– no reperiti, in genere, negli stessi bi– lanci degli enti preposti alla difesa idro– geolog,ca; non ci sono soldi per fare le fognature, ma immense somme sono state _guadagnateda privati con la spe– culazione eddzzw senza che le autorità comunali /_asseroin grado di far paga– re_adegua_t,contributi di miglioria o al– In tributi proporzionali ai benefici ri– cavati dall'operazione immobiliare. Quanto all'assetto del territorio pro– pno la « Relazione di sintesi » recente– ment~ pubblicata dal comune sugli stu– di d, revmone del piano regolatore, a pag,na 4, dà una precisa definizione dello stato di fatto:« ... una struttura appesantita dagli squilibri tipici di un sistema sociale che ha puntato su « va– lori » di sviluppo essenzialmente cen– trati sulla_ pr_oduttività dell'impresa (a danno q.w~dt d1 una crescita organica alla societa e a/l'ambiente), in cui è c/11arala propensione per lo sfruttamen– to delle posizioni di rendita ... ». Mentre si dà atto a/l'amministrazio– ne comunale . dello sforzo che sta fa– c~nclo per 11mvarea una gestione equi– l,brata del territorio mediante strumenti urbanistici adeguati, ci si deve chiede– re se tale volontà sarà resa credibile ~1011 tani~ in se~e disciplinare, quant; zn ~ede di attuaz1011e,mediante concreti attt. Per esempfo, recentemente (8 luglio 1970) proprio nella val Bisogno, il con– s1glw.comunale, senza attendere il nuo– vo piano regolatore, ha approvato un p,ano particolareggiato su terreni in lar– ga parte di proprietà della Società Ge– n:rale Immobiliare, per una estensione d, terreno di 600 mila mq.). LA GRAVE SITUAZIONE IN VAL BISAGNO _Questo grosso insediamento (circa sr:'mil~ persone) di quanto aggraverà la situazione idrogeologica della val Bisa– gno, oggi già (come purtroppo dimo– strato) al di là dei limiti di equilibrio? Non potrebbe il comune sospendere tale provv.e~imento ancora non appro– vato al mimstero dei lavori pubblici in attesa__ d; una verifica della sua com– patibtl,ta, sia _col piano regolatore ge– ~1eralem r~v1s1onee sia della situazione idrogeologica della val Bisagno? Non potrebbe, ancora, il comune so– spendere [sii altri piani particolareggiati varati pmna ciel lavoro della commis– sim,e di revisione ed attendere i risul– tati _delle indicazioni di tale commissio– ne 111 :nodo_da provare cos) la propria volonta polttica di inversione delle ten– den~e dominanti nello sviluppo della c,tta? Cesare Fera

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