il Potere - anno I - n. 4 - ottobre 1970

Ottobre 1970 IL CENTRO-SINISTRA DOPO IL "DECRETO NE,, La mano tesa dei comunisti IL ritiro del decreto congiuntura- le del 27 agosto e la presenta– zione alle camere di un decretone bis rappresenta un momento di av– vicinamento tra maggioranza e Pci. I comunisti accettano il dialogo e la convergenza sulle questioni del rilancio economico, le più vicine alla sensibilità della base operaia del partito, senza troppo preoccu– parsi dell'azione ritenuta meramen– te intellettualistica che sta portan– do avanti il gruppo eretico del • Ma– nifesto». Il Pci di fronte all'anno– so dilemma fra riforme e rivolu– zione sembra scegliere nel primo senso e gettare le basi per un di– verso rapporto con la Dc, oggi più che mai pervasa da profonde sol– lecitazioni interne. Il governo, da parte sua, avreb– be forse potuto fare del primo de– creto il • piave » della formula di centro-sinistra e combattere a fon– do il filibustering del Psiup e dei cinque deputati del • Manifesto ». Questo avrebbe costretto i comu– nisti a sostenere una posizione chiara, quella cioè dell'opposizio– ne. Ma, conseguentemente, quali proporzioni avrebbe assunto la rea– zione delle sinistre interne alla coalizione di maggioranza? IL PSU COME I LIBERALI L'onorevole Colombo ha preferi– to, così, offrire pubblicamente spa– zio agli otto milioni di voti comu– nisti per integrarli. Se ancora oc– correva una prova sicura del tra– monto del centro-sinistra • chiu– so», la si è avuta. Colombo ha ri– calcato in forma più prudente e scolorita il disegno di Andreotti e la politica di Aldo Moro. Tutto pro– cede, apparentemente, nel più ir– reversibile dei modi. I socialdemocratici, colti in con– tropiede, per ora stanno a guar– dare, mentre la stampa tradizional– mente borghese accusa la borghe– sia di cedimento al Pci. Come fu per i liberali, il Psu rischia di esse– re emarginato a sostenitore della « linea antica » della confindustria, ma dietro tale linea è assente la logica del neo-capitalismo italiano. L'uscita più o meno prossima dal– l'area di governo sembra quindi, per il Psu, l'inevitabile epilogo di una lunga serie di errori politici e tattici. LA NUOVA MAGGIORANZA Il problema che Preti e Tanassi si trovano ad affrontare è lo stes– so che si trova ad affrontare lo schieramento che, attualmente, è la chiave della maggioranza all'in– terno della Dc: cioè l'alleanza di Fanfani con i dorotei. Di fronte ad una « nuova maggioranza », pertan– to, Fanfani non può risultarne il possibile leader, anche per quel piglio egemonico nei confronti del– la Dc che lo caratterizza. Moro as– sume, per contro, sempre più l'immagine dcgasperiana di un per– fetto leader di coalizione, capace di fornire garanzie a tutti. In que– sto tentativo il ministro degli este– ri è tallonato dall'ansiosa abilità di Giulio Andreotti, che peraltro è partito forse troppo in ritardo. In ogni caso, se un democristiano può oggi, in una realtà così scollata, aspirare al Quirinale, questi non è Amintore Fanfani. La corrente fan– faniana, guidata da Forlani, può entrare nella nuova maggioranza, ma Fanfani no. Il dissidio tra il pre– sidente del senato e i fanfaniani, che ha sempre rappresentato una potenzialità segreta ma reale della politica italiana, comincia oggi ad avere nitidi contorni. Il convegno di San Ginesio è stata un'opera- zione fanfaniana o forlaniana? e quali responsabilità ebbero i part– ner di San Ginesio nella caduta del governo Rumor, alla luce delle at– tuai i prospettive? IL GRUPPO « VECCHIO DOROTEO » Chi resta invece collocato ai margini della nuova operazione è il gruppo « vecchio-doroteo » di Rumor e Piccoli. Essi non sembra– no avere altra possibilità che fare il blocco d'ordine con il Psu: ma fino a che punto potranno imbar– carsi in questa avventura? e con quali mezzi e prospettive? Il siste– ma ha oggi la forza per sopportare una scissione democristiana a de– stra come sopportò, a suo tempo, quella del Psiup a sinistra. La se– cessione socialproletaria ebbe inoltre l'appoggio concreto di ca– tegorie economiche che tentava– no, in questo modo, di strappare il Psi al centro-sinistra, mentre og– gi ai vertici dell'alta finanza si agi– sce in maniera più duttile e oppor– tunistica che in passato. La prima fase della maturazione comunista per l'inserimento nella sfera di maggioranza risulta, dun– que, scoperta. E' indubbio che oc– correrà molto tempo perché ven– ga tutta alla luce. Tuttavia, la gran– de incognita permane la politica estera. Può un governo a parteci– pazione comunista accettare in Ita– lia le basi Nato? Può un governo a partecipazione democristiana ac– cettare di uscire dal patto Atlanti– co? L'evoluzione continua della si– tuazione internazionale potrà, alla fine, far accettare una simile real– tà nel nostro paese? E' il vero interrogativo di un pro– cesso in apparenza scontato. Alberto Gagliardi La critica alle ideologie poli- tiche, come interpretazio– ni totalizzanti e predeterminate del divenire storico, è ormai un luogo comune: ma l'essere con– sapevoli di una crisi non ba· sta a superarla. Cosa sostituire alle ideolo– gie? Forse la politica delle co– se e dei programmi? La criti– ca che investe le ideologie non risparmia la tecnocrazia: ma se contestiamo il governo dei politici puri e diffidiamo del potere tecnico, resta soltanto il puro rifiuto, il vuoto dell'astra– zione. Noi - che non vogliamo es– sere un giornale d'evasione - sentiamo l'impegno di contri– buire all'elaborazione di pro– spettive che siano positivamen– te contrapponibili alle schiavi– tù ideologizzanti ed ai miti tec– nocratici. In questo senso pensiamo di poter preliminarmente affer– mare che l'alternativa agli ido– li del tempo è costituita, come sempre, da verità e libertà. Le ideologie e le tecniche, di– storcendo la realtà e l'uomo per inserirli nei loro schemi, erigo– no delle signorie: noi vogliamo abbatterle; non ,crediamo in nessun « moderno principe ». Al posto del mito ideologico che s'illude di chiudere il futu– ro ed il giusto in una formula bibliotecaginobianco il POTERE ~ - pag. 3 UNA lETHRA m OON BAGET mzo - ~ __ __,,,...,,,-- -- - -- . ""( ~ Cristianesi .A -~ e ~' -· ...._,_, ideologie politic Cari amici, poiché, sia sulla stampa cittadina sia In lettere semiprivate, è stato posto il pro– blema dei miei rapporti con • Il Potere •, attribuendomi la responsabilità di articoli da me non scritti, preferisco scegliere la più semplice e diretta delle forme per intervenire sulla questione. Ha sempre desiderato che nascesse a Genova un foglio tale da costituire una presenza cristiana nel commento e nella , interpretazione della grande giornata sto– rica che stiamo vivendo. Spero che • Il Potere • svolga, con umiltà e dignità, que– sto còmpito. Chiave di ogni Interpretazione cristia– na della politica e della storia è la cresci– ta dello spazio. della potenza e della di– gnità della persona umana: e, quindi, il deperimento di ogni potere della cosa (e del detentore della cosa) sulla persona. La proprietà Nel mio passato politico. ho combattuto le ideologie politiche e cioè le false pro– fezie della storia futura. Oggi la crisi del– le ideologie è di dominio comune. Quan– do la contestazione si è proposta un'azio– ne politica senza modelli, ha segnato la fine di un'epoca. Non pretendo certo che la contestazione sia l'avanguardia del Re– gno di Ola: dico solo che è il segno della fine di un tempo. Individualismo e s cialismo di Stato - Lavia societaria UNO dei punti fondamentali cui de- ve ispirarsi la nostra azione per il superamento della società capitalistica è la considerazione e la retta interpre– tazione del pensiero cristiano sulla pro– prietà dei beni terreni. Al riguardo è interessante e capitale la riflessione già formulata da san Tom– maso: la persona umana per la sua di– gnità, le sue esigenze e la sua capacità di sottomettere la materia alle forme della ragione, ha diritto alla proprietà dei beni. Ma san Tommaso evidenzia pure che - a causa della primitiva destinazione dei beni materiali alla spe– cie umana nel suo insieme e dell'esi– genza che ogni persona ha dei mezzi (la classe, la democrazia, la cul– tura). proponiamo un'umanità che conosca verità e libertà co– me sua norma. Ciò significa far sì che ogni uomo - anche il più piccolo degli uomini - non sia più oppresso dal potere, dalla ricchezza, dalJa cultura e dalla classe. Il nostro tempo glorifica l'uomo astratto e mas· sifica, disintegrandolo, l'uomo concreto: occorre por fine al potere ingiusto dell'uomo sul– l'uomo sia che esso si eserciti con la mediazione di una ideo– logia totalizzante o, in modo più esplicito, con strumenti tec– nocratico-economici. Per questo occorre fondare ogni cosa sulla fede nella veri– tà e nella libertà; ciò significa acquisire anche un criterio po– litico per scelte di pace e di giustizia di fronte ad ogni pro– blema: un criterio maggiore di ciascuno di noi, ma capace di far crescere chi lo accetta alla misura dell'umanità. Verità e libertà sono princì– pi di politica costituzionale co– me di politica estera, di poli– tica sociale come di politica culturale. Esigono che al tem– po delJe invenzioni scientifiche segua quello deIJe invenzioni umane. Di questo l'umanità ha bisogno: dal suo profondo tro– verà la forza e la creatività per darsi queilo che attende. per potersi indirizzare verso il fine ulti– mo che le è proprio in quanto per– sona - l'uso dei beni individuali ap– propriati deve servire al bene comune. Tommaso afferma espressamente che, per quanto riguarda l'uso, l'uomo deve ritenere le cose esterne non come pro– prie, ma come comuni. Le idee fondamentali sono dunque costruite dall'affermazione del diritto della persona alla proprietà e dal prin– cipio dell'uso comune dei beni. Entram– be sono state dimenticate dall'indivi– dualismo liberale, che ha determinato la reazione del socialismo di Stato. Di queste idee si è storicamente as– solutizzato il concetto di legittimità del– la proprietà privata, in senso egoistico, confondendolo ed identificandolo spes– so con la concezione liberistica e libe– rale, mentre per il cristiano il punto fondamentale è un altro: è la ricerca e l'attuazione nel divenire storico, di quel tanto di proprietà « necessario » alla crescita ed alla realizzazione glo– bale della persona. Perciò i modi in cui attuare questo diritto alla proprietà, collegato alla per– sona umana, possono essere storicamen– te diversi. Poiché la proprietà non è tanto un valore per sé, quanto piutto– sto un mezzo per raggiungere determi– nati fini, il punto fondamentale è co– stituito dalla garanzia di ottenere que– sti fini. Quindi il potere economico non si dà solo come connesso con la proprietà dei beni o con i diritti deri– vanti dal possesso di un patrimonio o con garanzie fondate su di un capitale; vi può essere anche un potere econo– mico efficacemente garantito, connesso con la disponibilità dei mezzi econo– mici adeguati a fronteggiare le diverse possibili necessità. La proprietà privata, in quanto tale, non va quindi dogmatizzata, né vista separatamente dagli altri problemi. Da– ta la sua funzione strumentale, il pro– blema dell'attuazione concreta del di– ritto di proprietà va risolto attraverso mezzi e forme storicamente variabili. L'intervento statale può essere ido– neo a regolamentare tale diritto nella misura in cui lo Stato sia espressione autentica della comunità, ed orienti ai fini del bene comune la dialettica spon– tanea degli egoismi e dei particolarismi. L'interesse collettivo potrà imporre all'esercizio della proprietà privata le più diverse e drastiche limitazioni, com– presa, quando occorra, la nazionalizza– zione dei mezzi di produzione. Noi rite– niamo però che la via da percorrere sia, nel nostro tempo, principalmente quella societaria, in modo che il regi– me della comproprietà si sostituisca, per quanto è possibile, a quello della subalternità, e che le schiavitù alie– nanti imposte dalla macchina siano su– perate per ogni uomo con la parteci– pazione dell' intelligenza di tutti alla gestione e direzione dell'impresa. Rosa Elisa Giangola Non mi interessa, ora, discutere la coerenza di ciò che ho fatto dal '56 in poi e che è oggetto di critiche e di accuse. 11centro-sinistra era allora presentato co- me • incontro storico • tra ideologie e, In quanto tale, strumento risolutore del pro– blema politico dell'Italia post-risorgimen– tale. La storia ha confutato rapidamente tali prospettive. La Provvidenza ha opera– to il suo giudizio in meno di una genera– zione. Oggi tutti sono costretti a guardare la realtà senza miti ideologici e senza speranze negli apparati di potere che ne conseguono. Infatti il rapporto tra ideolo– gia ed apparato è oggi scaduto nella co– scienza dell'uomo al punto che ogni strut– tura di potere ha perso la sua legittimi– tà: è un peso storico, non una speranza. Voi sapete che io non credo al mito della destra o a quello della sinistra. Que– ste parole sono stanchi residuati delle ideologie, etichette strumentali. Credo In– vece nel progresso della storia: esso è opera di Dio piuttosto che dell'uomo e perciò appare come il risultato di azioni contrastanti e talvolta persino contraddit– torie. li metro del progresso è il deperi– mento degli apparati politici-economicl– culturall e l"aumento della libertà dell'uo– mo: questa è la faticosa strada dell'auto– governo. Questo è il fine della storia ed il crite– rio dell'azione umana. Portare un granel– lo di sabbia per questo grande obiettivo è riempire di letizia la propria vita: vi augu– ro di volere e di potere gioire di questa letizia che è frutto dello Spirito di Dio. La mia speranza nella vostra iniziativa mi induce a ricordarvi, come cristiano e come prete, il fine perenne dell'azione del cristiano: il cammino nella storia verso la città di Dio. Gianni Baget Bozzo Lo scritto di Baget Bozzo chiarisce il suo rapporto con noi, oggetto, nelle scorse settimane, di tante fantasiose interpretazioni. Tale rapporto non è co– stituito da una convergenza su tesi politiche concrete, ma da qualcosa che è anche più importante. Lui e noi ri– fiutiamo i miti ideologici. Cosa intendiamo per «ideologie»? Baget, nella sua lettera, le definisce le << false profezie della storia futura ,,, Noi (come abbiamo scritto, con diver– so linguaggio, in altra parte di que– sto giornale) intendiamo per tali tut– te le interpretazioni totalizzanti e pre– determinate del divenire storico che s'illudono di circoscrivere il futuro ed il giusto in una formula (la classe, la democrazia, la cultura, la razza, l'eco– nomia, eccetera). Baget, come noi, crede, invece, al primato della persona, alla possibilità di un autogoverno dell'uomo e pensa che il giusto fine della politica consi– sta nel liberare la persona da tutte le vecchie e nuove oppressioni, esplicite o mistificate, che ne comprimono e condizionano la libertà. Noi siamo rimasti estranei e tal– volta critici nei confronti delle espe– rienze politiche vissute da Baget nel decennio che ha preceduto la sua or– dinazione sacerdotale. Ma sappiamo che quanto ci accomuna a lui è la co– sa che conta di più: la fiducia cri– stiana nell'uomo. Oggi non si vive sen– za una fede: e non è vera fede se non quella che comprende in sé tutta la realtà.

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