il Potere - anno I - n. 1 - luglio 1970

Luglio 1970 il POTERE lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll GENOVA REGIO NE PER UNA NUOVA POLITICA DEI TRASPORTI PUBBLICI L A crescita politica dei lavoratori ha avuto una stimolante conferma da 9~,ando es_sihanno cominciato ad agire pm ~nerg1camente per affrontare pro– b!em1 non strettamente salariali che, pe– ro, hanno una notevole incidenza sul costo della vita e, in generale, sullo sviluppo civile del Paese. Non vi è dubbio che un posto rile– vante in questo senso è occupato dalla ristrutturazione dei trasporti pubblici che tolgono alla comunità notevoli ri– sorse, ma, soprattutto, si traducono in spesa diretta, fatica e sottrazione di tem– po libero per i lavoratori. Se si meditasse a sufficienza sul fatto che - a parte altre considerazioni - gli aumenti salariali e le riduzioni di orario, conseguiti a duro prezzo nei mesi scorsi, sono stati largamente as– sorbiti dal continuo aumento della ren– dita fondiaria per quanto concerne l'abi– tazione, e dal costo e dal tempo di per– correnza fra residenza e luogo di lavo– ro, a causa dell'insufficienza dei tra– sporti pubblici, probabilmente sarebbe più facile per tutti comprendere l'esi– genza di lotta che da ciò deriva al mon– do del lavoro che più direttamente ne paga lo scotto. E' questa premessa - forse risaputa ma non per questo meno vera - che ci deve consentire di inquadrare il pro– blema dei trasporti pubblici nel pieno del dibattito sui problemi urbanistici genovesi. Dibattito che ha almeno avu– to il merito di sensibilizzare su di essi una parte della pubblica opinione e di aver imposto una dimensione territo– riale ben più ampia dei ridotti limiti comunali, fino a prendere in considera– zione la cosiddetta area metropolitana genovese. Un'area, cioè, ampiamente pre– varicante i limiti provinciali e compren– dente il basso alessandrino, anche se, certamente, non in termini « coloniali– sti » come si è precisato in sede qua– lificata. D'altro canto, proprio il programma regionale redatto dal Crpe e, soprattutto, il piano di sviluppo di Genova prevedo– no nelle aree dell'oltre Appennino, e in particolare in quelle a tergo delle di– rettrici di Valle Scrivia e Valle Stura, le zone ove possono trovare soluzione quei problemi occupazionali genovesi non solubili nelle aree contigue. Il problema dei trasporti metropoli- tani all'interno del comprensorio più direttamente interessante Genova deve a?co~·a essere razionalmente impostato; ritemamo perciò essenziale che lo si fac– ci~ subito per evitare che quanto si an– dra a realizzare per consentire lo svi– luppo economico, debba, alla fine, es– sere pagato dai lavoratori in termini economici e di tempo libero. _E'vero che il piano comunale per lo sviluppo d1 Genova, a proposito delle infrastrutture, parla, seppure marginal– mente, di « utilizzazione come assi fer– roviari metropolitani dei tronchi Geno– va - Ovada e Genova - Busalla » che con « l'autostrada Voltri - Ovada, dovrebbero permettere il rapido collecramentocon gli insediamenti industriali ~ portuali già esistenti e con quelli che verrano a lo– calizzarsi nelle direttrici dello Scrivia e soprattutto dell'ovadese ». E' vero anche che da qualche tempo si parla con maggiore concretezza della metropolitana cittadina. Non può essere però evitata la sensazione che tutto que– sto abbia la caratteristica del generico a tempo indeterminato. Basta esaminare il conto economico posto a conclusione del programma regionale, per rendersi conto che non esiste alcuna previsione di impegno economico per quanto con– cerne gli « assi metropolitani ferroviari» suddetti. La realtà è che quasi tutto lo sforzo compiuto nel settore delle infrastruttu- re di trasporto è stato rivolto alle auto– strade e, conseguentemente, al trasporto su mezzo privato. La situazione di Genova e della Li– guria, quale era fino ad alcuni anni ad– dietro, non ci consentirebbe realistica– mente di contestare la validità di questo sforzo. Non è possibile però non ricollegarci ad un più generale discorso sulla po– litica dei trasporti in Italia, sul senso e sugli interessi che ne hanno guidato lo sviluppo, sul tipo di società cui questo fatto è riconducibile, su quali leve di potere, condizionando lo sviluppo dei Paese, hanno imposto l' impellenza di quest'ultimo tipo di infrastrutture via– rie. Inoltre, affinché l'ottica fin qui usata non diventi degenerante, vorremmo che non si pensasse che il discorso basato sull'assorbimento di forze di lavoro nel le zone dell'oltre Appennino sia solubile bibliotecaginobianco in ~hiave autostradale. Al contrario, ri– teniamo che se non si compie subito uno sforzo concreto ed incisivo per rea– lizzare adeguate infrastrutture di traspor– to pubblico interessanti e colleganti l'in– tera area metropolitana, non si possa ritenere seriamente di trovare una solu– zione valida ai problemi occupazionali, salvo non pensare di farla pagare inte– ramente ai lavoratori. Per questo ci pare di grande interesse - purché su ciò si sensibilizzi subito il potere locale - il discorso proposto dai sindacati per giungere, allaroando le indicazioni già richiamate del ,Piano di sviluppo di Genova, alla realizzazione di una vera e propria metropolitana « circolare » collegante Genova con Bu– salla, Navi, Ovada e Mele, mediante la prevista trasformazione in tal senso del– le linee ferroviarie Genova - Ovada e Genova- Busalla, fino, rispettivamente, a Carpeneto ed a Navi, e collegando que– ste ultime località con un nuovo tratto di facile realizzazione. Il coordinamento delle gestioni, l'ese– cuzione di idonei collegamenti tra tale « circolare » e la progettata metropolita• na urbana onde consentire il transito ai convogli senza soluzione di continuità, la percorribilità nei due sensi dell'anello con frequenti e veloci convogli rappre– senterebbero una favorevole condizione a vantaggio dei lavoratori dislocati lun– go le principali direttrici dell'area metro– politana per raggiungere, nel tempo mas– simo di 30 minuti partendo da qualun– que posto, gli insediamenti che esistono o che verranno dislocati lungo le richia• mate direttrici di sviluppo. Il comprensorio interessante Genova verrebbe così dotato di una infrastrut– tura non dissimile da altre esistenti in aree urbane di Paesi ad alto sviluppo, e si dispotTebbe di uno strumento fonda– mentale per dare senso concreto agli im– pegni programmatici in ordine ai pro– blemi insorgenti fra dislocazione dei luo– ghi di lavoro e residenza. A qualcuno potrà forse sembrare una proposta destinata a restare nel novero delle speranze. A noi pare invece che la differenzi una caratteristica di fondo: quella di corrispondere ad una esigenza immediata di chi è più direttamente in– teressato ai problemi dell'occupazione ma che, nel contempo, non vuole pagare costi economici ed umani che non sono invece pagati da coloro - facilmente identificabili tra i maggiori detentori del potere economico in I talia - che trag· gono interesse dallo sviluppo indiscrimi– nato della motorizzazione. E' comunque una proposta che merita la considerazione e l'impegno economi– co richiesti da una politica razionale e socialmente avanzata dei trasporti nelle aree metropolitane, nel cui ambito è sta– to messo chiaramente in evidenza la mi· gliore efficienza dei sistemi metropoli– tani ferroviari, in grado di trasportare fino a 40-50 mila persone l'ora, di fronte ai,sistemi stradali ed autostradali in gra– do di trasportare 5-6 mila persone nello stesso intervallo di tempo. A ciò aggiungasi l'ormai dimostrata maggiore produttività degli investimenti nei trasporti pubblici su ferro rispetto ad altri tipi di trasporto, specie per la spesa comportala dalla grande viabilità. D'altro canto, la realtà genovese - che in pochi anni ha visto saturare la capacità di traffico della sopraelevata e congestionato di nuovo al massimo il cen– tro urbano nonostante l'apertura a mon– te di Genova dell'autostrada che ne con– sente l'aggiramento - dimostra la veri– dicità della tesi secondo cui l'ampliamen– to delle strutture viarie serve soltanto ad attrarre nei centri urbani masse di vei– coli superiori a quelle che tali infrastrnt– ture sono in grado di smaltire. Certamente, nel contrasto degli inte– ressi contrapposti, emerge il problema delle priorità, e la collocazione della proposta ricordata sulla scala delle prio– rità regionali assume un chiaro signifi• cato di scelta politica. Una scelta politica che i lavoratori, interessati in prima persona, potranno imporre in funzione del potere contrat– tuale che dimostreranno di possedere. Ugo Signorini I campagnardi LE elezioni regionali han.no se– gnato un notevo"le rafforza– mento dei tradizionali gruppi di potere deJ1Ja Dc ligure. Infatti tutti gli eletti sono di estrazione dorotea, tavianea e sce'lbiana, ad eccezione del fanfa– niano Pastori.no, che, peraltro, ha ottenuto un successo inferiore al– le previsioni. Per contro i candi– dati che si ponevano in termini dialetti-ci nei confronti del tradi– zionale establishrnent democristia– no ligure sono stati battuti sia che si richiamas·sero alle posizio– ni di Aldo Moro, sia che fossero vicini ai sindacati, alle Acli ed, in genere, alle correnti di sinistra. Ne consegue che la rappresen– tanza dc al consiglio regionale ri– schia di essere sdlo parzialmente omogenea alle articola te e com– posi te istanze dell'elettorato del partito e, più in generale, della società di cui dovrebbe esprime– re le tensioni e guidare Io svi– luppo. 'Le cause di tale vittoria mode– rata sono molteplici e, alcune, di ordine generale. Consideriamo, ad esempio, il mancato intervento delle Acli e dei sindacati nella lotta elettora– le: esso ha, certamente, riconfer– mato, coi fatti, nell'ora della ve– rità, -l'autonomia di tali organi– smi. Tuttavia altre organizzazioni, quali ad esempio la « Coltivatori diretti », hanno invece apj)'Oggia– to pesantemente candidati tavia– nei creando così un'evidente si– tuazione di squilibrio. E' presumibile che nelle pros– sime settimane, l'intero problema del « collateralismo » andrà ripen– sato in termini globali. E' inoltre da considerarsi che, come di con– sueto, gli elettori del,le zone fo– ranee hanno utilizzato il voto pre– ferenziale assai più di quelli ge– novesi. Ciò ha naturalmente favo– rito gli uomini dell'apparato, es– sendo più efficace l'organizzazio– ne del voto preferenziale nelle zo– ne rurali che in quelle metropo– litane. Infine occorre rilevare come, ancora una vo'lta, tutte le forze che cr,iticano da sinistra l'attuale gestione della Dc ligure abbiano compiuto il tradizionale errore di anteporre il frazionismo autole– sionistico all'evidente necessità di quella sintesi operativa unitaria e concorde che, sola, avrebbe potu– to consentire la loro presenza nel consiglio regiona'le. • I nuovi • saggi e IRCA due mesi or sono Tavia- ni ha vivacemente criticato il sistema elettorale proporzionali– stico in vigore all'interno deHa Dc. Pochi giorni fa, al consiglio na– zionale democristiano, Fanfani ha ribadito tali critiche, proponendo che la democrazia cristiana adotti nel prossimo futuro i•l metodo maggioritario per la designazione dei suoi dirigenti a tutti i livelli. Sarebbe assai facile affermare che tali proposte sono soltanto strumentali a fini di potere. In– fatti sia Fanfani che Taviani han– no, a suo tempo, largamente uti– lizzato, all'interno deilla Dc, il si– stema proporzionale per dar vita o per rafforzare correnti da loro stessi dirette che han.no contribui– to a frazionare ulteriormente il partito. Inoltre, la proposta Taviani - Fanfani di abolire la proporzio– nale giunge, non a caso, dopo che la scissione dorotea ha dato loro la certezza di beneficiare, assie– me al gruppo di Rumor e di Pic– coli, dell'ipotizzato ritorno ai! me– todo maggioritario. pag. 3 Infine va ricordato che la pro– porzionale favorisce la differen– ziazione, il chiarimento ed il con– fronto delle posi2>ioni politiche, mettendo in crisi gl-i atteggiamen– ti ambigui, furbeschi e polivalen– ti, tipici del'le clientele personali– stiche e dei gruppi di potere. 'La stessa recente esperienza ligure e genovese è dimostrativa in tal senso. 'Le critiche di Taviani e di Fan– fani alla proporzionale, non sono quindi disinteressate. E' innega– bile, tuttavia, che un tale sistema, potenziando le forze centrifughe e valorizzando i particolarismi, com– plica il momento deliberativo e talvolta paralizza quello esecutivo di qualsiasi collettività. Per democrazia non può inten– dersi la riproduzione fotografica in un'assemblea di ogni sfumatu– ra d'opinione esistente in una co– munità. ,Democrazia è, invece, scelta re– versibile - adeguamente elabora– ta, liberamente discussa e civil– mente attuata - di una concre– ta politica e delle energie umane che debbono realizzarla, con i'I co– stante controtlo critico, e, ove oc– corra, con l'opposizione di quan– ti non la condividano. Se democrazia e proporzionale fossero sinonimi, ·dovremmo defi– nire antidemocratici non solo i Paesi dell'est, ma anche Ine:hilter- ra, Francia, Stati Uniti. ~ Il discorso critico sulla propor– zionale è quindi così vasto ed im– pegnativo da non poter essere im– miserito a contingenti fini oppor– tunistici e da non poter essere cir– coscritto alle vicende interne di un partito. Cr,iticare la proporzio– nale nema Dc con gli argomenti di Taviani e di Fanfani, significa criticarla nel Paese. D'altronde discutere la propor– zionale come metodo per elegge– re il parlamento, significa tocca– re i punti nodali dell'attuale, pre– cario e talvolta squallido assetto di potere, fondato sulla partito– crazia e sul voto preferenziale. E' questo che vogliono Taviani e Fanfani? Il brindisi A BEIAMO letto su un giornale cittadino che, in casa di un dirigente democristiano genovese, 1'8 giugno, si è brindato alla vit– toria elettorale del suo partito. Quel brindisi ci stupisce. Infat– ti, nelle recenti elezioni, la Dc ha ottenuto, a Genova, soltanto il 25,23% dei voti e cioè la percen– tua-le più bassa di tutta la sua stor,ia (con l'unica eccezione del– le particolarissime elezioni ammi– nistrative del remoto 1946). 'Lo scudo crociato, dal 1958 ad oggi, ha perso un quarto dei suoi elettori. 'L'8,5% delQ'intero corpo elettorale ha abbandonato, a Ge– nova, negli ultimi 12 anni, 'la Dc. Tale dechno genovese non tro– va alcuna adeguata corrisponden– za nell'ambito nazionale. In tutta Ita,lia la Dc, dal 1958 ad oggi, ha perso il 4,3% dei voti; a Genova ne ha perso quasi il doppio, Q'8,5 per cento, come appunto si è detto. Si consideri, inoltre, che, nello stesso periodo, il Pci, che in Ita– •Jia ha visto aumentare i suoi suf– fragi del 5%, a Genova è salito di oltre il 9%, raggiungendo, il 7 giugno 1970, con il 33,74%, la più alta percentuale degli ultimi vent'anni. A Genova quindi la democra– zia cristiana perde assai più che altrove ed il •partito comunista guadagna assai più che altrove. I motivi di tale singolare linea di tendenza sono certamente mol– teplici e non presumiamo di ana– lizzarli in queste righe. Sembra tuttavia verosimile che il modo in cui la Dc è stata gestita a Ge– nova nell'ultimo decennio, abbia concorso a deteriorarne l'autori– tà e la credibiiJità, anche a van– taggio della forza politica di cui, sino ad oggi, è stata la principa– le antagonista.

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