Nuova Repubblica - anno II - n. 11 - 5 giugno 1954
15 1riornl nel fflondo UNRAGGIO DI SOLE E.., ancora prematuro (almeno ne] momento in cui scriviamo que– sta nota) fare previsioni sul– l'esito della mediazione Eden; cd è forse inutile soffermarsi sui partico– lari tecnici dell'accordo proposto, che è già stato accettato dal ministro degli esteri sovietico Molotov e che probabilmente verrà accettato an– che dalla Francia. Ci basti ricordare che l'azione del ministro conservato– re Eden ha ottenuto l'approvazione perfino della corrente b~vanista_ in Inghilterra, la quale ha r1conosc1uto nel suo settimanale, Tribune, che egli parlava a nome di tutto il paese; mentre la sostanza dell'accordo cop– sistc in una base di tregua attraverso la divisione dell'Indocina in due zo– ne di occupazione. ... Come si vede, non si tratta an– cora di una base definitiva di accor– do di una piattaforma di pace sta– bil~ bcnsl di una ennesima ripcti– zio~e del principio della divisione del mondo in zone d'influenza, inau– gurato nell'incontro di Mosca del– l'ottobre 1944 fra Stalin e Molotov, da un lato, e Churchill con lo stesso Eden, dall'altro. Questo principio, che fu poi clamorosamente consa– crato a Potsdam in merito alla divi– sione della Germania in zone d'oc– cupazione, non ci ha mai trovato consenzienti. Potsdam segnò la fine delle illusioni sulla universalità delle intenzioni dei tre « grandi >· Il loro accordo contro il nazifa– scismo e per 'la creazione di un'orga– nizzazione internazionale stabile ma– scherava semplicemente l'imprepara– zione di entrambe le due maggiori potenze vittoriose a estendere i con– fini della loro egemonia il più vicino possibile ai confini dell'altra. Non importa poi che la politica americana d'intervento sia stata determinata dall'espansione sovietka; o che rap_i– damente la direzione del blocco occi– dentale sia sfuggita dalle mani di Churchill per passare a quelle ame– ricane. Fin dai primi contatti di– plomatici per fissare lo statuto del– l'organizzazione del mondo dopo la sconfitta del nazifascismo si ha in nuce una politica di divisione del mondo in zone d'influenza. Nei primi anni del dopoguerra, quella politica espansionistica, non toccando ancora zone considerate vi– tali dai due contendenti, avvenne senza scatenare rischi di guerra. Una volta sola, forse, quando i russi, con la rivolta ai confini settentrionali della Persia, nel 1946, tentarono di sondare la reattività inglese e ame– ricana, ci fu questo pericolo. Ma al– trimenti l'integrazione dell'Europa orientale nel sistema sovietico e quel– la della Grecia e della Turchia. non– ché delle altre, più distanti, nazioni occidentali, in quello americano, av– venne senza urti notevoli. La guerra minacciò di scoppiare nel 1948, quando i Sovietici dettero segno di voler mutare con la forza lo status quo in Germania, col bloc– co di Berlino; e di nuovo nel 1950, quando, con la forza, si tentò di mettere fine al regime armistiziale in Corea. Il caso della Jugoslavia fu diverso in quanto fu il prodotto di unà crisi interna del CominforJT1: e ancor più diverso fu quello della Cina, dove una rivoluzione autentica– mente popolare, sia pure a carattere comunista, sbalzò dal potere un re– gime impopolare e corrotto come quello di Ciang Kai-scck. Con l'armistizio in Corea, quella Uflicio di ritagli da 1ior"oli • riviste Dirtttore: Umberto Frugiucle Condirettore: Iin,azio Fruiriuele Via Giuseppe Compagnoni, 28 MILANO Corrispandenza: Casella Poatale 3549 Telegr.: F..costampa ca che era stata definita la « guerra fredda », diventava sempre più cal– da con le operazioni militari in corso in quel paese, sembrava dover tramutarsi in qualcosa di diverso, in un ritorno per lo meno allo spirito di Potsdam; ma lo spostamento del– lo sforzo militare comunista dalla Corea all'Indocina ha semplicemente mutato il teatro di operazioni, in un clima politico di distensione più fa– vorevole alle potenze comuniste e in territorio dove la guerra ha quei ca– ratteri di guerra rivoluzionaria con– tro una dominazione coloniale bianca che in Corea non .-iusciva ad avere chiaramente. Una tregua in Indocina, seguita da una pace in Corea, anche se conclusa sulle basi che ispirarono l'accorcio cli Potsdam, potrebbe avere tuttavia un significato diverso dall'accordo che porta quel nome: il primo segnava la via d'accesso a una lotta sempre più intensa per l'espansione delle proprie zone d'influenza da parte dei due grandi blocchi di potenze; l'ac– cordo di tregua in Indocina, su basi analoghe a quelle adottate in Corea potrebbe, volendo, esserne la via di uscita. Ad ogni buon conto, anche se ci si dovrà rallegrare del raggiun– gimento della tregua in Indocina, quel1'accordo potrà avere solo un va– lore interlocutorio, in quanto non toccherà la sostanza del contrasto. Per superare la sostanza del con– trasto fra i due blocchi, ci vorrà forse molto tempo, molta pazienza, ma forse, soprattutto, molta buona volontà da parte dei governanti e un'azione indefessa di reciproca com– prensione. Per collaborare permanen– temente, Oriente e Occidente devono cercare di capirsi a vicenda, devono criticarsi, quando non siano d'accor– do, ma anche riconoscere i meriti che possono avere i loro rispettivi siste– mi in condizioni di vita .tssai di– verse. L'unica alternativa a questo spirito di comprcnsione,che è l'anima di ogni sostanziale democrazia, sen– za la quale non vi ~ né democrazia di tipo americano né democrazia po– polare, è la crociata per far prevalere il proprio sistema di vita nell'altra metà del mondo, è la crociata fatta a parole, a cospirazioni, a piccole Ftuerre locali, finché non si abbia la forza di fare altro, è la ~uerra gene– rale non appena una delle due par– ti abbia l'impressione di essere la più forte. L'Indocina è oggi colonia francese (non importa che il suo regime ven– ga qualificato giuridicamente come complesso di « Stati associati elci– l'Unione francese>); se la gucrrn è, vinta dal Vict-Minh. ha qualche probabilità di diventare indipendente, ma in linea di fatto rischia di cssrrr una colonia cinese; se è vinta dalla Francia rimane colonia francese, con qualche possibilità di ottenere pro– gressivamente una più ampia eman– cipazione, ma chissà a quale costo di sacrifici e cli vite umane. E. forse un bene che la guerra non sia vint, da nessuno, come in Corea, e che nessuno possa prevalere e fare l'uni– tà ~per inserire il paese in uno dri due blocchi, come in Germania. l'. un indice.· tutto sommato, che non è ancora scoccata l'ora perché il mon– do intero sia russificato o ameri– canizzato. Ma il tempo stringe, in Indocina, in Corea, come altrove, perché quel– l'ora non scocchi. perché una delle due parti non si senta abbastan7;, forte, dopo una costosa politica di riarmo e di scoperte atomiche. <1- tcntare. la grande avventura. Vi è poco tempo per ristabilire al di qua come al di là della cortina di ferro un sistema pili clastico di rapporti politici ed economici, un sistema chC' consenta ai < piccoli > di vivere li– beri dai « grandi ». Lo ha capito l'lni?hilterra. che è la maggiore delle «piccole> nazioni occidentali. M'l lo stesso vale per l'Italia e per la politica estrra p~– trocinata da ognuno dei singoli par– titi italia_ni. PAOLO HTTOlltiLl,I NUOVA REPUBBLICA 5 VITA DI FABBRICA II -problema dellaCommissione I terna ELEZIONI ALLA OLIVETTI A lurea ha sede centrale la Oli– vetti, industria italiana di .mac– chine da scifuere e da calcolo. Proprio all'Oliuetti avranno luogo, prossimamente, le elezioni annuali tiella Commissione Interna e quindi i sindacati locali sono mobilitati a preparare l'opinione dei Lavoratori in proprio favore, poiché dall'esito delle elezioni risulterà, numericamente, la forza su cui ognuno di essi può con~ tare e anche perché la potenza del– l'Olivetti sul piano industriale na– zionale, riflette sul sindacato vinci– tore una importanza di prestigio, essenziale. Oggi' la rappresentanza di essi è così divisa, nell'interno della C. I. uscente: su 13 membri ce ne sono 7 C.G.I.L. 3 C.I.S.L., 3 U.I.L. Una maggioranza della C.C.I.L., che essa tiene a conservare e, semmai, a aumentare. Ma nel corso di quest'ul– timo artno le lotte sindacali non hanno reso facile l'opera di prose– litismo dei sindacati: c'é una situa– zione politica difficile e confusa: la politica e la propaganda ,rendono più difficile la comunicazione tra le m.a.sse operaie: l'irrigidimento della Confindustria ha reso impossi– bile la soluzione di problemi all'or– dine del giorno da anni. In questa situazione, che caratte– rizza il periodo attuale nella storia del movimento operaio italiano, si inserisce un episodio accaduto nel– l'atmosfera preelettorale all'Olivetti per iniziativa della FIOM. Tra gli operai e gli impiegati venne fatto circolare recentemente un volantino di cu.i riproduciamo il testo: La1•orn1rici t! Lavora/ori dclln l.C.0. La Camel"a dd Lavoro di Ivrea (M!zionc FIO~I) ha riccvu10 Pappello che qui I i– prnduciamo, firmato da 40 lavoralori de.Ila OFF. MC 14. APl'P.LI.O A TUTTI l 1.AVORATORI 0F.LLA Ou• VP.T'fl _ I sotluurilli lavoratori della MC 14 i11 basi! nlle t!S/urie11::tr pnssattr, le quali ci indicano diiaramenle chi! fa C. I. divisa ,io,t può ro11durre in modo t!l/iciu1te la sua a::ione ndl'i11teresse di lutti i lavoratori, ;,, qua,tlo è l'orga11ismo di fabbrica clii! rapf)rcse11ta tulli i"disti,rtamtrnle i lavora• tori. deve trSSere eletta, JJoi rileniamo, nor, Slt liste separate ma m di ,ma sola listo: LA LISTA DP.I LAVORATORI DELLA OLIVP.TTI f>erta,1to invitiamo lutti i lavoratori della a::ienda a mo11ifutartr in tal strnso la loro • t-'0/o'(tà, soprattUtto i11 dire::iorie delle Or• gani::::a.:ioni Sindacali che ,tormalmt!nltr prt!• u11ta110 le liste. ♦ Questo apt1trllo è stato inviato dai /ir• malari a tulle le organi::::a::io11i si11dacali al/i11rld si re11dano f1romotriri di u11 rtr/e• rr11dm11 fra i lavoralori. La Camera del Lavoro invita perciò i la·voratori e le lavoratrici a esJ>rimcre il loro parere in merito. Per fare ciò è suffi. cif'ntc staccare il tagliando che interes.çi dal prcst·ntc manircstino e consegnarlo agli inca, icati ddl'officina. 0A i'ARTE SUA LA CAMERA DEL LAVORO DICHIARA CIIP. ESSA AOCETTA TALE PROPOSTA OP.I I.AVORATOtll DELLA MC 14 PERCHY.' TALY. PROPOSTA RISPOS0P. PIENAMENTE ALLE FUN· ZIOSI UNITARIE DELLA OOMMISSIONP. INTP.RNA. Elezior1i Commissio,itr Interna cott più liste. Elr;:io11i Commissio,11! lnter-na co,i una sola lista. L'argomento dell'unità fa sempre, e giustamente, molta presa sugli ope– rai che sanno come da questa idea nasca la forza e la solidarietà. E ben lo sanno anche la U.I.L. e la C.I.S.L. le quali si sono affrettate a rispondere con i manifestini e manifesti qui riprodotti. LA BURLA DEL REFERENDUM DELLA C.G.I.L. CAMP.:llA 0P.L LAVORO 01 IVREA. No11 possiamo condividertf il sistema tiri « lislot1e,. pu l'ele::io11e della C. I. Le elezioni su di una lista unica si de– vono fa1e nei paesi a democrazia progres• si\"a. dove nelle piazze. nelle scuole, nei caffè. nt"lle cai,e è d'obbligo l'immagine dcll'UOMO che pensa per tutti. No11 riusciamo a dare "" sig11i/icalo al « listo1111 ». Siamo persone coerenti perché nòn acce11iamo una economia di stato che non oc,·mette la prop,·ietà privata. Qui intendiamo che anche i ('Omunisti siano proprie1a1 i. E i comunisti non hanno bi– sogno di questa nostra affermazione per coi,tniirsi la casa; dobbiamo opporci al (< listo11tr ». L 1 idca rivoluzionaria è buona in quanto I ivolta all'ingiustizia socia-le, ma !:~,a ql:~::1~o~·i1:~ltaN:i~~a s:i~~~~~e lal:~1 1 ~~ia1~ i comunii,ti sanno c ome s fruttare i lavora• tori; no11 possiamo imb.ra" c<irci ,ce/ • listo• 11e ,. fJur/ié ,ro,1 vogliamo prtr,1due i11 tiro i comf,ag11i di lavoro allretta,tto 110,1 ci lasciamo me11are /Ju il 11aso. Un refe• rcndum perché sia valido bisogna garantirlo con la segretcz1.a del voto; col far parte• ~a~iso1!,~!~. g~i i~t=ticS:1 1 :i ~~~:~~~ ticamenlc. gli impiegati (968 J>ersone); per gli opcl'ai si sono stampati 4-000 moduli, mentre le operaie e gli uomini assommano a 4.456 uni1à , (fonderia esclusa). Val la briga di parlare dello scempio fatto dei ta,gliandi conlro il « listone » od a favore? SIA~I0 PERSONE Sl'..RIE E PER QUESTO RI· I SPf.TTIA~0 TUTTI, ANCHE I MINCIII0NJ. ) lavorato della U.J.L. OLIVETTI Unione Italiana di Lavorn Ivrea DIRIGENTI DELLA C.I.S.L. RISPON– DONO Secondo le disposizioni degli accordi in• lerconfederali de11'8·5•1953 e dclrintegrativo provinciale del 2-11-1953, sulla regolamen– tazione delle elezioni delle C. J. - stipu• lato dalle tre Organizzazioni Sindacali C.I.S.L., U.l.L., C.G.I.L, - non è p1·e– visto un unico « listone » per le elezioni e pertanto la proposta avanzata dagli or• ganizzator·i comunis1i di far votare su lista unica, non era., come non lo fu, nea-nche proponibile, in quanto gli stessi erano gli stipulatori e firmatari degli accordi in questione. A .dimostrare che i volantini dif• fusi dalla Camera del Lavoro. chiedenti le elezioni su unica lista, costituiscono una mossa propagandistica lanciata allo scopo di 1urlupinare i lavoratol'Ì in buona rcdc e di avere altro elemento in più per una polemica preco!ìtituita. basta il fatto che la stessa Camera del Lavoro, prima di itvan1.are la proposta di votazione su listone, aveva già consegnato al Comitato Elettorale sue liste separate sia per la categoria degli impiegati come per quella degli 01>crai. Al listone non c,·cdono neanche i comu• nisti pro1>onenti e firmalari degli accordi che lo inibiscono. Quindi costoro ho·uno lanciato la 11ropos1a a soli sco1>idi dcleh•1ia propaganda disgregatrice fra i lavoratori. l1 1 rtra, 14 maggio 1954. C.I.S.L. ConL J1aliana Siud. Lavol'a-to1i La. documentazione fornita, do– vrebbe rendere, in maniera suffi– ciente, la fisionomia di un sindaca- · Lismo che, costretto a marcare il passo da una situazione generale (situazione però dalla quale non è estranea la sua responsabilità) p1tr di non perdere le sue posizioni uf– ficiali non esita a ricorrere a qual– siasi mezzo, anche il più diseduca– tivo: questa demagogia elettorale è infatti da porre sullo stesso piano di qualunque politica conservatrice e reazionaria, la quale di fronte ai propri interessi particolari, non guar– da per il sottile nella scelta dei mezzi necessari alla conservazione e difesa dei suoi fini. a) La F.I.O.M. ha tentato di rag– giungere, con l'espediente della lista unica, la sicurezza automatica di una vittoria elettorale, poiché i voti di preferenza che essa avrebbe potuto raccogliere sui suoi uomini sareb– bero stati di gran lunga maggiori di quelli attribuiti ai suoi competitori, anche nel caso di una flessione ri– spetto ai risultati dell'anno prece– dente. La prova che fosse un espe– diente è nel fatto che contempora– neamente al manifestino per la lista unica essa presentava in comitato elettorale la sua lista e usciuano altri manifestini invitanti a votarla. b) nel 1945, '46, '47, l'epoca della C.G.I.L. unitaria, le liste erano ad– dirittura intest0te ai partiti. Nessuno trovava nulla da dire e i dirigenti sindacali (che sono ancora gli stem) le sollecitavano. c) al tentativo della FIOM di usare un argomento vero, ma per servirsene a un fine proprio, gli altri sindacati non hanno saputo scin– dere la propria responsabilità. Il problema dell'unità della fabbrica è stato eluso, poiché hanno preferito, in vario modo, riconfermare la fi– ducia nella « proporzionale >; cioè la legalizzazione della divisione ope– raia. Un freddo argomento tecnico– politico che rifiuta il fondo del pro– blerna, suo malgrado sollevato dalla FIOM. d) la lotta a cui partecipano i sindacati per impadronirsi della C. I.. per mezzo tli una maggioranza di uomini devoti, rende evidente il rapporto tra C. I. e lavoratori: un vertice e una base dalla quale si finisce solamente per pretendere un atteggiamento di subordinazione. Quindi non superame,ito della ge– rarchia aziendale, inserita nel siste– ma della società borghese, ma la sua esasper.~nte ripetizione. LACRISI DELLE CC.Il. Le CC. II. non sono in cns, dal– l'altro giorno; né lo sono perché è mutato il clima politico o perché è intervenuta la scissione sindacale Dietro alla situazione attuale sta una lunga serie di errori e di impostazio– ni sbagliate. La rinascita delle CC. II. nel 1945 costitui forse il maggiore feno– meno sociale dell'immediato dopo– guerra: esse sorsero spontaneamente ovunque, esprimendo in modo fisico la volontà popolare di partecipare al– le decisioni sulla direzione delle cose. Ma si può anche dire che. ten– tando di riprodurre nel proprio se• no il gioco e democratico > allora condotto con la formula del C.L.N ., esse sorsero . su un equivoco. Arti– colandosi secondo le varie correnti, _ la C. I. accettò una fisionomia poli– tica che le è estranea, e un sistema elettorale borghese, quando è chia– ro che essa è un organismo di classe, immerso in un ambiente, la fabbrica, che non riproduce la lotta di partito, ma riproduce, anzi for– ma la struttura sociale e determina i rapporti tra classi in uno scontro continuo. Si trattava però di un equi,·oco o di una scelta deliberata?· La presen– za degli Alleati impose al P.C.I. l' al P.S.I. la scelta cli una politica; e poiché la conquista del potere non poteva essere condotta in altro mode~ essi scelsero la via del gioco demo– cratico borghese che, tra l'altro, ri– maneva logicamente sulla scia di una particolare impostazione dclh Resistenza tricolore. L'errore fu .tnzitutto di subordi– nare ogni fenomeno nuovo nella vita del paese e in quella della classe operaia alla conquista del potere; poi fu nel fatto di non a,·er capito che alla conquista violenta da un iato e al gioco politico dall'altro si stava contrapponendo la fioritura di organismi sociali che battono un ter– reno non politico, ma genuinamente rivoluzionario, perché sconvolgono le abitudini di un popolo e incidono sulle strutture cli una società. Facendo invece delle CC. II. una riproduzione minima dei C.L.N ., !)i dimostrava una completa sfiducia e incomprensione delle loro capacità. Si voleva cioè spartire l'influenza che, tramite esse, i singoli partiti potc\'a– no esercitare sui lavorato,i; e si ~u– bordinava il concetto, nuovo, della partecipazione dei lavoratori in quan– to tali - e solo come tali - ali,· decisioni aziendali, al principio di una lotta politica che- penetrasse nf'l– l'azienda e mantenesse la sua prc-.;:1 in favore dei partiti. Il processo di frantumazione di un organismo nato per rappresentare unitariamente interessi di classe, era allora mascherato dal sindacato uni– co; ma divenne evidente non appe– na l'unità sindacale fu spezzata. La scissione sindacale non avrebbe do• vuto ripercuotersi sulle CC. II. che, ufficialmente, hanno compiti extrn– sindacali. Ma la scissione sindacale è a sua volta un'operazione politica: segue cioè il concetto della subordi– nazione dei sindacati ai partiti cd è logico che, in questa scala di cl:– pendenze, fosse inclusa la C.I., ul– timo controllo dei partiti sui lavo– ratori. Il principio della concorrenza elet– torale tra correnti politiche - isti– tuito nella fase C.L. . delle CC. II. - si evolve perciò in modo logico in quello - corrispondente alla situa– zione - di concorrenza di lotta tra correnti sindacali; tutta la vita della commissione interna è cosl assorbi~a da queste necessità, di reclutamento a favore di questo o quel sindac.ito. Essa non può più rappresentare in~ tercssi unitari dei lavoratori. in quan– to la sua prima preoccupazionu è rivolta ai sindacati che la domina?1'l. Da organismo di raporcsentanza 1 lai basso all'alto, essa diviene un n111a– nismo di controllo e di gvirfa dal– l'alto al basso. I, anche chiaro che ,ri:e,ta con– correnza e questa preoct.upazione im– pediscono ogni azionl!l nella quale (Se:lu~ ,, J1f!q 6, 3. col.) •
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