Fine secolo - 11-12 gennaio 1986

I La fedelt~ all'uomo, 1'3.lllore per la poesia, il rispetto per la Chiesa di Rocco 8UTTIGLIONE e hi è Adam Michnik, e per quali motivi egli è diventato, in uncerto senso, un simbolo della nuova Polonia? Nel– la sua Prefazione al libro Lo, Chiesa e la sinistra in Polo– nia Stefan K.isielewskice ne dà una breve caratterizzazione che vale la pena di riportare: "Adarn Michnik, nato a Varsavia nel 1946, è uno dei protagonisti del famoso Marzo polacco 'del 1968 ed anche dei fermenti di contestazione che precedettero il Marzo fra gli studenti di Varsavia. La partecipazione a questa «contestazione» giovanile fu pagata da Michnik con l'allonta– namento dall'Università, con un processo e con un anno e mez– zo di carcere. Dopo l'uscita dal carcere ha ,lavorato qualche tempo come manovale in una grossa fabbrica di VaFsavia, dopo di che ha ottenuto il permesso di èontinuare per corrispondenza gli studi di storia all'università di Poznan. Ha terminato gli stu– di nel 1975 conseguendo il titolo di magister con una tesi su «Alcuni problemi di storia del pensiero politico polacco delfe– migrazione 1864-1870». Si specializza poi in storia moderna della Polonia. E' anche autore di molti articolt dedicati a questa tematica, articoli sia problematici che puramente storici, pub– blicati sotto pseudonimi ... Sotto psèudonimi perchè Michnik conduce in Polonia una vita da cittadino di seéonda categoria; il suo nome non può comparire sui giornali e più volte è caduto vittima di varie repressioni. Nonostante ciò.vive una vita molto intensa, ispirando varie azioni di opposizione e di «contestazio– ne»; è molto popolare ed apprezzato sia fra ì giovani di Varsa– via sia nelle cosiddette sfere ìntellettuali. Gli piace frugare col bastone nel formicaio, ha già fatto molto in questo campo e promette altro ancora." Questa traccia di autobiografia è stata scritta nel 1977. Da allo– ra Adam Michnik ha fatto molto davvero. Fra i protagonisti della breve "estate polacca", consigliere di Solidarnosc, fra gli animatori del KOR, imprigionato dopo che ancora una volta il corvo della sventura si è abbattuto sul corpo vivo della Polonia, ha rifiutato più volte una libertà che avrebbe dovuto pagare con il tradimento dei suoi compagni, o almeno con il silenzio, o anche solo con l'esilio. E' diventato un testimone laico per la giustizia e la. dignità dell'uomo. Ripercorrere la sua vicenda ci fa capire alcuni aspetti importanti della storia contemporanea polacca, che trascendono forse la particolarità nazionale per as– sumere un significato universale. Culturalmente Michnik è un esempio sorprendente dei risultati a cui un uomo può arrivare, qualunque sia la sua posizione ideologica di partenza, quando prende sul serio quel nucleo di esigenze morali che sono costituti– ve della dignità e delf'esistenia stessa dell'uomo. Questo nucleo è certo presente anche nel marxismo, all'interno del quale Mi– chnik ha svolto la sua prima formazione intellettuale, anche se, per un altro aspetto, in quella concezione esso è sempre.esposto al rischio di essere messo da parte come insieme di pregiudizi umpnistici piccolo-borghesi, ogni qual volta si opponga agli inte– ressi del potere. A partire invece da queste evidenze morali ori– ginarie Michnik ha criticato rigorosamente tutto ciò che nel marxismo non corrisponde al suo ideale umanistico. Da questo punto di vista il suo ideale è in un certo senso antitetico a quello che ha avuto, in occidente, un Althusser. Mentre Althusser arri– vava ad espungere dal marxismo il momento umanistico, consi– derandolo una sopravvivenza non scientifica, Michnik portava all'estremo il momento umanistico giungendo al rifiuto di tutta l'apparecchiatura concettuale che si pretende scientifica. Il me– todo di questa autocritica immanente è molto semplice: non ac– cettare mai ed in nessun caso che le esigenze del sistema.prevalga– no sui diritti dell'uomo concreto esistente. Pensiamo per un atti– mo a quel '.'comitato per la difesa degli ingiustamente persegui– tati" che è stato un momento decisivo nel processo di formazio– ne della sinistra laica polacca. U potere comunista è stato messo davanti alle sue stesse enunciazioni di principio, gli è stato èhies sto dj_ mostrarsi all'altezza dei principi consacrati p.ellesue carte costituzionali e nei suoi stessi codici, di applicare le sue stesse leggi. Anche adesso il processo di cui deve celebrarsi l'appello, qualunque sia la sua conclusione, è da un certo punto di vista un~ vitt~ria di Miehnik e non d~I potere. Il potere avrebbe pre– fento eVItarlo, anche a costo di un compromesso. Il potere non vuole giustificarsi sulla base di norme e principi generali, ha bi– sogno di poter esercitare il proprio arbitrio nell'ombra. Quanto più la grigia realtà contraddice la luminosa utopia, tanto più il potere rifugge dalle idee generali. Nel caso di Michnik l'arbitrio trova però un limite nel fatto che si tratta di un personaggio ~ubblico, internazionalmente conosciuto. II potere deve quindi m qualche modo rendere conto del proprio agire, e proprio questo è ciò che esso preferirebbe evitare. Rifiutando un acco: modamento sotto banco, volendo arrivare al processo, Michnik realizza il massimo di protezione giuridica che è possibile otte– nere in Polonia_per i tanti che invece ad un processo non hanno diritto, che sono in balia della polizia. E' il comportamento del potere nei loro confronti quello che Michnik porta davanti ai giudici, che per ribadirne la condanna dovranno sentenziare an– cora una volta la morte dello stato di diritto in Polonia. Al di là del giudizio dei giudici, pronunciato questa volta sotto gli occhi dell'opinione pubblica mondiale, sta il giudizio della coscienza della naziòne. Questa lealtà verso l'uomo nasce in Michnik dalla fiducia nella possibilità di vedere le _coseal di là dell'ideologia e, in un certo senso, prima dell'ideologia. Questa attenzione alle cose· stesse prima di ogni costruzione t; precomprensione, nasce forse da u~ infl1:1sso della filosofia fenomenologica polacca, o (orse_piùpro– bllbilmente da·quello della grande poesia polacca, che è-unari~ scoperta dei valori evidenti delle cose e dei comportimenti umani dopo la fine di ogni ideologia. Vengono in mente i nomi di_Herbert e di Czeslaw Milosz, ma anch_equello di Andrtej Ja– Wien.Perseguendo senza compromessi questa linea Michnik ha · potuto, superando lo spessore di infiniti pregiudizi, incontrare quel grande educatore della Nazione che è stato il cardinale Ste– fan Wyszynski.e comprendersi con lui. A partire da una comu– ne lealtà verso l'uomo, infatti, la Chiesa e la sinistra laica hanno potuto trovare un terreno d'incontro, un linguaggio comune, FINE SECOLO* SABATO 11 / DOMENICA 12 GENNAIO Qui sopra e nellapaginà accanto,in bas.wa sinistra,un dettaglio e unavedutadi Varsaviadel Canaletto. In bas.wa destra,una fotografia di piazzadelTeatro nellavecchiaVarsavia. un autentico e profondo rispetto reciproco. . ............. :17 Nel libro La Chiesa e la sù:zistrain Polonia Michnik scriveva: "Riportando tutti questi fatti, citando abbondantemente i do– cumenti di quegli anni, ho voluto che i miei amici della sinistra laica prendessero coscienza della situazione reale della Chiesa e dell'atteggiamento dei vescovi cattolici durante l'epoca stalinia– na. Se metteranno a confronto i postulati dell'episcopato con quello che essi hanno letto a questo proposito sulla stampa uffi– ciale, a quell'epoca e negli' anni successivi, forse si renderanno conto di quanto immensa fosse la loro ignoranza. Se metteran– n.o a confronto q'-;lestipostulati con la prassi attuale delle auto– ntà governative, capiranno certamènte meglio il senso della mia domanda: dove era il nemico principale del progresso e del bene a quell'epoca? Nelle Chiese cattoliche o~neiComitati del Partito e_ne! servizi di sicurezza? Nelle lettere pastorali ci sono espres– s10n1che possono urtare; altre che possono apparire anacroni– stic~e_.Ma c'è una questione fondamentale: durante il -periodo stahmano la Chiesa difendeva i diritti dell'uomo, difendeva la dignità e la libertà umana? La mia risposta a questa domanda è affermativa. Condivido in pieno l'opinione di Czeslaw Milosz, il quale ha scritto che, durante il periodo staliniano: "Le navate delle Chiese erano l'unico posto• che la menzogna burocratica non raggiungeva, mentre il latino ecclesiastico permetteva di conservare fiducia nel valore della parola umana, che fuori di là veni~a_umili~taed assoggettata ai compiti più esecrabili" (2). · · Al d1 la del nspetto ed al di là del dialogo stesso, il processo di cui Michnik è stato uno dei protagonisti ha operato una pro– fonda riunificazione all'interno della cultura polacca. Oggi è molto meno importante di una volta sapere se un romanziere, un filosofo, un intellettuale sia un "cattolico" o un "laico". E' molto più importante sapere se vive, vede, e giudica la realtà lealmente ed onestamènte, chiamando le cose con il loro nome mettendo in gioco la sua reale esperienza di vita, o-se è un ideo~ logo che cerca solo conferme per le sue teorie a priori e non è capace di lasciar parlare le cose e di rispettare il loro giudizio. E' proprio questa aderenza al dato ciò che più profondamente scuote l'ideologismo dottrinario, che vuole che l'uomo non si , fidi di se stei;so, non giudichi a partire dalla propria vita, dalla lealtà alla propria unica ed irripetibile esperienza umana. L'ideologo vuole, al contrario, che il singolo consideri la pro– pria vicenda come mediata dalla totalità della realtà sociale come un epifenomeno di superficie del processo complessiv~ della storia, di cui solo l'intellettuale politico, che possiede la mediazione analitica "scientifica" ed "adeguata" conosce il se– greto. Un simile atteggiamento' è naturalmente settario e preclu– de ogni possibile dialogo. Il dialogo autentico, infatti, è possibi– ·Ie solo se si parte da una originaria fiducia nell'esperienza del– l'umano e si commisura ad essa ogni elaborazione e costruzione di pensiero. Contro· questo settarismo dell'ideologia Michnik ha scritto pagine st1!pende, che vale la pena di meditare anche da noi, in occidente. · · "La nostra revisione intellettuale deve andare più a fondo, essa deve raggiungere le radici stesse di quella convinzione piena di sufficienza, che malgrado tutto siamo noi che conosciamo la vera via del progresso e della ragione. Perchè, in realtà, noi que– sta via non la conosciamo: nè noi nè nessuno al mondo sa quale via prenderà la storia, ma al contrario noi -più di chiunque al– tro- dovremmo capire che una pseudo-conoscenza di questo tipo dei segreti del Weltgeist può avere conseguenze criminali. Una simile immaginaria conoscenza delle leggi storiche autoriz– za, in modo particolare, a dirigere sulla via «della ragione e del progresso» migliaia di persone per niente affatto ·convinte del bisogno e della inevitabilità di un Ordine Nuovo. Perchè la rea– lizzazione dei progetti dell'Ordine Nuovo, questo regno del Progresso, della Ragione e della Libertà, porta necessariamente ed inevitabilmente al disprezzo degli uomini, alla violenza, al– l'autodistruzione morale. Io credo che la convinzione fanatica della non-esistenza di un ordine soprannaturale nasconda in s~ delle conseguenze altret– tanto nefaste. Dico "fanatica'.' percl!è noi non possiamo avere certezze assolute, se non per quello che riguarda la nostra morte inevitabile. Il resto è certezza penosa, sforzo di esistere, avanza– mento ostinato verso la verità. Manteniamo lungo questa stra– da piena di ricerche, di cadute e di slanci, il rispettò per coloro che credono di avere ricevuto la rivelazione di un ordine so.:.:,. prannaturale ..Giudichiamoli dài loro atti, e n?:Odalle:; loro pa- - role.defo~ate ed al.terate da altri.,Solo a questa condizione po– tremo esigere, con la fronte alta, un analogo atteggiamento da parte dei membri della Chiesa". · Si tratta di riflessioni che inaugurano un nuovo atteggiamento spirituale, la cui validità va al di là dei limiti della Polonia· di una rivendicazione dei.diritti naturali delr~Òmo che può cdsti– tuire la pietra angolare di una nuova cultura. . · · · Note I) A. Michnik ~oscfol-lewica:dialog Paris i 977. L'introduzione· di Kisielewski manca nell'edizione italiana · ·2) La Chiesa e la sinistra in Polonia Brescia 1980 pp.56-57 3) Ibidem. p,127-128

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