Fine secolo - 11-12 gennaio 1986

FINE SECOLO* SABATO 11 / DOMENICA 12 GENNAIO 1 Il KOR, le sue origini; i suoi rapporti con Solidarnosc, le . idee e i sentimenti dei suoi protagonisti. Una storia in carne e ossa degli _ _ intellettuali polacchi e della polizia politica . .. E il caso di cominciare da un punto fermo: nella vita pub- ,blic~ mi pronun~io a favore del rispetto dei principi ~~l realismo. I quah dal canto loro non sono ·1mmutab1h. Quindici anni fa il realismo politico era definito da alcune ca– ratteristiche ben diverse da quelle dell'epoca degli accordi del– l'agosto -1980 e diverse anche da quelle successive all'introdu- · zione dello stato di guerra. Altri ancora, infine, possono essere i parametri del pensiero realista al giorno d'oggi. Ai tempi di Radom e di Ursus, nel 1976, pérmettemi di ricor– darlo, quasi nessuno considerava i :militanti del Kor, i korowcy, come dei réalisti in politica. Al contrari~: passavano per pazzi che davano l'assalto ai mulini a vento, per romantici e vaneg– giatori, per avventurieri che attentavano all'ordine e alla stabi– lità, per gente sospetta. Così era. Ma avvenne anche che, non appena cominciarono a manifestarsi i primi effetti reali della azione del Comitato di Difesa degli Operai (Kor), immediata– mente comparvero dei buontemponi che ci accusavano di cri– ptocomunismo e di ateismo, di ostilità verso la causa dell'indi– pendenza nazionale e di cosmopolitismo. I primi vedevano la nostra mancanza di realismo nell'eccesso di iniziative e di riven– dicazioni radicali, gli altri in una loro insufficienza. Come sta– vano le cose nella realtà? Il pensiero del Kor, almeno così penso, cercava di unire il reali– smo al coraggio e alla fantasia. Il realismo imponeva una certa moderazione nel formulare la rivendicazione della indipenden– za e impediva di eccitare l'optnione pubblica con un antisovieti– smo radicale. Quello_stesso realismo imponeva anche di rinun– ciare ad azioni concrete, mentre la fantasia suggeriva mezzi di azione non convenzionali. La mentalità del gruppo dirigente legato a Gierek era segnata dal marchio della sua genesi: quegli uomini erano stati portati al potere da una insurrezione operaia. Questo dato determinava il loro modo di reagire di fronte a situazioni di crisi. Da qui na– sceva anche la loro "temperanza nella repressione", cui corri– spondeva anche un certo clima internazionale, lo spirito della conferenza di Helsinki. Ambedue tali fattori limitarono l'inizia– tiva di quel gruppo dirigente. Un terzo elemento t;ra la necessità di ottenere crediti in occidente, crediti che servivano a mantene– re un sistema improduttivo, finanziavano la pace sociale di con- tro alla rinunçia ad ogni riforma strutturale. · Le autorità erano forti e ben organizzate, mentre la società era frammentata e debole. Partimmo quasi da zero. Il buon senso imponeva quindi di fissare il punto di partenza nella organizza– zione degli aiuti a persone concrete, agli operai incarcerati di Radom e di Ursus e suggeriva di richiamarsi alle risoluzioni della conferenza di Helsinki, evitando, per usar una metafora, di rimanere sulle barricate dell'insurrezione di Varsavia e di in– sistere su 1,marevisione delle decisioni della conferenza di ialta. Pensavamo esistesse la possibilità di ottenere dei risultati im– portanti e concreti all'interno dei limiti esistenti, in una situa– zione determinata dalla dottrina di Breznev da un lato e dalle risoluzioni di Helsinki dall'altro. Su tale convinzione costruim– mo 'la nostra strategia. Suoi effetti furono l'amnistia per gli ope- . rai imprigionati e la nascita dei primi embrioni istituzionali di una società indipendente. Sul KOR si è gia scritto molto. An– ch'io ho provato in qualche modo a valutare quell'esperienza. Affrontando ancora una volta l'argomento, lo faccio non senza timore, consapevole della particolarità della mia propsettiva. So che mi minaccia una inevjtabile propensione ad ingigantire il ruolo svolto della opposizione democratica e del KOR in modo particolare, prima dell'agosto 1980. Forse tutti i korowcy, pur essendo persone diverse tra loro e con destini tra i più vari, han– no le comune convinzioni di aver sacrificato una p1Ccolaparte della loro vita ad una causa nobile e giusta, la causa, per dirla un pò pateticamente,-della libertà della Polonia-e della libertà dell'uomo in Polonia. · Ethos e furfanti Quale fu il segreto del nostro successo? Il KOR proponeva una nuova tecnica di azione sociale adatta alle condizioni del Regi– me Vigente. Tale azione doveva essere basata sul principio della pubblicità e della istituzionalizzazione delle iniziative sociali in– dipendenti. La concretezza e l'efficacia di questa azione Spinse– ro a mettere in discussione nella coscienza sociale il modello ILBUONUSO DEL·REAT,JSMO classico di relazione tra il potere e la società. L'assenza di una opinione pubblica e la frammentazione dei legami sociali cessa– rono un pò alla volta di essere elementi naturali del panorama polacco. · · Le iniziative del KOR diedero il via ad una ricostruzione della comunicazione socialè. Le istituzioni, che nascevano indipen– dentemente dall'apparato di pqtere, diventavano subito em– brioni -di nuovi legami interpersonali e di nuove idee. Si creò una nuova qualità della vita. Nelle petizioni e nelle lettere di ri– vendicazione, nelle conversazioni e nei seminari, nella stampa non censurata e nei libri finp' ad allora inaccessibili si formò e si articolò una nuova coscienza sociale e nazionale. Vi trovarono posto nuove idee e vecchi valori, sia pur nuovamente interpre~ tati. ·Prese forma tra la gente un ethos di resistenza attiva, un ethos fondatd su valori come la dignità e la soggettività, la li– bertà e l'indi~enèlenza. Parole vecchie, valori antichi ... Tutiavia in una generazione, che da non molto tempo aveva vissuto la campagna diJodio del marzo 1968 e gli spari contro gli operai del dicembre 1970, quelle parole acquistarono nuova luce e si– gnificati inattesi. Mentre eravamo alla ricerca di un nostro ,lin– guaggio per parlare delle questioni più importanti, rileggevano con un occhio nuovo le vecchie polemiche e ricostruivano i vec– chi dilemmi: Si trattava di un dato di enorme importanza: il ra- _ dicamento de~nuovo movimento nell'immaginario sociale, im– maginario fopnato, sia pur in maniera rudimentale, dalla me– moria storica'!di numerose generazioni. Che aspetto aveva que– sta coscienza comune? E' difficile ri~pondere univocamente a questa domanda. Dalle spesso citate iicerche sociologiche del prof. Stefan Nowak si de– sume che i Pqlacchi del periodo di Gierek valutavano al massi– mo gra1o valori privati (la famiglia, il lavoro) e valori generali (la patria). In mezzo, tra la famiglia e la patria, c'era il deserto, si distendeva uno spazio vuoto. Si trattava di una coscienza tor- . bida ed incoerente. Al modello individuale del professionista in grado di guadagnare bene e rapidamente (Gierek sosteneva che il Polacco sogna l'appartamento e l'automobile) si sovrappone– va il confuso ricordo dei recenti conflitti sociali e la consapevo– lezza, codificata dalla trasmissione familiare, che la Polonia non era uno· Stato sovrano. In effetti fu un periodo strano e furfantesco. Si trattò di un'epo– ca caratterizz~ta da un rapido aumento dei guadagni e dall'e– splosione di aspirazioni materiali bloccate per anni, per realiz– zare le_quali ~ipagò anche in termini di conformismo morale e di spoliticizzazione completa. I valori crollarono. "Il punto è: · vivere comodhmente", dichiarò sul settimanale "Polityka" Mie– czyslaw .F. R~kowski. "Comodamente o dignitosamente?" gli replicò sul mensile cattolico "Wigz' " Tadeusz Mazowiecki. Ma la realtà semqrava dar ragione a Rakowski. Il partito per paura pagava l'aumento dei salari facendo debiti in occidente. Ma tali aumenti, e non si voleva farci caso, erano accompagnati da una azione di coerente repressione nei confronti dei capi degli scio– peri del dicembre 1970. Una politica liberale in materia di con– cessione di i;>assaporti permetteva di guadagnare all'estero. Comparve sul mercato la coca-cola. La televisione mandava in onda film oc 1 identali e i locali di intrattenimento introdussero lo strip-tease. La corruzione raggiunse poco a poco il suo apo– geo, mentre la censura gradualmente soffocava ogni manifesta– zione di pensiero indipendente. La gente era sempre più ricca, i rapporti dello Stato con la Chiesa erano sempre migliori, i ma– nifesti per le strade esortavano affinchè la Polonia "crescesse con forza" e la gente "vivesse nell'agiatezza., .. Questo slogan aveva il compito di rimpiazzare qualsiasi riflessione critica di tendenza riformatrice. Come in Witkacy: "tutto avveniva sul piano dell'apparenza - questa era l'essenza della epoca. (...) Ap– parenti gli uomini, apparente il lavoro, apparente il Paese ..."'. E arrivò la crisi. Primo segnale furono Je massicce proteste degli ambienti intellettuali contro gli emendamenti alla Costituzione. Segnale successivo, e al tempo stesso punto di svolta. fu la pro– testa del giugno 1'976. I membri del Comitato di-Difesa degli Operai si rivolsero con un appello per ottenere appoggio ed aiuto ad una società del ge– nere, disintegrata e disorientata. Il gruppetto dei koro,n-y e di coloro che facevano parte di altri settori delropposizione demo– cratica non diceva cose nuove. ma le metteva in pratica. Anche semplicemente dichiarando di esistere... Il significato della protesta operaia e delle repressioni antiope– raie fu subito chiaro alla -maggioranza dei Polacchi. Nel 1976 nessuno ormai credeva più alle fandonie dei propagandisti del partito, che parlavano dei "sobillatori'" di Radom. e alla farsa dei cortei organizzati in onore di Edward .Gierek. Tuttavia in virtù di una pluriennale abitudine tale stato di cose_ fu ricono– sciuto come l'angosciosa normalità di un Paese governato dai comunisti. Il potere governa male e anc_òra ·peggio gestisce !"e– conomia, questo è ovvio. I.a gente insorge. a volte capita. Allo– ra iniziano le repressioni. come potrebbe essere altrimenti! li re– sto della nazione rimane a fare da testimone silenzioso. questo è il destino. Il KOR ha spezzato questa tradizione. Alla repressione rispose con una azione di soccorso. Alle menzogne della propaganda ufficiale contrappose una informazione veritiera. La semplicità di queste iniziative fu pari al carattere rivoluzionario dei loro effetti. Fino a quel momento la preoccupazione degli esponenti delle èlites intellettuali per l'interesse nazionale si era manifestala con azioni ufficiali e legali. Solo i più coraggiosi si erano spinti lino ad ignorare la censura e ad esprimere in interventi collettivi ri– vendicazioni e critiche nei-confronti delle autorità. Altre forme di attività e di comunicazione al di fuori delruflìcialità sembra– vano impossibili. Secondo il senso comune questo ruolo era svolto dalle-istituzioni dell"emigrazione c. entro certi limiti. dal– la Chiesa, anche se il Primate Wyszynski era ancora abbastanza moderato nelle sue prese di posizione. Condizione dell'esistenza del Comitato di Difesa degli Operai fu la convinta disponibilità dei suoi fondatori ad affrontare dei rischi, a rinunciare ad ogni possibilità di carriera professionale e di normale hanquillità di vita per testimoniare valori naziona– li e morali, anche se all'interno del KOR si evitare di usare pa- . role così impegnative. Un dato significativo fu che i korm.-c_l'. richiamandosi alle tradizioni libertàrie e polacche. poterono fa– cilmente ritrovarvi dei collegamenti con la sfera dei valori gene- I

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