Fine secolo - 11-12 gennaio 1986

Qui accanto la casa di Dian F~ynella terradei gorilla (fotoAP). te altre toto sono tratte dal suo libro «Gorillas in the Mist» FINE-SECOLO* SABATO 11 / DOMENICA 12 GENNAiO 25 IL GIOCO DEGLI OCCHI E DEt ,l,E MANI I due brevi brani che seguono sono tratti dal volume di Dian Fossey «Gorillas in the Mist» (Hodder and Stoughton, London 1983, pp.326), di cui è auspicabile che ci sia presto un'edizione italiana. Coco, che piangeva alla finestra Sollevai con cautela la porta del recintQ. Mi chiedevo che reazione avrebbe avuto. Che cosa avrebbe fatto il cucciolo? Sarebbe stato timido, aggressivo; o, invece, inerte? Ero emozionatis– sima quando Coco lasciò senza indugi il recin– to, e con aria sgomenta .prese a muoversi ~ra la vegetazione; a.carezzare, tastare, rconoscere le foglie, gli steli; come per accertarsi che fossero veri. Era così debilitata che fece· soltanto un modesto tentativo di camminare impettita al. mio fianco: sembrava volesse dimostrarmi che poteva e sapeva farcela da sola, che era all'al– tezza della nuova situazione. Di colpo si fermò e mi guardò fissa, per un lungo minuto. Poi, mI saltò in grembo, come saltasse in un rifu– gio. Avrei voluto abbracciarla stretta, m~ non lo feci per paura di compromettere la fiducia che, per la prima volta, il giované gorilla ac– cordava a un essere umano. Rimase accucciata sulle mie ginocchia per al– cuni minuti. Poi vide la lunga panca, sotto la finèstra, e si diresse lì. La finestra guardava le vicine colline di Visoke. A fatica si arrampicò sulla panca e prese a guardare verso le monta– gne: poi, di colpo, senza preavviso prese a sin– ghiozzare: versava autentiche lacrime. Fu la prima volta che vidi piangere un gorilla. Quan– do scese la sera, Coco si raggomitolò in un nido di foglie ché le avevo raccolto. Prima di addormentarsi, pianse ancora un po', dolce– mente. Dovevo allontanarmi dalla capanna, per un'o– retta. Pensavo che, al mio ritorno, l'avrei tro– vata ancora immersa nel sonno. Non fu così: mi aspettava il caos. Le stuoie a "prova di go– rilla" con le quali i miei aiutanti di 'campo spe- di Dian FOSSEY ravano di proteggere le scorte alimentari, ripo– ste sugli scaffali lungo una parete della stanza di Coco, erano state strappate. In mezzo a una montagna di scatole e scatolette aperte, secieva Coco, soddisfatta, piluccando zucchero, fari– na, marmellata, riso e spaghetti. Il senso di sgomento per lo scempio si trasformò, quasi subito, in gioia. Mi resi conto che il "disastro" era la prova· che Co~o, in qualche modo, aveva energie sufficienti per essere curiosa. Nei due ~iorni successivi, mangiò grandi quan– tità di vegetali freschi: di Galium, di cardi e or– tiche e -dopo una strenua lotta fra forze qi vo– lontà~ accettò finalmente una miscela a base di latte, che conteneva tutti i farmaci che ritenevo necessari per la sua salute. Eppure continuava a piangere. Spesso. Soprat– tutto quando guardava fuori dalla finestra del– la sua stanza. Un giorno si sentirono le voca- •lizzaziorii del Gruppo 5 (di gorilla). Arrivava– no, "quei suoni familiari, dai pendii dietro il campo. Resero Coco più triste che mai. Accesi' subito la radio, a tutto volume, per sovrastare le "voci" dei suoi simili, ma Coco continuò a fissare le colline per quasi tutto il giorno; si la– mentava piano: cosciente si-trovarsi a poca .di– stanza dal suo cla:n. Il terzo giorno si spense anche ·il poco interesse giovanile dimostrato per il nuovo àmbiente. Ebbe un improvviso peggioramento. Le stava accadendo quello che avevo osservato in tutti i gorilla catturati da poco. Tutti sembrano avere coraggio e voglia di vivere; ma, troppo spesso, il-trauma· brutale della cattura e la violenza di chi se ne occupa sono scogli insormontabili. E le cure, di solito, arrivano troppo tardi. Coco smise.completamente di mangiare, i suoi escrementi colavano in liquide pozze sanguino– lente. Giaceva raggomitolata nel suo nido d'er– ba e tremava; convulsamente. Niente di ciò che facevo, compreso farle ascoltare la "lingua"re– gistrata di altri gorilla, riusciva a scuoterla dal suo letargo semicomatoso. Cominciai a som– ministrarle antibiotici, ma non c'era traccia di miglioramento alcuno. Continuava a peggiora– re a una velocità allarmante. La sesta sera al campo, Coco la passò nel mio letto. Temevo che sarebbe stata la sua ultima notte di vita. Calore e protezione erano tutto ciò che ormai potevo darle. Alle cinque della mattina, però, non fu un cadavere che mi ritrovai fra le brac– cia, ma una Coco ancora viva;·entrambe in' un letto inzuppato di diarrea. Sembrava. in qual- che modo, più vitale, e sperai che la crisi fo'sse superata. Dopo averle dato ancora una dose di antibiotici, la portai fuori, nel largo spazio re– cintato immerso nel sole che confinava con la sua stanza. Chiudemmo la porta tra la stanza e la gabbia in modo che i miei aiutanti ed io po– tessimo disinfettare Qgni palmo della sua "tana", prima di mettervi foglie e arbusti fre– schi. Il posto delle mani Spesso mi chiedono quale sia stata l'esperienza più gratificante che ho avuto con i gorilla. E' · una domanda a cui è molto difficile risponde– re: ogni ora spesa con queste creature mi ha · dato una qualche ricompensa, una soddisfa– zione. Ma c'è stato un giorno in cui, per la pri– ma vÒlta, sentii che forse ave_vosuperato la barriera -intoccabile- tra umani e scimmie: Fu circa dieci mesi dopo l'inizio della mia ricerca a Karisoke. Peanuts, il maschio più. giovane del gruppo 8, stava mangiando a circa quindici piedi di distanza da me, quando, improvvisa– mente, si fermò e si volse a guardarmi dritto negli occhi. Aveva un'espressione impenetrabi– le. Affascinata, ricambiai lo sguardo -metà cu– rioso, metà di àccettazione-. Peanuts pose ter– mine al momento indimenticabile ·emettendo un lungo, profondo sospiro. Poi, con calma, lentaménte, tornò a mangiare. Ero felice. Corsi al campo e telegrafai al pro– fessor Leakey: «Finalmente sono stata accetta– ta da un gorilla». Due anni dopo quello scambio di sguardi, Pea– nuts fu il primo gorilla che mi abbia toccata. -La giornata era cominciata come una qualun– que altra -sempre che una _giornata di lavoro a Karisoke possa essere considerata "qualun– que". Mi sentivo insolitamente spinta a far sì che si trasformasse, invece, in un giorno fuori dell'ordinario, visto che, la mattina successiva, dovevo partire per l'Inghilterra, per sette mesi, per finire il mio dottorato. Bob Campbell ed io eravamo usciti per incon– trare il Gruppo 8 sulle colline di fronte a Viso– ke, ad ovest. Quando li trova)llmo, stavano mangiando, al centro d1un canalone poco pro– fondo, denso di vegetazione. Sulle sponde ere- · scevano grandi alberi di Hagenia sui quali ci appostavamo per studiare il terreno circostan– te. Bob ed io ci eravamo appena sistemati su un tronco di Hagenia, ricoperto di morbido . muschio, quando Peanuts, negli occhi la classi– ca espressione -"voglio divertirmi"-, lasciò il .gruppo per venirci incontro. Lentamente scesi dall'albero e finsi di mangiare erba e foglie alla maniera dei gorilla; per rassicurare Peanuts, mostrargli che non volevo fargli del .male. I suoi occhi lucidi mi scrutavano attraverso l'in– trico fitto di vegetazione· mentre dava avvio al suo solenne, spavaldo avvicinamento. · Improvvisamente, fu al mio fianco e si sedette ~ osservare le mie tecniche '?nutrizionali" come se fosse mio compito intrattenerlo. Quando cominciò a sembrarmi annoiato, presi a- grat– tarmi la testa. Quasi immediatamente, il giova– ne gorilla fece lo stesso con la sua. Sembrava completamente a suo agio, rilassato. Allora mi sdraiai tra le foglie: lentamente stesi la mano, col palmo rivolto_verso l'alto; poi la poggiai sulle foglie. Dopo averla guardata intensamen– te, Peanuts si alzò in piedi e stese la sua mano, fino per premere le dita contro le mie. Per un breve istante. Poi,·eccitato dalla propria audacia, diede sfogo · alla sua emozione percuotendosi· il petto con i pugni. Fu tutto. Peanuts a·ndò a raggiungere il suo gruppo. Da quel giorno, quell'angolo di foresta fu chiamato Fast Ya Mkoni, "I' Posto delle Mani". Quel breve contatto è stato il mo– mento più memorabile della mia vita fta i go– rilla. rradu::ionedi Letizia Battisroni I

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