Fine secolo - 11-12 gennaio 1986

FINE SECOLO-* SABATO 11 / DOMENICA 12 GENNAIO 2 LE S------– PREF'ERTSCONO LE DONNE Colloquiocon Elisabetta Visalberghi,che studia una piccola scimmia del Sud America E lisabetta Visalberghi, trentadue anni, ri– cercatricç dell'Istituto di_Psicologia _del CNR;-ha una lunga pratica con le scim– mie. Ne ha tenute spesso anche a casa, quando qualche piccolo dello zoo o dell'istituto rima– neva orfano o veniva rifiutato dalla madre. Ora conduce una ricerca sul cebo dai cornetti, una piccola scimmia del Sud America. Della morte di Dian Fossey ha saputo mentre·-era al– l'estero, in vacanza. Non la conoscevo personalmente, ma mi ha sempre dato l'impressione che si fosse messa a fare questo lavoro per qualcos'altro, oltre che per l'interesse per i gorilla. Come una _chetro– va difficoltà a collocarsi in questo mondo, che si chiede "cosa ci sto a fare qui" e, non trovan– do la risposta, a un certo punto la va a cercare altrove. Fra i gorilla, per esempio. Non una fuga, ma il desiderio di osservare e di capire, senza preconcetti, un altro mondo. E la deter– minazione ad affrontare le enormi difficoltà che tutto questo comporta. Non è difficile ca– pire come, partendo da questi presupposti, si . possa sviluppare una sorta di identificazione con quello che stai facendo, con il nuovo mon– do che osservi, al punto da rifiutare ~uello da cui provieni. E' quello che è successo alla Fos– sey -che dopo un tentativo di rientro negli Usa è ritornata fra i gorilla- ma succede a molti ri– cercatori sul campo, non solo etologi ma anche antropologi. l'immersione totale nel mondo di un altro ani– male è però il sogno di molti ricercatori, e non solo loro. In un certo senso sì. Io però lo vivo in modo ambivalente, Ini piacerebbe, Ini affascina, ma , al tempo stesso avrei paura di stare troppo a lungo fuori da quello che è pur sempre il Inio mondo, anche se non Ini piace. Forse andrò in Brasile per sei mesi, ci tengo molto e mi va bene. Ma una esperienza come quella della Fossey; stare via anni, non me la sentirei, ho paura. Non si torna indietro come si è partiti. Dopo un rapporto,così "anomalo" con lana– tura, con altri animali~poi la vita normale non può che apparirti come una gabbia. Che lo sia, lo so anche adesso, ma riesco a sopportarla, dopo un'esperienza così forse non ci riuscirei più. C'è chi dubita dei risultati di ricerche in cui il ri– cercatore sj fa coinvolgere da/l'oggetto delle sue osservazioni... E' molto difficile che uno-~ienziato guardi in modo distaccato gli animali, in particolare le scimmie. Esiste sempre una forma di coinvolgi– mento, che spesso diventa anche affettivo. Quando sono andata in Germania per la mia ricerca sul cebo avevo a che fare con una cin– quantina di questi animali. Mi chiedevano come avrei fatto a distinguerli l'uno dall'altro, e anche io me lo chiedevo, a prima vista sem– brano tutti uguali. Poi è successo come a una maestra che entra per la prima volta in una classe nuova. All'inizio ha di fronte una "clas 0 se", solo in un secondo momento questa di– venta un insieme di· individui che lei ha impa– rato ad identificare. Con le scimmie non è di-, verso. Molto rapidamente ti accorgi che cia– scuna è profondamente diversa dall'altra, non solo nell'aspetto fisico, ma nelle espressioni, nei movimenti, nei comportamenti. Questo ri– conoscimento individuale, con i rapporti pecu– liari che comporta, è in qualche modo l'antica– mera quasi inevitabile del coinvolgimento, an– che affettivo, c@mpresesimpatie e antipatie. In 1:1101ti casi è proprio questo tipo di coinvolgi– mento a creare quel genere di sensibilità che consente di vedere cose che un occhio troppo rigidamente freddo ed esterno non vedrebbe. a cura di Franco TRAVAGLINI -----------------------:--"""' Donnee'go · . di one cartaginese Uno dei più antichi racconti di viaggio è il Pe– riplo del cartaginese Annone. Annone sùffete detto il Navigatore fu inviato afondare colonie commercia/i e di popolamento lungo le coste de/l'Atlantico. Cartagine (Qart-aga, la città nuova), fondata nel/'Ylll secolo dalla metro– poli Tiro, la soppiantò fino a egemonizzare tra il VI e il V secolo tutti i traffici del Mediterra– neo occidentale. Si rifornivano manufatti in cambio di materie prime, e di prodotti della caccia e de/l'allevamento delle popolazioni in- · terne. La spedizione di Annone ebbe grande importanza, sia per la massa di coloni traspor-: tati, sia per la lontananza. La relazioTJedella spedizione, l'unica, era scolpita su una stele nel tempio del massimo Dio punico. A noi è giunta una traduzione dal punico in greco commerciale (probabilmente la·stele era bilin– gue). La datazione oscilla fra il 510 e il 460 a.C. Ne/l'ultimo paragrafo si legge: "Di là avendo costeggiato torrenti difuoco ar– rivammo in un golfo chiamato il Corno di Noto (la maggioranza dei commentatori lo identifica con /'estuario della Sierra Leone, ndr). Ne/l'interno vi era un'isola, simile alla prima avente un lago, e in questa un 'altra isola piena di uomini selvatici. • Moltissime erano le donne con corpi pelosi, gli interpreti le chiamavano gorilla. Pur inseguen– do gli uomini non potemmo prenderli perchè ci sfuggivano tutti, arrampicandosi sui dirupi e difendendosi con {sassi. Prendemmo tre don– ne, ma a morsi ed unghiate non volevano se– guire quelli che le avevano catturate. Dopo averle uccise le scuoiammo e portammo.le pelli a Cartagine. Dopo non navigammo più oltre, mancandoci le vettovaglie». Annone e i suoi avrebbero scambiato per uomi– ni le scimmie antropomorfe: poichè i gorilla non si muovono in branchi, ma in piccoli grup– pi, si ritiene più probabile che si trattasse di scimpanzè. Anche .ammesso ·che sia così, e che /'irsutismo basti a escludere che si trattasse di. esseri umani, resta la contraddittoria notizia secondo cui si difendevano con i sassi. Ma che si trattasse di esseri umani, o di un equivoco, è esemplare la lapidaria naturalezza con cui vie– ne riferita - e, occorre immaginare, ascoltata - la caccia agli uom{ni selvatici. I maschi sono difficili da catturare, dunque vengono prese tre femmine; e poichè oppongono resistenza, ven– gono uccise e scuoiate. Abbiamo qui un model– lo di reportage sulla caccia primordiale, e in– sieme sul ratto, termine nobile del sequestro di persona, e particolarmente di donne. Testi come questo contengono la miglior rispo– sta alla domanda apparentemente angosciosa, in realtà facilmente rassicurante, che conti– nuamente viene riproposta di fronte alla vio– lenza della caccia all'uomo o agli altri anima– li: «Per quale fine?» «Per quale fine vengono uccisi i gorilla?» << Per quale fine è stata uccisa Diane Fossey?» La risposta a questa douumda è: nessuna risposta. Nessun tentativo di razio– nalizzazione, di «economizzazione» può velare la gratuità e la naturalezza dell'aggressione. Si ucr:ide il gorilla e la sua protettrice per la paura, /'invidia, il bisogno e il gusto di uccide– re. Perchè sì. (A.S.) Dipende poi dal rigore metodologico del ricer– catore discrilninare i risultati ottenuti e soste– nerli con argomenti somprensibili e-verificabili anche per chi non ha partecipato a quell'espe– rienza. Non c'è dubbio che ricercatori come la Fossey e altri sono riusciti a non fare entrare in conflitto la passione, e talvolta l'identifica– zione, verso l' «oggetto» della loro ricerca, e il massimo rigore scientifico possibile. AI contra– rio. Che ricerche stai facendo in questo momento? Sto studiando l'uso degli strumenti da parte del cebo dai cornetti. E' una scimmia del Sud America molto interessante perché ha dimo– strato di avere maggiori capacità cognitive di que!,che si ritenava avessero in genere le scim– Inié del Nuovo Mondo. Per esempio fa uso di strumenti per rompere le noci, oppure sa mo– dificare un rametto per renderlo adatto a rac– cogliere cibo in una· cavità. Fino ad ora questi comportamenti, fra i primati, erano stati regi– strati solo fra le antropomorfe. Ora sto cef'Cc\Jl– do di capire se tutti i cebi lo adottano, come imparano a farlo e così via. Per questo spero di andare in Brasile, sia per estendere le Inie os– servazioni dal laboratorio all'ambiente natura– le in cui vivono, sia per tentare alcuni esperi– menti sul campo. La tua ricerca ha a chefare con i tentativi, negli Stati Uniti, di impiegare queste scimmie come assistenti di handicappati gravi? No, però Ini sembra si tratti di un'esperienza molto interessante. A proposito di quello che si diceva prima però, Ini ha colpito, nel leggere il rapporto della ricercatrice che conduce l'e– sperimento, la grande freddezza con cui lo rac– conta, il taglio prevalentemente tecnico, privo di quel coinvolgimento di ·cui si parlava. E' forse da imputarsi a questo lo scarso conto in cui si tiene la lilnitazione estrema a cui viene sottoposta la vita di queste scimmie, anche se 1 stanno certamente meglio a fare quel lavoro che in gabbia. Né si dà adeguato risalto a quel– lo che capita nel rapporto fra cebo e handicap– pato, al legame affettivo che si instaura e che è certamente molto importante .. Ma anche alla possibile ambivalenza di sentimen!i eh~ può nascere in una persona che si sente così pro– fondamente dipendente da un animale. Non vorrei poi che la riuscita eventuale dell'esperi– mento.con le scimmie diventasse un alibi per lavarsi le mani di queste persone che, ovvia– mente, continuerebbero ad avere un grande bi– sogno di rapporti anche con umani. Dian Fossey e i gorilla, Jane Goodoll e gli scim– panzé, Biruté Galdikas e gli orango, Shirley Strum e i babbuini. L'elenco potrebbe continua– re. Si ha /'impressione che siano sopratutto le donne ad occuparsi dei primati. Non credo che questa impressione regga alla prova dei fatti, in termini statistici voglio dire. Cei;to è che molti "capi ricerca" in questo cam~ po sono stati, e sono, donne. I lavori più noti su gorilla. scimpamé e orango sono di donne. Ma da qui a trarre la conclusione che sono so– prattutto le donne ad occuparsi di primati, ce ne corre. Forse l'impressione è nata perchè questa idea di un rapporto privilegiato fra le donne e queste.scimmie è molto suggestiva, ri– chiama archetipi antichissimi. Basta pensare alla struggente tenerezza che suscita la vista dellà forza di King Kong che, di fronte alla fragilità di Jessica Lange -o Fay Wray nell'edi– zione del '33-, sa trasformarsi in dolcezza. Dunque niente che renda più "adatte" le donne a studiare e a capire i primati? Non credo che si possa dire così, però qualco– sa c'é. Intanto, al contrario di quel che si pen– sa, le donne sanno fare a meno degli altri più di quanto sappiano gli uolnini, si adattano dunque più facilmente a ricerche che richiedo– no lunghi periodi di isolamento. C'è poi qual– cosa nel modo in cui le donne vengono educate che ci rende più capaci di osservare con pa– zienza, di guardare senza la fretta di trarre conclusioni e di arrivare a risultati repentini.

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