Fiera Letteraria - Anno VI - n. 6 - 11 febbraio 1951

Dom enica li Febbraio 1951 LA FIERA LETTERARIA lacca turchina S'è offu ,cata io ciclo la lacca 1urchin1, ANNA A C H Nl A T O V .A e viù diàtirn o 1'è fallo un 1uono d'ocarin• . Si tun■ 1010 d'un t ù(olo d'argilla, non ,•'è molho che ai lagni t1n10, Chi gli h11contalo i n1ici peco 1l1 e pcrchè ml perdona? Oi lrl il fogliame arniffato d'un onlano il sole illumina la 1crr1 di 1c1ncio. NUOVE POESIE D UNA POETESSA D'AMORE 1912. Consunto è il tappettno Coniunlo è il u1ppclino tolto l'i cona, nella dmcra fre.,ca è buio , e fitt~ un'edera ,·crdcn ura l'ampia fincttra ba inanell ato. DaUe ro1e fragranza dolce a'ctpa nde, &coppiclla la lampada tho bruci a a 11cn10. C.uap■ncbe i1tori1le a vi•i 1cgni da una mano amorou d'aMigiano. E alla finc,1ra un telaio biancheggia." Fine e crudele è il tuo profilo. Schl,·o, le dii■ baciale nel fui. olcuo naacondi. Paurou mcnle a batter e preJe U cuore. e.be tanta ango1ci1 ha or■- E nelle trecce tconvohe un odor d.i tabacco ,·occulta, avverdbil e appcma. 1912. Tante preghiere Tailte preghi ere ha tempre l'amata. la ditama1a non ha preghiere- Come ton lieta ere l'acqua 011i tJ. muore .allo lo 1lrato di gblaccJo Incolore. E io mi ponò - aiutami, Crhto - 10110 qucua croata fragile e Wunte; ma tu cùra1i delle mie lcnere. pttehè ci giudlchino i pottcri. Pert.hè più chiaro e manlfcato tu da loro da vitto, taHio e audace: nella tu11gloriou biografia ti poKOn lotM la1ciare lacune? Troppo dolce è la bennda lerrena, troppo 1peuo le rd.i d'amore- Fa che una volta il mio nome leggano i fanciulli nei teui di 1cuol1. E, l'aHlilla i11orla apprendendo, torrida no con maliziL Daccbè non m'hai dato pace nè amore. fammi dono di Wll glori• amara. 1913. Orepassate a lavoNno Ore p1ua1e la tera I tavolino, la pagina irrim ediabilmenla bianca, una mimota 1a di NiJ.u e di tepore , vola un grouo uccello in un rascio dJ hma. E 11rene .per la notte le trecce annodando, quasi domani e.i foue bhoano di trecce, daUa finc,tra, non più auri ttandoml, guardo il mare, i 11bbio1i dcdivi. Quale potere ba colui che nemmcn tenerezza richiede- lo non pono levar le ,tanche palpebr e. quand'egH il mio nome pronuncia. Utate 1913. Serrale l riarse labbra jc~ te le riarac labbra, iamm.a infuocata di tremila ceri– Co1i giaceva la princlpeHa Evdoklja au un lenzuolo di broccato prohunato. E, ricurva, l'implorava 1enu lacrime per il flgliuolett o accecato una madre , e un'in\'lhta tcnu voce ri dimena va, l'aria tentando di prendere eon M labbra. E un vecc.hlo 1obbo dagli occ.bi neri, venuto da una terra del ,ud, quu l alle porte del paradho celute - ai gradi ni abbuiati ,i a111cc.ò, Autunno 1913. Turbamento I Si 10Horava per la luce :ardente, ma gli 11uardi ,uoi pan ·ero ra11i." Suuuha i appena, chè 1mman1irmi po1ev1. S'inchinò: e Dirii qu1lco11 > pcruai, Dal volto il &anguo 1i ritirò. Come pietra tombal e po1l 111.llamia vita l'amore. Il Non ami, non vuoi guardare . Oh, come tel bello, maledello I E lo non pottO Involarmi, io che fui 11111 dall'infanzia. Una nebbia m'offu1e1 la villa, co1e e pcnono ,i confondono– E tolo UD tulipano rouo, un tulipano porti all'occhiello. lii Siccome comanda ,emplice cortctia, venne a me, .on-ite. A mczro tra aHabUc e indolen te mi tfio rò con un bacio di mano. E di antiche, enigmaliche immagini mi fiuarooo gU occ.bi - Dicc! anni di palpiti e di gridi, tutte le mie notti lntonni a,•evo potto in una e.alma parola, e invano la dlul. T'allontanuti, e di nuovo ncll'anim, ti fece chiaro e ducrlo, 1913. Canzonacce a dispeHo Me1llo per me canzonacce a dhpe tto intonare, meg1io per te la fi'8J"monica roca tuonare. e dipart endoml, dopo l'ampleuo , per dormire (Ira l'avena, 1marrir e il na1tro dalle trecce t~. Meglio per me il figliuoletto tuo cullare, meglio per te meuo rublo al 1lorno (guadagnare. e re.cani al dì del morti In cimitero a vedere il lilli bianco del Signore. Ml sento allegra Non ho muto lendine allo line1ttt, guarda driuo nella mia 11anu! Per que,to ml acnlo allegr11, pcrchè non rie1cl a dipartiti, Chiamami pure donna 1en11 lene, tchcrni1eimi per rabbia: ,ono &lata la tua inronnia, la tua angoteia 1000 Kata. l'aHesi invano L'anc ,i invano motu :11nni, è pari al &0porc queato tempo; ma d'avlUò una luce inc,lingulblle tre anni fa, Il S.b 110 delle Palme. Ml ti ruppe la vote e ti 1pcntc: ~nd~~:o ~ii::1~ raunco':~i':;r1'~a ,gi:nt':°M, p1111v1 lenta. Oh, pia terata! IJn ritorno alle lettere N EL NUMERO del 2 aprile 1950, inop}o n111mente e 1enu rilievo di ,ona , l'01onjok pubblfcava ben 0110 poule di Anna At.bmHO\'I, 11 nota arth1a cood1nna• ta già al bando. nell'ago110 1946, con una 11rcpito&1 e ritolu&lone > del Comitato Cen1ra, le. Lo 1tcu o giorno - a Roma - appariva 1uJ noMro giornale un florile1io di ,·erti :11chm11ovl1ni;talchè l'inizi11iv1 della Fiero (d r. N. 14, 2 aprile 1950) e il ritorno alle lettere della fine cakmciala >, per eirco1tanu non prh'e di vaghcu1, coincidevano e1tro- 11mcn1e. Amabile la coincidenza; golou ollremodo la notid1, accolta ovunque - a ,inlatra eQJDe a destra - con pudore e 1enu tetri com– mcntt. Alla 1lctu 1ui11, acnia alcun u.nno, aveva 111mp1to la primi1i1 J'Ogonjok, collo, cando I veni Ira le 1ollte riprodudn ni di capi e mUhari, di foche e Kien d 11i, iti gru e attrici , di auor le fanciulle e di ln~lb1 cca, t.i pa1torl. Chè 1n1i, a dirla franca, 111il'r.1v al centro del 1e11imanale l'abitual e ou1dro e rcali1ta >, 1eppo di contadine e di 11ccbl di grano, mentre figuravano nelle altre p1, gine i con1ueti 1e11i 1ull1 ricostruzitone, ao, comp1gnati per giunta dalle immancabili cf, figi di qu1r1e1Lie 1inn111i, ollre ebc di be, nemerh e in1egnanti e di paffute tcar...chhte Ne11un rigo di 1aluto, neu un rigo di delu, ciduionc . Lo 11repcnte e cuo Acluu•tova > p11t1va agli ani in 1ilenli o, in tono perfetto con la dosata compotle:1111di quell'arte, Al maz&ctlo di ,·eni pubbliuto il 2 aprii" fece tcguito. nel num ero del 3 1enembre, on '°' condo gruppo, anch'euo tratto dal ciclto e C1o– ria alla paco>. Ven i e civili>, dunque, nul, J'aff11to ango1ci11i o peuin1i11ici, dichiarata• mcn1e celcbra th•i, in accordo con U ~ ero monto di Zdano• e, allo &leuo tempc,, e in linea> con le esigenze ufficiali. Per la atoria, due componim enti erano dedicati • Stalin in occuione dell'annivcnario della nu cit-. :ihri inneggiavano al pacilbmo della n■zlon-, dopo la villoria 1ui nuitti, ahri ancora aHentinno all'appello di Stoccolma e uno, infin,., am• monlva J calunnia1ori dell'URSS in occidente. Eguale J1 10111011, e con1cguenzialo lu tuli o con 11 parola d'ordine ufficiale; ma ben di– 't'CUI o ca1tigat1 J'intona&lone ri1pctll• •Ile bo!ICT1ti e tda ue coac rhe pur 1i leuon'-', im, malate, nei ,·er,ilicatori della Ruula d'oHi , Cricchiava appena il gbl■ccio 1onile d'aprile e aulla folla. come fatidica con&0l11ionc, la voce delle campane 1qaillava e nero vento le li:llmmeUe cullava. E nar-cbi bianchi 10111tavola o vino l"OHonel boccale gonfio io miravo, come ln una fo1chia mattutina, La mano, di cera intri11, trci:nava al i:nome.nto del bacio, e cantava Il 11ngue: Beata, esulta I 1916. E' ben,ì vero che non rientra nei gu11l nomJ la poe,i■ civile, &enonchè ricevemmo l'im– preHione che non poco giov1men10 ,I ureh, be potuto trarre, nella ccuiddena arte lunzJo– nale, dalla garb• tezza di tale voce, Tra i nomi dei redau orl, quui fouero po– che le meraviglie dei due numeri, ra1uva • J110 - con il rili C\'O dovuto all'incarico d1 e re1ponubil e > - quello del poc11°part1ian1 Surko•: il mede1imo Alekaej A. Surkoy che. in ben due aillogi di poe1ia ruNI conle.mpo, ranea 1 aveva e1duso l'artllto dal folto gruppo atto a rappre1entare il n1cgllo dell'ultimo 1ren1ennio. Ma a chi voglia upere di più 1ul e CHO Acbmativa >, o 1ugli antefatti, non •premmo conalgliare Jenura più edifican1e e completa del rappono di Andrej Zdanov pubblicato neJ. le eEdId oni Rir>Hcita> 10110 il titolo: e Po– Jitica o ideologia> (Roma, 1949). D. D. Dl SABBA Non è posslbile giungere qui Non è pouibilc giungere quJ nè In bu e.a nè con un carro, Sulla nne rovinosa e"è un allagamcn10, che uaed la il podere già da tutte le parti. Ah. poco lontan o 1i ecntlri m•n eare an Robin,on pari ! Andrà a guardare J., ùiue, gli lci, i cavalli 'Jl'R.ADUTTORJ[ DEL SETTECENTO Shakespeare Italia • lll ma poi aul divano • 1cdcre IOrneri upellandomi, e con il corto iperone farà a pen:l il llppclo . Ora un 10rrbo mite non vedranno gli 1pcccbl. 1916. Sempllce e chiaro E' ,cmpllce., è chiaro, compren1lblle a tutti: tu non m'ami affat.to, m:11amerai. A che dunque 1rudnanni dietro un etlranco, a che dunqu e ogni &eta per te pregare? A che, •bhando nando ramato e il ricciuto pargoletto, la Clii abbandonando e il pae.1e natio, come accattona vo ramln1a in una capitale d'altra lcrn? Oh, che piacere per me pcn11rc che ti rivedrò! E.tale 1917. Raduni oHurni Sì, li ho 1ma1I, codetti raduni nouurni : ,u un tavolo mlnu,co lo blce.bicri ghiacciati, •~pr■ il caffè un vapore 1oulle, profumat o, iill;:~, 0 ~o~'::: d*:J: ~e:Omlk!t:;:~~--to, e il primo 11uardo dell'amato, 1contolato, 1917. [inquieta nte. E' rimasta l ggiù E' rimuta l•ggiù la mia ombra ango1ciata, in quella ttanaa Hzurro-cb lan dimon e 11pena gente dl città a mcuanone. un quadrettino a 1111altobaciando. E nell. ca• non tullo è propi&io: il fuoco accenderanno , tatla ria fui buio– Non è per quctto e.be 1'1duH,ia. la aa oq [padroD&, non è per quuto e.be bevo vino il padrone e ,ente, dietro l'esile parete, l"o1pite convenuto ditcorr,e,,o con mo? 1917. Tullo è depredalo Tutto è depredato, tradi10, venduto, della nen morie l'ala è balenata, 1u1to è corro10 dall'an1ia della fame, per qual raaione ci si è fatta luce? Di gi.omo ha fra1ran 1e di cllie&I l'lntoli to bo1co 10110 la c.htà, di notte sfavilla di nuove co11telladon.i il fondo dei cicli tr.. parenli dJ lualio. E tanto vicino è alle &Oue c■ie lo macerie l'evento mirabile che 1'1pp,011lma, a ncuuno, • ne.Nano ig.noto, ma da 1«oll aaoanato da ooL 1921. la paura 1A paura che rllfoglJa le COM •I baio,, un raggio di luna riduce In UDI ,care. Dietro a un muro a'ode ao batdto .tnlttro. Che Nri? Topi. un ladro o ano 1pcuro? Ncll'alou cucina mette l'acqua • Cl"OKiae, fa di conto con le tavole .-.cWnti,, con una Ju11ra barba nera ,punta in aoffiua dietro a una flDellra - e 1'1cqucta. Com'è letta e mallp.a: i flammile-ri ba na1co110,,offiaodo aalla candela. Meslio U brillar di canne di canbinc puntale ,u l mio petto, meglio in un verde ,pinzo giacere 1a un palco privo di colori, luclando 1eorrere 11 aangue vcrmiallo tra gemiti e gridi di C.Htllao.u. Mi tlringo 11.J cuore la crocetta lilcla : Dio, la pace all'anima fa tornare. Un leu:o di putredine, dolce fino al deliquio. aale dal lenzuolo fre,co. 1921. Trincee Trincee, trincee_ Ti 1perdi totti. Della ,•ecebia Euro~ è rlm111110 un brandello, o,•e in un nembo di fumo ardono le ciui .- Ma ec.c:oche gli di Crimea 1"offu1ano le ahure. Un branco di prefiche meno dietro a me. Oh, di t.ilcnle pano au:urro ammanto I Se lu~re ·affan°no dilaga: in una tolu1ione Ionica è l'intera chtl: 1cn11 la menoma 1peranza di prender 1onno ,•edo per entro al fluido vcrdaatro non la mia infanzi• nè il mare, nè voli nu1i1U di farfalle Halla proda dei narcial bianco-nc,•e– ma il girotond o rappre10 in eterno dei cipreui tulio. tua tomba . 1940. Colloqui oonVicenza BIBLIOTECA iblioteca Gino Bianco Pag. 5 . Questa città Que111 ciui, cara a me daU'lDfanzia, \ nel ,ilc nzio di dicm1bre m'è parta 1imilo ou i a!Ja mi■ diuipata eredità. Tutt o clb che veniv11da lè e ch'era co1ì :11gevole ridare: •e«-nli di preghiere, ardore dell'anima, la aralia del prim o canto - tutto è pawato come tenue fumo, in un fondo di 1pccehi è marcito._ Ed ceco che 1u colui che non torna il vioUniata tcnu nalO ba già tuonato, àfa con curiotilà di atranicra, altnll a da ogni 1orta di no•ità, 1u1rdavo le 1li11e u11corrcre, e la lingua nllia u cohavo. E con 1elva1&Ia ftucheu.a e Tigoro m'alitava In voho la felicità, quui l'amico e.aro da aecoli puaaue con me l'ingre110 della cua . 19'°. Non soche farmene Non 10 che brmcne di ,c.bicro di odi. della m110Hicenu. di elegiache paNioni. Per mc nei veni 1u110 dev'cslCre non a (propot.ito. non allo ateuo modo che per ali altri. Se npc1 1e da quale contHtto nuc ono I .-erti, ig.n•rl di pudore". Come I aoffionl gialli alle 1t1ceionate, come l'al«p lee e le lappe. Un (rido rabbio10, una uffata di catnm o {freac.o. una muffa Hcou in una parele". e già il ,·euo 1q11illapro,·oca.nte, tenero, per la gioia voura e la mia. 194-0. E' bello qui E' bello qui, il fnuc:ìo e il crepitio delle Dffli ogni mattino più rigido è il gelo, in bianca vampata ,I china il ce1pualio di abbacinanti rote di ghi•cdo . E .olle futo&e nc•i da parata un.a traccia di 1ci pare ricordo di quando, in anni lontani, puaamm o di qui con te accoppiali, 1940. ' lnsolto autunno Un in10U10 autunno aveva levato una cupola [eecct.a. alle nubi era 11110 ordinato di non offuscarla. E t1upiY1 la gente. chè a'approulman il {termine del ICUcmbre ma do'l"eran finite le giornate umide, gelide? Di 1meraldo 1'era fallll l'acqua dei canali torbidi e l'onica aveva pre10 a odorare come ro.,._ bo lo però più forte. Si &0ffocavadalle albe acarlaue, in,offerib W e Cdiabolicbe. le ricordammo lutli tino alla fine dei nollri [Jiol"lli. V'era UD aole tale, quale un rihelle pcoetn to [nella capitd-. e l'aalunno primaverile tanto nlda.mcnte gli [&j llfÙllff&, che pareva di li a poco avrebbe pre,o a [blancbeggi■re U tr11parente bucaneve. - Era coù, qu.ando t'accostalli - tranquillo - {all'in1reuo della mia ca... 1940. Otlne di monologo Eccolo, dunque, coduto pae,agJio d'aat11m10, dio tutta la vit• paventai: e il clc.lo è come un baratro incandeteCDJe e i romori della ciui come uditi da no tal mondo, e.iranei per tempre_ Qmal tatto quello contro cui bo lottato per anni entro al me, ncue auunto una vita di,taccata e ti lotte incarnato in que1ti muri ciechi, in quello cupo p■rdine. E 1.nt '.anto;alle· mie• tpille, la CIU e.be fa mia ancora mi acguiva con occhio non bene.-olo, tocc.biuao, con la line1tra che tempre mi ate io mente. Quindici anni, come in quindici ■ecoll di 1raai10 ai fowero mutati; ma io tteua lui come grs.nlto: tormCnt:ati or:a, implona, invita come princlpeua di m11ri.Fa lo 1tewo. Non è [neceNUÌo. Ma neceuario urcbbc at.ato auic urarmi e.be lutto ciò è :accaduto più volte. E non a mo &Ola,anche ad altri, e pegilo ancora . No, non pe11io, meglio. E mia era la ,·ote, o - quel ch'era invero di tutlo più orribile - t uonava dalla tc.ncbr&. Quindi ci anni fa. que1to primo 1iomo col tuo canto accoglievi, i cicli e i cori degli astri e delle acque chia.m.ad a ,alutaro l'iocontro aolc.nne con colui dal qa11le. 011i, dip11rtit1 li te.I. Talchè &Onle t1H1 none d'argento codu~: chiama gli ospiti, adomoti, giubila! 19.J2. Come Inunrefettori Come in un refettorio , 11:1.bclli, la tnola, la [finestra con un'enorme luna d'argcnlo, Beviamo caffè e vino rouo, in delirio per I■ mu1ica. Fa lo 1te•o– E 1oprs Il muro fiorhce un r.:imit"Cllo. E 1u tulto una dolcuu pungente~ una doleuia - invero - che non ha ri1eonlro. Di ro&e impcrilur e, d't1\"I &Ceca a noi un rifug io la patria donna. ms. A. ACHMATOVA. (tra4 . dl D. D. df Sri"a}

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