Critica Sociale - XXXV - n. 23 - 1-15 dicembre 1925

CRITICA SOCIALE 299 . rai ci guadagnerebbero i]l salute e lavoterebbero con maggior piacere. Questo numero d'ore potrebbe, naturalmente, essère adattato al variar del bisogno di mano d'opera che abbiano nei vari periodi l'industria e l'agricoltura. D'i;I1- verno si potrebbe, ad es.. , far- lavorare gli operai 5 ore nell'officine e 3 nelle occupazioni agricole, e nel cuore dell'estate la proporzione potrebbe essere inver– tita. Come abbiamq già ·detto, non d consta che siano state ancora compiute esperienze in questo campo; se ~on state fatte, bisognerebbe raccoglierne i dati e stu– diarli. Naturalmente non si può, in materie siffatte, attenersi a regole rigi4e e uniformi. Non a tutte le in– dustrie conviene la s·tessa organizzazione nè lo stesso luogo. _ · Certo, anche con queste riforme, non verrà a cèssare l'accentramento della popolazione nelle città: le città oontin'ueranno a sussistere come centri dell'apparato amministrativo nazionale e degli istituti di coltura su– periorè: Ma la riduzione della burocrazia statale e l'aumento dell'autobom1ia -amministrativa locale'produr~ ranno la diminuzione della massa dei funzionari al cen– tro dello Stato. Inoltre, il decentramento dell'industri!a raggiungerà un livello tanto più alfo quanto più essai sarà metodicamente organizza~~ e resa indipendente dal!~ oscillazioni' del mercato e quanto più agevoli sa– ranno nel paese le comunicazioni. Quel tanto di istitu– zioni accentrate che resterà nelle .città non richiederà_ una popolazione superiore a quella d'una città di media ·grandezza, .all'incirca un· 100.000 ·abitanti. · ,D'altra parte il trasferimento in campagna delle in– dustrie trasformerà i villaggi iii piccole città, quali sono già. in Italia, e anche questo fatt-o aiuterà a se– parare, nell'agricoltura, l'azienda dall'organismo fami- gliare e ad estendere la grande aoziienda. . Senza dubbio, come abbiamo detto, non abbiamo ancora dati sperimentali sull'industrializzazione delr l'agricoltura. La soluzione del prpblema avrebbe d'altra parte per conseguenza una quantità imponente di co– struzJoni. nelle campagne, e richiederebbe perciò pro– fondi lavori preparatori e uno spazio lungo di tempo. Non può quindi essere iniziata se non da uno Stato ricèhissimo, in cui il Socialismo abbia già solide i:,a-· diei. Nel periodo di passaggio dal capitalismo al socia– lismo, di cui qui specialmente- ci ojccupiamo, la que– stione non sarà ancora matura per una soluzione. Tut– tavia è bene averla indicata sin d'ora, perchè i pratici e i teorici comincino ad occupai;sene e a raccoglier dati, al modo stesso che 1e esperienze compiute verso il 1840 dalle Cooperative di produzione, quantunque assai im– mature e praticamente inefficaci, ci han.no tuttavia of– ferto più d'una indicazione preziosa. Noi non possiamo attuare il socialismo so)tanto sulla guida _di teorie formulate a forza di una speculazione a~tratta. Occorrono esperienze, le quali quanto più sa– ranno numerose e proluniate, tanto più ci permette– ranno di marciar sicuri verso l'avvenire! In generale, abbiam visto che la sodalizzazione del– l'agricoltura presenta maggiori difficoltà che quella dell'industria ed esige una maggior {teparazione. Ciò nonostante, non sarà bene che un regime socialista la rimandi alle calende greche. Quanto più sarà efficace e ·rapida l'azione del socialismo nell'agricoltura, tanto più sarà facile disarmare il suo più terribile avversario;" la psicologia dei contadini. In una collettività democratica, in cui l'industria è sviluppatissima, non c'è più da aver paura dei capita– listi, oome fattore materiale di forza. Il proletariato è Biblioteca Gi.no Bianco in condizioni di àver ragione di loro, dato che essi son già divenuti superflui .dal punto di vista economico e che le forze intellettuali di cui il proletariato dispone non sono inferiori _a quelle dei capitalisti. I rapporti di potenza fra borghesia e proletariato sono, in una coll~ttività veramente democratica, una .questione' di economia e di intelligenza, non di fòria: Al contrario il oontadino (mezza,<;lro·, affittuario, pic– colo proprietario) rappresenta sempre una forza for– midabile, non ·solo \èconomica ma anche materiale, che potrebbe, all'occasione, costituire per il regime pro– letario un grande ostacolo, e fors'.anche un grave pe– ricolo. Eppure la sua opposizione ·eco~omica al pr9le– tariato ha radici assai meno profonde che quélla del proletariato al capitale. Infatti,· ànche Òei casi in cui il regime proletario indenniz~erà il capitale per tutti gli strumenti di produziope ceduti all~ Stato o ai Co- · munì,. sui capitalisti incombe tuttavia .la Itl~n;iccia di perdere ogni potenza goduta. si'n quV Inyece: Wpicd:>lo proprietario o affittua_rio, chè ·non sfrutta salariati, non ha nessuna-potènza da, perdere con l'avvento del socia– -lismo, ha an:z,i• da atlendersene·un maggior benessere e un alleggerimento délla sua gravosa fatica.· Ma egli non crede alle assicurazio\1i yerbali; gli ci vuole, ·per con,yincer1o, la lezione pratica delle cose. Ed è cosa delta più alta importanza che noi possiamo offrirgliela, e offrirgliela di un genere un po' diverso, da quella dei. bolscevichi. Se l'esperienza sarà attuala meno clamo1X>samente,ma preparata in modo serio e adeguato, non solo varrà, nel paese in cui-il proletariato sia riuscito vittorioso, a far _sc9mparire la più perico– losa delle opposizioni, ma gioverà a rendàe più aige– vole la lotta e più rapida l~ vittoria dei proletari so– cialisti negli Stati in cui la popolazione è ip maggio– ranza agricola. Questi Stati non dovranno più allora, oome quelli che sono alla testa del movimento economi– co, vagare attraverso tutto il deserto del .capitalismo per · giungere alla terra promessa del socialismo. Essi po– tranno raggiungere la rp.èta per un cammino assai più breve. Le ''altre,, otto ore « Il valore morale di un popolo dipen• de, in larga misura, dal modo con cui esso impiega le sue ore libere •· Le parole riferite in epigrafe, parole che to– gliamo da una deliberazione con la quale il Con– siglio del B_urèau lnterllfl.tional du Travàil po– neva _all'ordine del giorno della VI. Conferenza internazionale del Lavoro il problema dell' « im– piego delle ore libere dei lavoratori », possono sembrare a prima vista niente più che una os– servazione banale di letteratura sociologica. Per noi, socialisti gradualisti, quelle parole assumono invece - oggi più che mai, in Italia - un va– lore politico e pratico di primo ordine. 11concetto 1 ch'esse adombrano, è suscettibile di sviluppi e d1 applicazioni, che attengono intimamente all'anima profonda del nostro partito, a ciò che è più ca– ratteristico nella nostra visione dell'evoluzione so– ciale e della stessa lotta proletaria; · in altri ter– mini -,- intese e sentite .a dovere - esse sono in qualche modo la premessa, .la giustificazione, la nota differenziale di tutto un programma d'azione. Allorquando - e l'attesa non può essere -lunga, sebbene tale appaia oggi alle nostre legittime im– pazienze -,. dileguatosi lo sbalordimento che se– gui inevitabilmente al travolgimento di. tutte le nostre istituzioni, JlOÌ potremo riprendJ)re-oon se-

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