Critica Sociale - XXXV - n. 23 - 1-15 dicembre 1925

èlUTtCA SOC1At~ . poi socializzare l'allevamento anche del piccolo be– stiame, ll:!-coltivazione della verdura e delle frutta, e in che misura? t inutile che ce ne occupiamo ora.. Checchè ne sia, siamo autorizz~ti a calcolare che da due parti (dalla parte della grande azienda da cui deve esser resa indipendente la convivenza delle sin– gole ·famiglie, e dalla parte delle piccole aziende da cui deve esser distaccato il lavoro dei campi) la so– cializzazione dell'agricoltura s'estenderà gradualmente d'un passo sempre più rapido, a mano a mano che s'accumuleranno le esperienze e che saranno più note– voli i risultati economici che esse avranno dati e che il prodotto offerto ai consumatori sarà più ab– bondante e a migliçr prezzo. La socializzazione .del suolo attuata, sia con la con– fisca (dove sarà possibile), ·sia, di regola, con l'ac– quisto progressivo delle tei~e private, costituisce la ·con-. dizione sine qua non- per far entrare fagricoltura nel– l'orbita della gestione soctalista. Ma non è che una. di queste condizioni. Limitarsi a nazionalizzare il suolo · senza modificare la natura· dell'azienda, come propon– gono molti riformatori agr.ari; sarebbe un mutamento insufficienJ,e. L'industrializzazione d·ell'agricoltura Non è possibile che la socializzazione dell'agricoltura si limiti alle istituzioni che noi abbiamo testè esa– minate._ Essa deve sforzarsi di proceder oltre, ·con l'in– tento di associ.are l'industria e l'agricoltura. · Già un tempo, nell'azienda contadina ·privata, i_ due elementi erano associati: il contadino produceva lui stesso quasi tutti gli oggetti industriaH di cui aveva l?isogno. La divisione del lavoro ha, progredendo, reso indipendenti, hrna dopo l'altra, tutte le industrie con– tadine e le h~ fatte emigrare nelle città; accanto ad esse ha fatto sorgere innumerevoli industrie nuove, divenute indispensabili ai contadini, anche in un paese _arretrato còme la Ru.ssia. La ])Ovina dell'agricoltura russa è infatti dovuta, in buona parte, alla rovina del- . l'industria. · Il lavoro del .coltivatore, a mano a mano chi'; si· limita sempre più aU'agriapltura vera e propria, di– venta sempre più un lavoro stagionale, ché ha, fo 'certi . momenti, un'intensità febbrile e in certi altri mo.menti cessa quasi del tutto. In .città, chi è a capo dL lin'in– dustria stagionale può, all'i-nìzio della stagione morta, licenziare i suoi-operai,• sicuro di trovarne alfri quando . gli afJari riprendonò, mentre anche l'operaio lice0- ziato riesce, sia pure a prezzo di grav_i privazioni, a trovar qualche occupazione durante la sospensione del suo lavoro abituale. In campagna, invece,-si esercita, la più parte del tempo, una industria sola, fatta ecce– z_i,oneper la silvicoltur·a, che però non dappertutto dà lav,oro·in inverno; e durante la stagione morta l'avven– tizio agricolo difficilmente, trova da. occuparsi. Vice– versa, nel periodo di intenso lavoro agrkol0, è quasi dappertutto diffiçile procurarsi imà mano d'opera suf– ficiente. . A questi svantagg_i prodotti dall'emigrazione dell'in– dustria dalla campagna in città, se ne aggiungono altri, e cioè: in campagna, la popolazione diminuisce_ e _si concentra nelle città; la popolazione rurale è priv:1 · di quelle <listrazioni intellettuali che- la città offrt> in abbondanza e perciò s'abbassa intéllettual.m,ente, se non in modo assoluto, almeno in paragone della popo– lazione cittadina, si€chè s'apre fra l'una e l'altra un ,,aslo abisso intellettuale, che contribuisce nòn poco alla loro reciproca ostilità. - Le città, alla loro. vol-tà, oltre che di intellettualitÌf( più elevata, sono centro di lusso, di viz.i; di ci;iminalità. BibliotecaGino Bianco · Il lavoratore che vive in città perde lo stretto ,contatto con la natura e corte rischio di subire una degenera~ zione fisica. Inoltre l'ammassarsi della popolàzione nelle grandi città determina spese sempre maggio:rl per il trasporto di quanto 'è necessario al loro ap– provigionamento, mentre le immondizie domestiche e le materie fecali vanno in gran parte perdute per l'a– gricoltura. Questa separazione fra industria e agricoltura, fra città e campagna, spinta al punto in cui è oggi, ,è uno dei più d~nnosi effetti del capitalism<;>industriale, e fintanto che essa non sarà soppressa;- sarà impossi– bile· trionfare completamente dei mali che produèe. · · Ai nostri giorni ci sono ~cupe circostanze che favo– riscono il trasferimento in campagna di. certi stabili" menti industriali. 'Le prime· forme d'industria capita– listica, tanto il lavoro a domicilio quanto l'estrazione dei minerali, hanno avuto origine fuori delle ·città. Quando, in seguito, il macchinismo fece la sua appa– rizione, la sua prima forza motrice fu l'acqua; per'ciò in Inghilterra a una fabbrica si dà ancora il . nome di mill ·(molino). L'inqustria andò nelle valli fluviali a ricercare la forza idraulica. Sono state- la macchina· a vapore e le ferrovie che hanno in sèguito determi: nato l'accentramento in alcune città della grande.mag– gioranza delle industrie. Sin qui le tendenze contrarie non sono. state così · forti da arrestare .questo movimento, Qua e là alcune officine sono trasferite in campagna quand0 vi trovano una mano d'opera a migliori condiz;ioni. Contempora– neamente altre industrie sono portate là dove si tro– vano i prodotti agricoli che servon loro di materia primi\, i_quali, per- ragioni o tecniche od economiche, spesso 1ion comportano il trasporto a grandi distanze: così gli zuccherifici, le distillerie, le fabbrijche di con- serve alimentari ecc. · · Più di .un fabbri_carite, infine,· s'è deciso all'acquisto d'una tenuta nelle vicinanze della sua officina, non per suo piacere, ma per provvedere più facilmente e a pitl buon prez1..-0al bisogno , di g~ner-i al.~mentari (latte,, burro, uova,· carne) dei suoi operai. _ _ _ Ma tutte queste imprese restano ancor-a troppo .iso– late per esercitare un'azione. sulla fisono.mia generale della so.cietà. •Esse non sono. -state fatte secondo un piano organico, e nessuna di esse ha affrontato il pro,– blema vero, che è di assoéiave organicamente la pro– duzione indus-triale e la produziÒne agricola. Su questa via, il capitalismo non ha compiuto il minimo lavoro preparatorio. Spetta, al regime socialista di 'trovare, per via di ~sperienze, forme 1'lratiehe di quella associazione, le quali Hon consistano soltanto nell'impianto di indu– strie in zone di campagna, dove r~clutino operai fra gli addetti ad aziende agricole, ma çonsistano in un im- · piego delle forze di lavoro org?,nizzato in modo che 1 nei perioqi di intenso lavoro agricolo, specie durante laraccolta. esse possano collaborarvi efficacemente e·,· nei periodi invernali di sospensione o scarsità dei lavori ag_1:icoli, l'industria possa offrire occupazione ai lavòra– tori dei campi. Si arriverebbe anche a una forma piµ_elevata di que– sta nnio11e ~ell'agrieoltqra con -l'industria, se si rh1- scisse u far sì che ogni operaio lavorasse regolarment~~ c1ualcht>òr;i ogni giorno all'aria aper,ta, Sl,!'icampi, e · qualche ora_ nell'officina, sopprimendo çqsì la ~offo- -cante monotonia d'un lavoro sempre uguale. Se, ad es., lavorando otto ore al giorno, ogni operaio potesse de– dicarne quattro al lavoro agrico~o e quattro al lavoro industriale (e cop tre squadre, la intera giornata di la– voro sarebbe, nèll'un? e nell'altro, di 12 o~e), gli op~- · •

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