Critica Sociale - Anno XV - n. 18 - 16 settembre 1905

284 CRITICA SOCIALE Noi YOrremmo, il piì.1 brevemente possibile e da semplici dilt•ttanti, C>saminare fino. a qual. punto q uesta co rrente idelllistica coutradd1ca e chstr~!fga i postula.ti fomlumcntali dC'I posìti,•ismo e qu_ah 111- n o,·azioui < 'i.Saapporti in quelle che furono ritenute fin qui lo b:Hd filo!wfid1c del socialismo. r. L'idt.•nlismo anzitutto prende le mosse dalla critica Kantiana drn'a conoscc:1:.rn. Questa rritica dice (come è risaputo) che noi non possiamo conoscere l_e <'?S? in sè ma eolo ncllft loro relazione al nostro 10, 0100 quali' esse si appulesano, o, quasi a dire, entrano nelle nostro prccsi::iLonti categorie mentali. " 1t not? (adoprrhuno le lucide par?le dell~ Spaventa nel h• bro ripubblicato dtd Ocntlle col titolo /Ja Socrate ad Jlegel, tanto i11torcssa11tecosì dal JHl!ttodi vista del~a sciom-;a come eh~quello della stona della coltuia itnliand e che nell'istesso tempo, ritorna di tanta att1rnlitk i'n q1:cste controversie contemporanee), è noto che il conccLto essenziale della Critica della Ha9io11 Pura consi8tc nel negare la possibilità di ol– trepassare il mondo dc' fenomeni, o nell'affermar~ che lo spirito teoretico non ò altro che la facoltà eh produrre la esperienza come un sistema di rappre– sentazioni mediante le impressioni esterne e le ca- tegorie ,, ( 1 ), • Noi possiamo " popolarmente II rappresentarci I~ portata delhl critica Kantiana guardando uno cli quegli specchi concavi, in cui le inuna~ini, pu~ re– stando somig-lianti alle persone come 1101 le Yed1amo, appariscono stranamente sfigurato. Se la nostra pu– pilla arnssr quella t:ile concaYità noi Yedre1~mo le fin-ure umane e gli oggetti in generale come c1 appa– ri~cono in quegli specehi i essi, cioè, ,c:arebbero (per noi) in quella forma. Ora, le figu_re um_ane _e ~li og– getti in generale sono i11 sè stessi quali no1 li ve– diamo con questi nostri occhi o quali li vedr~~m~ se le nostre pupille posseclesaero 1a concav1ta cli quegli specchi"! J~videntemente il pro?lema ò _inso– lubile: noi non possiamo conoscere gli oggetti che qurtlì essi ci appaiono. Anzi, si potrebbe aggiungere, un'esistenza. degli oggott,i in sè stessi, indipendente– mente da un soggetto che li percepisce, è un non– senso, come prova appunto il fatto eh~, se es~stesser? due enti uno dei quali possedesse gli occhi umani, un altro gli occhi fatti a roggia cli que~li specch! concavi, gli oggetti verrebbero da _questi due .enti percepiti in forme assolutamente diverse: ma, in sè, come sarehbero essi? come li scorge l'uno, o come li scorrre l'altro? 1~: chiaro che il fatto che essi sono ))ercep'ìbili in pili forme significa che il~ sè (ci_oèin· dipendentemente dlt un sorgetto che Il consH!er~) essi non sono nè in una ne nell',\ltra forma, ne m una terza qualsiasi, Anche il Maeterlink (che, come Chateaubriancl _e )lanzoni per la restfrnrazione religiosa e Zola per 11 positivismo, si J)otrehhe, ?ntro certi limiti, con~ide– rare l'espressione letteraria di q~esta tendenz~ idea~ lista (') ci dà. nella l.,ie des Abe,lles modo__di farci una rappresentazione II popolare ,, della cntica Kan• t,iana. Quando, infatti, il grande scrittore belg-a fa sorgere dina111,iai nostri occhi, con tanto amor~ e con tanta evidenza, l'organismo spirituale della vita di questi insetti, ci viene spontanea la do1!1anda: come apparirà. ad essi questo mondo che _noi scor• giarno così o così (o meglio come appa1:1r_ehbo ad essi se possedessero veramente quello spmto cono– sce1:te ed attivo che vi scorge il Maeterlink)? Evi– dentemente, il mondo aHcbbc per essi u~ aspetto, una forma, una disposizione del tutto diversa che per noi. Ora, in sè :;;_tesso, il mon~o ~ quale appa~·~sc.~ a noi o quale appnnsce alle ap, d1 }r8:et~rlink. li ... chiaro che la nostm mente non potrà mai rispondere a questa domanda. . _ Bisogna però notare che quest_e configuraz1001 " popolari 71 non esauriscono tutto 11conten_uto d_alla critica Kuntiana la quale non mette soltanto m chiaro che i nostri se,:si non possono cogliere l'in sè delle cose bensl (per usare le parole del )[eHi, uno dei pili limpidi e affascinanti esJ>ositori de)l'idealismo, quale lo elaborò Schopenh0;ue_r) che " v1 sono _con– dizioni uni\'ersali e costanti d1 qualunque esperienza obiettiva fondate non sulle particolarità di questa o quella 'coscienza, e tanto meno di questo o quello organismo, ma su ciò che costituisce la coscien~a come tale il soggetto conoscente come tale, ossia su quelle 1 forme o funzioni senza. cli cui la coscienza non sarebbe coscienza di oggetti, per cui nulla esiste ohiettivamonte che non si presenti a noi in quelle formo o non sia appreso secondo quelle fun– zioni. Questo formo e fun.doni intellettuali che, in– sieme coi dati sensibili 1 costituiscono tutta la nostra esperienza ohiettivfl 1 sono, secondo la s~mplifica~ione che Schopenhauer ha fatto della dott_rrna Kantiana, il tempo, lo spazio o la causalità . ., .Noi, insomma, non conosciamo gli oggetti se non nel tempo, nell~ spazio e nel rapporto di causalità tra ~ssi e verso ~h noi. :Ma. il tempo, lo spazio, la causalità sono um– camcnte forme delle nostre sensazioni, le quali ul• time non ci danno se non un materiale bruto, che ,,iene poscia clnlla nostra mento elaborato secondo quelle forme. " li mondo obiettivo pe_r 1_10inon è altro che il mondo delle nostre sensaz10m raggrup– pate e localizzate nello spazio, ordinate nel t~mpo, mediante la funzione intellettuale della causalità ..... mondo dei fenomeni, ossia di realtà rappresentate nelle forme e secondo le leggi del soggetto cono– scente ,, (1). Ora, 11idealismo 1 in quest~ sua p~ima fase (idea– lismo critico) non contraddice, evidentemente, af– fatto alla scienza positiva. Quest'ultima. ricerca ed associa i rapporti e le leggi della realtà. Dato pure che questo leggi siano, non assolute, non in sè, ma relativo ai nostri modi di conoscenza, il fatto ò che esse sono, pcL' noi, vere. Esse sono le uniche leggi che noi possiamo formulare intorno alla realb'~ cosmica. Sono le uniche forme in cui noi possiamo appl'enclere questa realtà. Che siano rela– tive a noi, che ce ne 1>ossano essere, per ipotesi, altre diverse por intelligenze che possedessero ca– tegorie montali differenti dalla nostra, è cosa che non ci importa affatto. Queste altre forme, queste altre leggi (che sarebbeM il mezzo di apprensione delle cose da parte di queste intelligenze diYerse) noi non potremo mai neppure concepirle. La sola cosa che ci importa - e che ci importa moltissimo - è di determinare le li->ggi della realtà, secondo che questa apparisce a noi, cioè secondo il modo fondamentale cli CRsere della nostra mente. A ciò rispondo 111scienza positiva, la quale, aclun– que, non è intaccata clall'idealismo critico; solo che questo intensifica in essa e rende pii1 costante l'at– tenzione al fatto cho le leggi, che essa scopre e de– termina, sono soltanto relati\•e alla struttura della mente umana. . .. So non cho 1 nella sua seconda fase, l'id ealismo, non pit1 critico, ma assoluto, si propone cli supern.re l'hyatus segnalato eia Kant tra la realtà. e la cono• scenza. Ecco quale concetto, almeno approssimativo, si {') S1•AHSTA, Da Soc1·C1ltCld lff(ltl. - Bnrl, Laterzn, 1905 (11.127). (1) llt:1.1,1, I.a filosofia /JJ Sthopu1fla11e1-. - }'Jrenze, Seebcr, J')()5. 1•1 Ycdl 11pcc1a1mcnte /,e 1'riso,· /Jts lllonl>lts e Le Tempie E11sei;eU. Cap. I. (La realtà obletllva),

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