Critica Sociale - Anno VII - n. 8 - 16 aprile 1897

124 CRITICA SOCIALE IL NUOVO PATRIOTTISMO CA proposito della. pe.oe a.f 'r1oe.na ) Il. li più chiaro segno ~el ca~ere del vecchio pa– triottismo e del sorger del DU0\'0, in co11trdsto di quello ed in ossequio alle nuove esigenz .., è stata 1a pace africana. Chi infatti ricordi la fiammata di entusiasmo onde crepitò tutta di applausi l'aula del Parlamento italiano all'ingresso del vincito1·0 di Coatit, e la vampa d'ardore guerresco di che l'Italia fu accesa all'ann.unzio della strage di Amba-Alagi, non potrà non meravigliarsi dell'indiffel'enza con cui ru accettata dal popolo la ve1·gognosa pace di Addis-Abeba. E vergognosa, dico, secondo l'antico patriottismo, quella pace conclusa, dopo una grave sconfitta, da pari a pari con un re dichiarato pochi. anni innanzi schiavista, cioè barbaro; del quale si riconosce solennemente e si notifica al– l'Europa l'indipendenza. dopo averne pomposa– mente vantato e uotifìcato il vassallaggio. Poichè l'Italia, per i suoi precedenti lontani e vicini, ap– pariva uno dei paesi nei quali fosse più saldo l'an· tico patriottismo politico; ed una prova infatti essa aveva cli ciò dato, lasciandosi per troppo tempo sgovernare dal Crispi. Chè vero patriottismo vec– chio fu, ad onta del resto, quella politica, che venne detta megalomania crispina: e l'essersi potuta chia– mare così, già accennava al decadere di tal fo1·ma di patriottismo. Il giovinetto italico regno, sedotto dall'accoglienza lusinghiera che a lui, simpatico adolescente di buon sangue ed ardito. avea fatto a malizia la società degli Stati grandi d'Europa, si credette in patriot– tico dovere di agire anch'egli da grande, cioè di scimmieggiare le mode dei grandi e di prenderne i vizi a modello. E pe1·ò volle addobbare una casa di lusso: ma mancandogli i mezzi, dovette contentarsi di acquistare di terza mano ed a credito un vec– chiume di istituti politici, amministrativi e militari, insidiati dalle tarle e dal tempo. Per allargarsi, pensò di giuocare d'azzardo nelle grandi bische : andò al Congresso di 13erlino; e fu barato. Allora, per dar prova di ardire, volle avere la sua ,,e,·· tenza cavalleresca: attaccò briga con la Francia; ma con suo scorno dovette ritrar3i, perchè biso– gnava pagare prima i debiti contratti con l'amico protettore divenuto av,•ersario, e i suoi più fidi compagni, sentito il pericolo, rifiutarono d'assisterlo. Infìne, per mostrarsi disinvolto, volle salire con gli altri al bordello: guidato dai cattivi amici andò nel peggior trivio africano; ma pure con suo grande gusto, anche perchà in questa ostentazione di viri– lità credette d'aver trovata la sua rivincita. Ricordo ancora il senso di delusione, che io, giovinetto. pro– vava. quando nel ricercare su per gli atlanti i pos· sedimenti coloniali degli Stati d'Europa, mai non vedeva impressi i colori d'Italia (simile delusione io pativa l'iscontrando invano sul dizionario purgato qualche mal compresa parola pornografica); e piit ricordo la mia gioia ed il gran lavoro di matite co– lorate e di pennelli all'annunzio della conquista d'Ass•b. Ma di quella conquista non si tenne paga l'Italia e bramò mag~iori avventure. Non forse gli altri granr1i Stati d'Europa si agitavano in cerca di nuove coloni• I E non pensò l'Italia che gli altr-i Stati, vecchi dell'arte. pl'ocedevauo con altri mezzi e con altri fini. Dei ricordi storici che le frullavano pel capo ella prered atrenersi a quelli rlel granr1e im– pero romano, anzi che agli altri delle sue piccole repubbliche medioevali: e credendo ros"e bastato un piano regolatore pe1• fondare la terza Roma, volle, B1b1otecaCJ1no H1ar e come la prima, procede1·e conquistatrice per furia d'al'mi. I primi rovesci non fecero che incitarla di pili: ma veuue la sconfìtta di Adua; grave sconfitta e più gra"e umiliazione. Che cosa couveniva di fare? anzitutto rovesciare il Ministero: e fu fatto a furore di popolo. Poi ottenere una clamorosa rivincita: cosi almeno imponeva il patriottismo, e parve dap– pl'ima volere l'Italia. . . . l\fa, durante la sosta seguita a quella caduta, la bo1·ghesia italiana, o meglio la pa1·te più conscia di essa, cominciò a pensare: « Per fare la guerra oc– corrono i danari: circa un miliardo; e gli uomini:. un ceu tornila. Ma per fare i danari o bisogna sac– cheggiare le Banche, cui ci troviamo ad avere ar– fìdato i nostri sudati risparmi, o far debiti all'e– stero; perché certo danari di tasca, ad averne, non ne caviamo più: altrimenti come an'dranno avanti le industrie e i commerci, come si sfamerà il po– polo 1 Ora i debiti bisognerà pure pagarli, come noi li facciamo pagare ai nostri debitori; e pagarli io bell'oro sonante: ciò che farà. crescere l'aggio e ci procurerà dispiaceri in famiglia per le mode pa• rigine delle nostre signore. E allora lo Stato dovrà, corno noi, mette1·si in economia: e non ci appal• terà piit le strade tortuose, nè più ci costruirà le comode rerrovie, nè più ci aprir·à gli oscu1•itrarori, nè piì1 ci scaverà i torbidi porti. E, ciò non ba– stando, si dovranno imporre nuove tasse e forse violare di nuovo i sacri patti contrattuali, riducendo ancora gli interessi della rendita e facendo deprez. zare ancor più quella poca che possediamo. E se anche avemmo buon naso d'impiegare altrove i nostri capitali, abbiamo pm•e, si sa, qualche co– succia al sole, <love giunge l'occhio e la mano del– ragente delle imposte; e bisogna pure apparecchiare la tavola e fuma1·e il sigaro dopo 1wanzo. Inoltr'e per rare la guerra occorrono gli uomini: leveremmo dunque i nostri operai dalle ofllcine, i nostri con– tadini dalle terre, i nostri figli dagli studi. Eppoi, che cosa pot1·à succedere qui, mentre la maggiore e miglior parte del nostro esercito si troverà a combatter laggiù 1 Già a Roma e a Milano la ca– naglia "i agita in piazza; il malumore serpeggia qua e là. nei reggimenti: e se i nuovi chiamati non rispoudessoro all'appello, quando gli altri fossero iu fretta e in furia partiti 1 Dogali già fece cadere uu Ministero potente; Adua ne ha rovesciato un alfro che pareva incrollabile: che cosa non po– trebbe mai rovinare dopo una maggiore sconfìtta? Perché in fondo la vittoria non è nemmeno sicura: quel benedetto esercito ch-t è costato tanti danari. ..; e poi, anche vincendo, quali per noi ne sarebbero i vantaggi 1 Eh! già; delenda Ca1·thago ! Ma dove sono i bei fìchi cartaginesi? Per altro vi è l'im• piccio dei prigionieri : meglio, per la gloria loro, che fossero morti con l'armi in pugno: ma, ad ogni modo, bisogna riaverli. Pure, se noi seguitiamo la guerra, li faremo massacrare: meglio l'iscattarli, pa• gandoli, come ci sono stati pagati i nostri concittadini ammazzati a New Orleans e ad Aigues-Mortes: col danaro lutto si aggiusta; e Menelik in fondo è un re civile, che sa comprendere il peso di certe cose. Ma il Negus esige un formale trattato di pace. Come L .. Acco11senti1•viè poco onorevole e patriot– tico! .... i\l;\ dovremmo noi dunque, pe1·questo scru– polo qui, inopportuno cou un popolo barbaro. im– miseril'e e rovinare la patria nost1•a 1 Si faccia dunque la pace, se è necessaria per il bene del paesH: questo, si, è patriottismo ve1·0. » Tale il 1·agionarnenlo formatosi nella coscienza della parte pilt consapevole e più eletta della bo1•– ghesia italiana rlopo la sconfitta di Adua; il quale portò alla conclusione della pace. Durante le trat-

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