Critica Sociale - Anno VII - n. 8 - 16 aprile 1897

CRITICA SOCIALE 123 permettendo d'ingrassare comodamente, copre i loro terreni come una corazza potente contro cui invano si eserciterà il tarlo socialista, ma anche vi partecipano spiriti colti e illuminali, ai quali sembra che i nostri contadini abbiano raggiunto l'apogeo dell'agiatezza e che non siano, come tutti i proletari, vittime di uno dei piò. raffinati sistemi di srruuamento borghese. Or quanto poco di vero sia in questo affermazioni io voglio dimostrare, parend1Jmi ormai tempo che i socia– listi incomincino a sfatare anche questa leggenda, por– tando il contributo della loro critica, che si esercita su lutto il vasto organismo borghese, anche sopra un ar• gomento cosi vitale pcl partilo, specialmente nell'Italia centrale. A,•verto che io limito le mie osservazioni a quella parte &spra.e montuosa. che si dice propriamente aUa Umbria, perchè questa provincia. è cosl vasta (credo la più grande d'Italia) che uno studio vario e completo non troverebbe posto noi limiti d'una Rivista: del resto penso che differenze sostanziali non vo ne siano. all'in– fuori di quelle cbe possano derinro da un clima meco crudo e da un terreno più fertile. Così io mi accingo a portare un contributo modesto alla soluzione della que– stione agraria che,con la magistrale relazione di Bissatati, Rocca Pilo e Samoggia al Congresso di Firenze('), s'im– pose allo studio del partito: sperando che altri compagni dell& regione mi voglia .no imitare, J>ermodo che questa vecchia Umbria., sulla quale pas~ò così da vicino il soffio potente di tre civiltà, come l'umbra, l'etrusca e la romana, venga anch'es98, a prendere il posto che le spetta net giovine partito; por modo che quel corto spirilo d'indipendenza e di naturale fierezza che carat– terizza. queste popolazioni, alle quali da anni e anni è lecito mandare sempre alla Camera lleputati radicali e repubblicani, venga sempre più incanalato nellag,·amle corrente e diretto al suo ,·ero scopo, come già da qualche tempo si sta racendo con e,•idente successo. Rirerendosi a.I senso etimologico della. parola, gene– ro.lmente si crede che me:zaclria voglia significare di– visione a metà dei prodotti della terra rra contadino e padrone. Mu.se rorso in origino cosi avveniva, in seguito i proprietari qua e là siffatta.mente ritagliarono il con– tratto, che ormai, di questo provvido mantello che do,·ea riparare le miserie de' nostri montanari, appena appena è rimasto un misero berretto, poichù le condizioni eco– nomiche dei coloni, in,•ece che migliorare, andarono peggiorando sempre in modo spaventoso, come in se– guito dimostreremo alla stregua di statistiche ttfliciali sul movimento dei pelln.grosi. nelrUmbria in questi ultimi decenni. E inratti se si toglio la partecipazione sugli utili del bestiame che è veramente a metà, per Il resto la pa1•te del leone è sempre quella del proprietario, al quale di 'h, spettano per lo più i 1 / 1 di grano, di granturco e di vino. Ci sono poi i vigneti e gli oli,•oti pad1·onali, i cui prodotti vanno interamente al padrone quantunque coltivati dal contadino, il quale è angariato da un uso veramente medievale, qual ò quello dei cosidetti obblighi di natale, carnevale e pasqua, sotto rorma. di pollami, uova, agnelli, formaggi in quantità. non indifferente. Con questo metodo di compartecipazione ai prodotti ricavati dal suolo, il padrone costringe il contadino ad un lavoro intensissimo finoall'esaurimento, obbligandolo a utilizzare, senza ricompensa e quindi srruttandole, forze non proprie, come sono quelle delle donne e dei ( 1) Critica SOCfalt, 189.t, pagine !t(I, !3:1, !.49. bambini; qui non c·è il caporale delle risaie e il ,on:e gliante degli stabilimenti industriali, m::i.costoro il con– tadino li porta e li nutre in sè slesso, e il padrone può starsene tranquillo nel suo palazzo di città, sicuro che il povero colono suderà. tanto sui campi tlno a lasciarci la pelle. Con questo metodo inoltre egli retribuisco il lavoro non a. contanti, ma in generi alimentari, il c!1e è quanto dire che il contadino ò obbligato, per neces~ sità urgenti, a offrfre e a vendere i prodotti anche quando i prezzi sono in ribasso e la vendita non è con– ,•eniente. È superfluo dire che il compratore di questi generi è sempre lo stesso padrone, che li chiude noi suoi magazzini, aspettando comodamente a venderli a tempo opportuno o buscandosi intanto la nomea di fllantropo, perchè tiene i suoi J><Kle,·ia me.:.:a,t,-ia. E tutto questo sarebbe ancora un pal'adiso terrestre se il contadino con la già. esigua J>orzioneche gli resta non dovesse pensare che al vestimento (in climi mollo rreddi) e al mantenimento della sua ramiglia che 11eces– $at·iamenle cleve essere numerosa 1>er il lavoro grande che richiedo il terreno sterile e molto disuguale. Invece spetta al colono racquisto e il restauro di tutti gl'istru• menti di lavoro: egli de,•e pronedere alla fer,·atura delle bestie da aratro e da soma: egli deve pagare la tasS& focatico, la tassa bestiame, ed è tenuto a un corto numero di giornate di lavoro sullo strade comunali e provinciali, per le quali è costretto a. corrispondere in denaro, non potendo abbandonare i suoi campi, che altrimenti resterebbero incolti. Ora, <1uando da quei raccolti, che sono scarsissimi un po' per l'avarizia del suolo, pill pei sist~mi di cul– tura antichi e irrazionali, voi avrete tolto tutto quello che si de,·e togliere per soddisraro alle molteplici rapa– cità. del padrone, del comune, della provincia e dello Stato, mi dite voi che cosa rimane a questo produttore della ricchezza nazionale por la sua economia dome– stica 1 La. conseguenza è ine,·it.o.bilc: a. ogni flne d·anno il contadino si troverà in debito col suo padrone e il debito si ripercuoterìt d'anno in anno come un'onda. aumentando tah•olta iii modo inesplicabile per la sem– plice ragione che in cei·ti casi l'aritmetica comincia. a diventa.re un'opinione. Eppure questo po,·e,·o villano non gode per nulla. dei beneflcì della vita. cittadina: egli è lontano dalla città molti chilometri: per strade ha spesso solo quelle na– turali che si scavano i torrenti: ,·ive dando alla terra la parte migliore di sò stesso e muore il pilì delle volte senza neanche una sola visita medica, quasi sicuro che sulla sua rossa. al camposanto verranno spesso, non già a piangere, ma ad allegro banchetto i cani affamati dei dintorni: questo, che potrebbe sembrare runereo e sar– castico umorismo, pur troppo non è che semplice cro– naca. nuda e cruda. E quando nei lunghi inverni le grandi ne,·ate bloccano il montanaro rra le cime dei suoi monti, senza comunicazioni, coprend1J i pascoli per settimane intere, allora. egli tristamente si ra a.scrutare lo smorto orizzonte, non solo per sò paventando la nera. rame, ma anche e più per le bestie che ha nelle stalle; e vestito di caprine pelli esce finalmente, corno un pastore antico, ad affrontare la. burera, arrischiando la. vita a. tiatleJ•e il vischio su per gl"ischelcll'iti rami degli alti cerri, intanto che, sotto, Il garzoncello intirizzito, a tener quieti gl"intenti maiali, gitta dalla classica zampogna i lunghi suoni gutturali, che vanno a morire in cadenze melanconiche nel silenzio profondo delle biancheggianti valli. (Conli11ua). EVELh'iO LEO:"ARDl.

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