Critica Sociale - Anno VI - n. 13 - 1 luglio 1896

CRITICA SOCIALE 205 Ma c'è una classe adatta ad accogliere l'idea so– cialista,_ ed è il proletariato agricolo dei Comuni rurali. E con esso che puossi iniziare il movimento con pPobabilil.\ di successo; ed il programma è la nazionalizzazione della terra. C) I CAPPt:DDI. - Il volgo siciliano ò monar– chico per eccellenza ed odiatore implacabile del cattivo monarca; l'ispetta il barone, ma non ne tollera la prepotenza; é alt1•atto dal fasto princi– pesco e dalle pompe religiose. e si consel'va serio e sobrio nelle feste popolari d'ogni specie; religio• sissimo in ogni minimo atto della vita, distingue nel prete l'uomo dal ministro della Chiesa; dà con facilità del voscen.=a a quanti occupano un certo grado nella società, ma più per ingrazia1•3i il si– gnore che per sentirsi umile. Il suo odio immuta– bile ò per i cappeddi, con cui desil3:na. tutte lo classi cittadinesche che vivono di stud1 1 di profes– sioni, di cariche pubbliche, d'impieghi, di commerci, di rendita, quantunque molti appartenenti allo dette classi escano giornalmente dal seno del più umile volgo. Il volgo, impotente a risalire alle cause lon– tane dei mali sociali, crede che il privilegio mo– narchico e nobiliare non eserciti alcun pel'turba– mento, ma, fiero com'è, vede di mal occhio i vantaggi che derivano dalla coltura o dai posti elevati, e li confronta con il suo misero stato. I cappe([cli, potendo essi soli governare, fanno le leggi a proprio vantaggio e a tutto danno del povero; esercitando influenza, possono rifarsi delle tasse pagate e possono avere più benigna la giu– stizia. La gente che vive del lavoro dei campi dà il maggio,· contributo di figli all'esorcito, paga con maggiore sagritìcio il grande cumulo di dazi sui consumi, vede il somaro o il campicello confìscati dall'usuraio e dallo esattore, o trova nell'odiato usciere lo cure che le prodiga la classe dirigente. Sparsa per le campagne e pel' meschini villaggi, non può godere i piaceri che procurano le città civili e popolose, al lusso delle quali contribuisce con il suo sudore. Il volgo poi, cosi rurale che urbano, ,·ede nei Casini di compagnia - detti anche Officine - dei nobili e dei galantuomini, dovo è indegno di entrare o dove si ozia o giuoca, mentre altri lavora e som~e. l'odiosità della differenza di classe e la prova della sua inferiorità. In ogni sommossa si è dato l'assalto ai Casini di compagnia, rompendo e bruciando tutto. Nella storia di Sicilia le ribellioni e le sommosse si succedono a brevi inter\•alli 1 sotto tutli i governi e le dominazioni. Sono più conosciute lo 1•ibellioni generali; ma quello parziali si riscontrano continue e frcque11ti. Il mo,·ento p1•incipalo di queste ribel– lioni è sempre la ragione economica risorgente nella lotta perpetua tra bi1'1'/Ut e cappeddi. Tutlo le parziali e continue rivolte sono avvenute per disagi annon.ari, p~r I~ mòte, per le angar-ie daziari~ e per la 1·1vend1caz10nedelle terre pubbliche. E tipico il moto di Palermo del 1647, capitanato da Giuseppe D'Alessi. Alla rivoluzione del 1860 il popolo partecipò col maggior ~ntusiasmo, non pe1• l'idea unitaria, che non comprendeasi che dai soli liberali illuminati, ma per odio del birro che so– verchiava, del collettore del macinato o dei sorci - con il quale nome designavansi i cappeddt - che, mostrandosi dediti a'fatti propri e quasi intanati, con la lunga coda e di nascosto servivano la rea– zione governativa e clericale, e rosicchiavano sul popolo. con poca fatica i grani, mentre richiederebbesi molta fatica e molti capitali per dedicare il suolo ad altro colture. La fierezza siciliana è forse una conseguenza della facile produzione e quindi del facile consumo di grani. Potrebbesi ricercare quale influenza abbia potuto esercitare sull'indole di un popolo. la quasi esclusiva alimentazione con un cibo cosi prezioso. li siciliano, quantunque non sia pili misero d'altri popoli, ed abbia dei vantaggi noi clima, nell'ali– mentazione e nell'innata sobrietà, pure sta sempre irrequieto e si l'ibella nel modo più vivace conti-o tutto ciò che ò, o a lui pare, causa dei suoi mali. perché, avendo egli un sentimento elevato cli se stesso, è indotto a rileva1'e piuttosto il disagio che il rnntaggio. La fertililà naturale della terra a produrre grani, con poca fatica, s'enza capitali d'impianto e senza irrigazione, dà un altissimo tornaconto al pl'opric– tario di tenere la terra a latifondo deserto. Il pro– prietario, non correndo alcun rischio, si contenta del meno, perché completamente netto. o trova perciò nella propl'ietà della ter,·a nuda il miglioro impiego sicuro della sua ricchezza.(') Nessuna legge può mutare questo tornaconto individuale dannosissimo all'interesse sociale; solo la socializ– zazione della forra può risolvere il problema. Tutti ora levano dalla terra senza restituirle nulla: il proprietario che preleva la rendita e non impiega alcun capitale por miglioria; il gabellolo che ha interesse a lasciaro la te1·ra pili sfruttai.a che può; il colono che, non l"iuscendo a vivere col proprio lavoro, ha meno cli tutti interesse a con– ser\'are le forze native della te1•ra; lo Stato che preleva le tasse per alimentare il pa1·assitismo militare e il burocratico; l'acqua che porta via il tr.wreno vegetale senza che alcuno si dia cura di impedirla; la scure e la zappa che distruggono i boschi, perchò la siccità e la malaria mantengano spopolate le campagne; od il brigantaggio che, quando non toglie con la forza, pone una specie di tassa alle fattorie di campagna perché non sieno molestate. Questa agricolturn ladra sfrutta la ter!'a come una minie1•a, dove il materiale estratto non si riproduce pili, o mantiene tra le \'arie classi rapporti di guerra e di odì. Con la coltivazione in forma primitiva e senza capitali impiegati nella trasformazione del suolo, la produzione si man lieno scarsa ed incerta, e le campagne perdu1·ano mal– sane, insicure e deserte. Le catti,•e annate, la fil– lossera, la conco1·renza dei grani esteri ed il rifiuto dei mercati esteri ad accogliere i prodotti del nostro suolo, mantengono tutta l'agricoltura, o quindi l'economia della società intera, in una pe1·– petua crisi. In questo inferno, per contare o assicurarsi l'esi– stenza, bisogna far.si dia,•olo. L'indomabile senti– mento di l'ibellione verso tutle le SOYorchici-ic, non mai spento in tanti secoli di soggezione poli– tica ed economica, dà u11'eccessh 1 a importanza al coraggio personale; o chi sa vendica1·e le offeso guadagna molto nell'estimazione degli altri; d'onda la 1na{ia. E nasce la malandrineria e il brigan– taggio cqn la forma caratteristica dell'abigeato - ossia razzia di animali - e il manutengolismo e romerlà nella delinquenza. La natura fisica del suolo, non modificata mai dalla mano dell'uomo, e l'organismo agricolo alimentano la mala pianta rinascente sempre dopo le maggiori persecuzioni della polizia. 3. 0 Il fenomeno storico siciliano. Dall'interno la mala pianta si propaga nelle ciH.\ della marina; dal latifondo stende le sue radici Tutto il fenomeno storico siciliano derh•a dalla. _ coesistenza di due fatti: la fierezza innata nella razza e la fertilità naturale della tel'ra a p1·odurre d U (') Questo fatto ~nr!ì da me meglio spiegato In seguito, trat– tando la Gtlltli tltl latt(Oll!IO slcllla110,

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