Critica Sociale - Anno VI - n. 13 - 1 luglio 1896

CRITICA SOCIALE ai conventi, quando il diritto era che quelle terre dovevano, col cessare delle corporazioni religiose, ritornare al Comune, erede vero degli antichi do· nauti, e donante egli stesso per molta parte. 'l'utte le tel'l'e degli enti ecclesiastici in Sicilia ammon– tavano alla bagattella di 200.000 etta.-i. Le immense oreficerie delle chiese sparirono razziate da una banda di ladri che il Governo mandava per liqui• dare i beni delle corporazioni religiose. Queste spogliazioni attrave1·so la storia trovano il fondamento nei rapporti di classe. La popolazione siciliana ò agricola, vh'cnte per grandissima parte sia direttamente, sia indi1·ettamento sul prodotto del latifondo con la granicoltu1·a basata sul maggese, e con il pascolo. Del prodotto ottenuto dal latifondo la pal'te cho va al lavoratore è minima per duo ragioni: la concol'renza tra i contadini e la scarsità di lavoro necessario alla coltu1·a dei grani, il quale non occupa più di cento giorni in un anno. 'l'utto ,·a quindi al proprietario della terra; e la vera ricchezza consiste nella proprietà territoriale. Le classi dominanti hanno tro,·ato un gran campo di sfruttamento nel possesso delle terre siciliane, o adoperando il dil'itlo della forza da conquistatori, o l'in~iustizia delle leggi, o la devozione religiosa. La Chiesa romana possedette in Sicilia una gran– dissima estensione di terre; e ne possedettero pure la Chiesa di Milano, quella cli lfa,·enna e la bizan– tina. Il feudalismo cli baroni, di vescovi e di con– ronti tro,•ò nel latifondo siciliano il campo pil't propizio per svilupparsi. Tutte le terre conquistate in Sicilia non furo110 che terre pubbliche, ossia della collettività. Tuttora immensi spazi sono posseduti da pochi signori che vivono fuori dell'isola. Dall'isola quindi la ricchezza esce aspirata continuamente come da. un'immensa pompa, e serve ad alimentare il lusso e i vizi delle grandi città, dalle quali in ric..1mbio aniva alla icilia la gratificazione del titolo di barbara. La piccola proprietà della zona marittima, per l'organismo agricolo siciliano, non può essere dis– giunta dal latirondo, e non può fa1•e a me110del proletariato, come procurai dimostrare nell'opuscolo La piccola JJrop1·ielà nel lifarsatese. Da quanlo si ò detto risulta che il problema so– ciale in Sicilia sta tutto riposto nel diritto di pro• prietà della terra, e non può essere risoluto che dalla sola classe pili direttamente interessata, che ò il proletariato delle campagne. B) I CI-:XTH.I DELLA OO!t(illESIA. - L'antago– nismo tra il Settentrione e il Mezzogiorno d'Italia ò una forma particolare di lotta di classe: sono gli interessi indusll'iali della borghesia ricca. e colta del Nord in urto con gli i11te1•e3siagdcoli delle plebi 1·ozze e po\lere del Sud. Il contrasto rra i grossi centri civili e i piccoli Comu11i 1·urali della stessa Sicilia è pure lotta di classe, perché la gl'an– dezza di quei centri è tanta vita sott1·atta ai bo1·ghi, è un genere particolare di srruttamcnto in massa. li lusso di Palermo non deri\,a ro1•sedal lavoro sfruttato dei contadini dell'interno dell'isola? Il disprezzo che ha il Settenti-ioue pe1· il Mezzo– gio1·no, e la grande citt..i. per la gente del contado, ò lo stesso disprezzo che ha il padrone, il signore per il lavoratore, perchè quesh riconosc..'\ la sua inreriorità e non si 1·ibelli. li palermitano di Piazza Ballarò chiama per disp1•ezzo -villano ogni 1·egni– colb dell'isola; e r« onesta, borghesia cisalpina chiama barbara e brigantesca la gente della Sicilia, pe1·chè questa non sa rubare con le finezze e le ipocrisie dei centl'i ci\lili. 'l'ra lo Stato o i Mu11icip'ì l'antan,onismo è di classe sociale. Lo Stato s'ingerisce neile coso mu– nicipali e tiranneggia, pe1·chè le classi dominanti B1b1oteca Gino B1arco locali non trovano altra tutela al loro monopolio che l'inte1•vento dello Stato a loro vantaggio. - Perché resfringere l'elettorato comunale nelle pa– stoie di una lista a base di capacità tette1·aria o di possidenza 1 Non sono tutti i comunisti compro– prietari del loro Comune i - La lista elettorale, con la legge che ne regola la compilazione, è un mezzo per rar intervenire lo Stato a vantaggio delle o1igarchie locali. Un tempo le rivoluzioni politiche erano segnate da Palermo all'intera isola; ma la rh•oluzione so– ciale in Sicilia non può che sorgere nell'interno pe1· impor.si poi ai grandi centri della marina. Sono le masse rurali del latirondo che devono l'isolve1·e il problema sociale in Sicilia, il quale è problema esclusi\•amente legato all'ordinamento fondiario. Lo masso cittadine dei grandi centri marittimi, fra i quali principalissimo è Palermo, costituiscono la classe della grande e piccola bor-' ghesia, che vive con lo sfruttamento dei lavoratori della terra. Dai Comuni rurali dell'interno arrivano ai signori di Palermo, con le gabelle, le rendite destinate a mantenere il lu~so e i vizi; e dall'in– terno calano i villani regnicoli per le provviste, con le quali si al'ricchiscono i negozianti e gli in– dusti-iali. Sulla classe parassitaria dei signori della città vive un'altra classe di parassiti, il ser\•itorame di ogni specie, onesto e disonesto. E poi c'è lo stuolo di professionisti ed impiegati, che vivono direndendo il pl'ivilegio economico; e gli uffici go– vernali\li, e la guarnigione militare, e l'alto clero. Ora in una città, che vi\'e pel' gran parte con lo sfruttamento della classe r:.gricola, può s01·gere, senza pericolo cli clegenera1·e, la redenzione della classe sfruttata i L'ambiente pare a me disadatto. Il centro dell'agitazione socialista devesi portare in mezzo alle masse ru1·ali dell"interno. Un moto sociale fu quello delle guerre servili in Sicilia, e l'azione si svolse tra Enna e '1'1·iocala, ossia tra Castrogiovanni e Caltabellotta, pl"oprio dO\'O dovrebbesi ora rinnovare il movimento. I sel'\'i ribellati, per vincere la potenza romana, cercarono di attaccare Lilibeo o qualche altra città marittima. Allo1·a tl'attavasi di un'azione a1•mata, ed ora tratterebbesi invece di un'azione pacifìca da svolger:d semplicemente col mezzo delle n1·ne; ma la direzione del moto, cioè dalla montagna alla marina, dO\'e essere come al tempo delle guerre servili. C'è un'altra ragione che rende disadatti i grandi centri marittimi della Sicilia all'efficace p1·opaganda del socialismo agricolo. Ivi è assai diffusa la classe dei piccoli possidenti e dei piccoli intraprenditori. Il proletariato vi è nume1·oso; ma, per la mancanza di grandi industrie, esso e sparso e quasi inc..1gliato fra la piccola possidenza, la bottega dell'artigiano e la piccola impresa, ossia fra gl'interessi piccolo– bo,·ghesi. 1.:annatm·o di ieri di\lentato piccolo possidente, il giovine di bottega che aspira a diveni1·e p1·/n– CiJ]etle, il manovale che sogna l'appalto, il rivendi– tore che specula sulla frode, il disoccupato che con un gio1·no di la\101·0 pretende soddisfare i bisogni di un mese, sono i peggiori nemici del socialismo. essi che, esposti di continuo a soffrire lo iniquitil sociali, dov,·ebbero invece smettere i loro sogni borghesi e farsi seguaci della nuova fede socialista. Essi non s'acco1·gouo eh~ è impossibile di 1·iuscire con lo vecchie pretese individualiste; e spetta a noi di disingannarli dimostrando loro che, cioè, per divenire piccolo possidente, principale di bot– tega, appaltatore, bisogna che ciascuno disponga di un certo numero di operai salariati; e quindi non tutti, ma pochi possono, senza l"opc1·a del so– cialismo1 elevar3i dalla soggezione economica.

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