Critica Sociale - Anno VI - n. 13 - 1 luglio 1896

CRITICA SOCIALE 203 guadagnare, nulla. da. perderei con essa. porta. un im– mediato vantaggio al piccolo proprietario, forse lo salva. dalla proletarizzazione, non arresta, anzi aiuta. rovo– luziono economica e così prepara senza scosso, senza dolori il collet,J.ivismo, costituisce forti o compatte or– ganizzazioni politiche, educa. il contadino o.Ila solida– rietà. e alla vita sociale. Colla cooperazione si oltongono i vantaggi desidero.ti dai tre suddetti valorosi compagni che polemiizarono sulla propaganda nello campagne, senza incorrere nei danni che ossi reciprocamente denunziano nelle rispet• tivo proposte. 1'~ cosi, si maturano le condizioni eco– nomiche dolio campagne come vuole Lucio, senza ab– bandona.rie al capitalismo; si prendono a cuore gl'in– teressi del momento del piccolo proprietario, lo si educa alla. solidarietà, come vorrebbe Galli, senza.propugnare istituzioni conservatrici, senza opporsi nò poco nè molto all'evoluzione; si ra una propaganda leale e a.perla, si riconciliano lo duo faccio del socialismo, di amico dei progressi tecnici odi nemico del capitalismo, corno vorrebbe Bissola.ti, senza. pretendere dai piccoli proprietari degli eroici, impossibili sa.critici. Insomma colla. cooperazione il socialismo si sostituisce al capi· talismo nella parte buona, lo combatte nella pnrle brutta; per essa la propaganda socialista nelle cam– pagne diventa possibile, logica, efficace. S'intende che essa deve sapersi adattare alle diverso zone agricole; o il propagandista, oltre alla convinzione socialista, deve possedere profonda conoscenza. delle condizioni locali o non supertlciali cognizioni tecniche, so non vuole subire dogli scacchi. GJUSEPPI:! Bo~zo. Errata•corrige. - Verso la fino dell'arlicolo di D. Spadoni, Ra<lioolismo e socialismo, insorto nell'ultimo nostro numero e ~~e~i.~·ur1~~~:o ndfi1~~n~~::i:~:o ~!~~~~l~:~n l~~n~ 1 i! :~~~: toro.... •· La contracldil'.iono del senso ha certo avvertito i lei• tori di olfnlto fineche l'originale, in luogo di tlemoc,·atico, por– la\'a <lommalico. SOCIALIZZIAMO LATERRA! Consideruloni diun siciliano sulla otta diclasse inSicilia I.' Idee generali. 11 problema sociale è pili vasto del problema operaio, quantunque ,•olgarmente si confonda l"uno con l'altro. r mali della socieU1, generati dall'ordi– namento capitalistico della produzione, colpiscono più classi sociali in diversa misura e divefl:io modo. Però la classe ope1•aia, e propriamente quella che vive cli salario alla dipendenza di padroni, ossia quella che comunemente con voce latina chiamasi proletariato, è evidentemente la pit1 colpita ed è la più numerosa. Essa quindi, organizzandosi in pa,·– tito di lotta contro la dominante classe, ò la sola grande leva che possa abbaUere l'ordinamento so– ciale presente, pe1· farne dalle rovine sorge,·e uno migliore. Inoltre le altre classi colpite, come i pic– coli p1·op1·ietari, gli artigiani di bottega, i piccoli impresari di ogni specie, si credono padroni dei loro strumenti di produzione, e lottano perchè co– desti strumenti non scappino loro dalle mani; quindi si frovano in uno stato psicologico ostile, o per lo meno di ,·esistenza inerte, alle idee colletti– viste. Su loro non si può contare come fo1·ze com– battenti per la 1·i\·oluzione sociale; la sola classe proletaria ha questa g1·ande missione storica. E non si può contare nemmeno su quella classe B1h1ote a C no B1arcc semistl'uita e semiborghese, che si fa avve1·saria del socialismo per solo spirito di tradizione o per solo vizio mentale, e si compone intanto di disoc– cupati, di spostali, di espropriati. Oa ciò sorge che il proletariato non può affran– carsi dalla soggezione economica e morale cho con il solo mezzo delle proprie forze. Il patronato delle altre classi verso di esso è un'eterna menzogna; ed esso deve cessare dal delegare ad altri la sua funzione politica. In questa delegazione riesce sempre giuocato eia demagoghi ambiziosi. Col socialismo esso invece conquista i poteri come classe. La lotta di classe non è un portato del partito socialista, ma è antica come l'umanità. Tutta la storia non è che lotta fra le varie classi. Le guerre di conquista creavano la classe dominante coi vin– citori, e la classe servente coi vinti. Le lotte nate da gelosie pe,-sonali e da personali ambizioni si sono pure tl'amutate in lotte di classi, perché gli ambiziosi per riuscire si sono messi alla testa di una classe lusingandone gli interessi. Nella ~ociefa borghese la lotta tra le classi è inevitabile, pei·chò i possidenti sono costretti ad incrudelire contro i lavoratori, per poter conservare la 1·icchezza e re• sistere alla conconenza; e i lavoratori, a causa delle ingiustizie cli cui sono vittime, non possono che odiare i padroni, i dominatori. In Sicilia questa lotta piglia una forma bal'bara con le vendette dei lavoratori, che bruciano le biche, tagliano le viti e gli all>eri, guastano il frutto pendente ed uccidono gli animali agli odiati pad ,·oni, e con le sommosse incominciate sempre guastando e bruciando i Ca• sini di compagnia, che sono i Circoli delle classi elevate. Il socialismo trova che la lotta fra le varie classi è ad armi disuguali, e la pili pe1·dente tra le classi, cioè il proleta1·iato, è completamente disarmata. La classe dominante invece è aggue,•rita dalle leggi civili e dalle religiose, che puniscono chiunque attenti ai suoi privilegi. i\la i proletari di tutti i paesi, se uniti, potranno resistere e vince1•e le soverchierie dei padroni; e, se conquistano come classe i pubblici poteri col mezzo del voto, potranno spezzare le armi, che, sotto for·ma di leggi, hanno servilo a perpetuare il predominio dei pochi. 2.' La lotta di classe in Sicilia. La lotta di classe in Sicilia è una e frina. Essa sta tutta riposta nei rapporti economici che crea il possesso della te1·ra a latifondi; e si manifesta contro i dominatori attirati dalla conquista terl'i– toriale, contro i grossi centri della marina, i quali raccolgono tutte le classi degli sfruttatori della terra, contro i ca]}J)eddi di ogni Comune, i quali sono gli strumenti che rivolgono le leggi a bene– ricio dei pochi. A) l DOMINATORI. - Il signore vive con lo sfruttamento del contadino, e lo disprezza per la sua rozzezza. Cosl tutti i dominatori della Sicilia l'hanno sfruttata, e poi l'hanno vilipesa come bar– bara; e i maggiori sfruttamenti l'isola generosa li ha ricevuti quando s'è trovata politicamente unita alla penisola italiana. I Romani la convertil'ono in un immenso lati– fondo di Stato, coltivato da schiavi. Sotto i Borboni di Napoli e~sa perdette quelle istituzioni parlamen– tari, che per pill secoli, assieme a quelle iuglesi, l'appresentarono le sole barriere contro l'assolu– tismo; e, sotto i medesimi Bo,·boni, i baroni acqui– starono, in compenso della feudalità abolita, la proprietà assoluta del feudo, ossia delle tene sulle quali i comunisti avevano diritti. lnfìne, sotto il patrio Governo nazionale, dovette la Sicilia ricom– prare dallo Stato le proprie terre che aveva date

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