Critica Sociale - Anno VI - n. 11 - 1 giugno 1896

174 CRITICA SOCIALE filosofici furono sempre monistici, cioè intesero per materia e spirito solo due classi di fenomeni di cui la causa è una ed inseparabile ». E, a proposito dei soste– nitori della distinzione dei fattori storici, esclama: « si vede qui l'antica storia, sempre rinascente, della lotta dell'ecletticismo contro il monismo, la storia dei muri di separazione; qui la natura, là lo spirito, ecc.». Non pochi resteranno sbalorditi a questo sbalzo inaspettato dalla considerazione materialistica della storia alle braccia del monismo, in cui non sapevano di dover avere tanta fede! Il Labrio la si guarda assai bene dal far di queste confusioni. « La società è un dato - egli dice; - la storia non è se non la storia della società. » E pole– mizza con eguale vivacità e buona riuscita contro i naturalisti, che vogliono ridurre la storia umana alla storia naturale, e contro i verbalisti, che dalla deno– minazione di mate1·ialismo pretendono d'_intendere il significato proprio della nuova concezione storica. Ma dovrà parere anche a lui che la denominazione poteva essere scelta più felicemente, e che la confusione, per così dire, è in essa immanente. Certo, si possono pie– gare le vecchie parole ai nuovi significati; ma fino a un certo punto e coi debiti riguardi. Innanzi alla tendenza a ricostituire una filosofia ma– terialistica della storia, sostituendo alla onnipresente Idea l'onnipresente materia, conviene riaffermare l'im• possibilità d'ogni costruzione di tal genere, che in questo caso poi, e nella migliore ipotesi, si risolve– rebbe in una pura superfluità. Ma da un altro sviamento, che anche si nota tra i se– guaci della scuola materialistica della storia, ci è d'aspet– tare un danno, non solo nella comprensione della storia, ma anche nell'indirizzo dell'azione pratica. Parlo delle correnti teleologiche, contro le quali anche si oppone, con tagliente polemica, il Labriola. La stessa idea del progresso, che è parsa a molti la sola legge storica da salvare delle tante escogitate dai pensatori filosofi e non filosofi, è per lui priva della dignità di legge e ridotta a un significato assai circoscritto. La nozione di esso è « non solo empirica, ma sempre circostan– ziale e perciò limitata»; il progresso « non istà sul corso delle cose umane come un destino od un fato, nè qual comando di legge ». La storia c'insegna che gli uomini son capaci di progredire; e noi possiamo guardare tutte le svariate serie dei fatti sotto quest'angolo visuale; non altro. Nè meno circonstanziale ed empirica è l'idea della necessità storica, dalla quale bisogna cancellare ogni traccia di necessità razionale e trascendente, per vedervi il semplice riconoscimento del piccolissimo campo che nel corso delle cose è lasciato all'arbitrio umano. . Dei fraintendimenti teleologici e fatalistici si deve riconoscere che un po' di colpa spetta allo stesso Marx, il quale, come una volta ebbe a dichiarare, amava di civettare (lwkettir-en) colla terminologia hegeliana: arme pericolosa con la quale sarebbe stato meglio di non scher– zare; onde ora si vede necessario di dare di parecchie sue -affermazioni una interpretazione assai larga e conforme allo spirito generale delle sue dottrine ( 1 ). Un'altra ca- gione è in quello slancio, in quella !fede che accom– pagna, come qualunque azione pratica, anche l'azione pratica del socialismo e •genera credenze ed aspetta– zioni che non sono sempre d'accordo col cauto pen– siero critico e scientifico. Ed è curioso vedere come i (l) Vedi, ad esempio, le osservazioni su alcune proposizioni del Marx contenute nell'articolo Pro[Jrè$ et dei:eloppement, nel I}e~enir ~oo~al qel rnarzo l.896, BibliotecaGino Bianco positivisti, di fresco convertiti al socialismo, superino tutti gli altri (che cosa vuol dire la ·buona scuola!) nelle loro vedute teleologiche, nei loro piani predetermi– nati, e riassorbano in quel che ha di peggio l'hegelismo, che avevano un tempo così violentemente combattuto senza penetrarlo. Il Labriola ha detto benissimo èhe le stesse previsioni del socialismo sono semplicemente d'indole morfologica; e in realtà, nè il Marx nè lo Engels avrebbero mai astrattamente affermato che il comunismo debba accadere per una necessità assoluta nel modo che essi hanno previsto. Se la storia è sempre circostan– ziata, perchè, in questa nostra Europa occidentale, non potrebbe, per l'azione di circostanze incalcolabili, so– pravvenire una nuova barbarie i Perchè l'avvento del comunismo non potrebbe essere o reso superfluo o affrettato da qualcuna di quelle scoperte tecniche, che hanno finora prodotto, come il Marx stesso ha dimo– strato, i maggiori rivolgimenti storici i A me, dunque sembra che si faccia miglior lode alla concezione materialistica della storia, non già col dirla l'ultima e definitiva filosofia della stor·ia, ma col pro– clamare che addirittura non è una filosofia della storia. Questa intima sua natura, che si sv_ela a chi ben l'in– tende, spiega la repulsione ch'essa mostra ad una for– mulazione teorica soddisfacente, e come al Labriola sembri appena agli inizii suoi ed ancora bisognosa di molto sviluppo. E spiega anche come lo Engels abbia detto, e il Labriola accetta quel detto, che non sia altro che un nuovo metodo. Ma debbo confessare che anche la denominazione di metodo non mi pare del tutto giusta. Quando i filosofi idealisti deducevano i fatti storici, quello sì che era un nuovo metodo; ed ancora esiste qualche fossile di quei tempi beati che fa dei conati storici a questo modo. Ma gli storici de.Hascuola materialista applicano gli stessi strumenti intellet-tuali e seguono le stesse vie degli storici, dirò così, filologi, e soltanto recano nel loro lavoro alcuni dati nuovi, alcune nuove esperienze. Il contenuto è diverso, ma non la forma metodica. BENEDETTO CROCE. MORALE PRIVATA E MORALE POLITICA (Una pubblicazione di Scipio Sighele) I. . Non é il caso di fare della malignità. Non é il caso di commentare la coincirlenza cronologica e il riscontro morale tra la pubblicazione di questo opu– scolo del signor Sighele e la impunità accordata dalla rappresentanza borghese ai delitti di Crispi; coincidenza e riscontro che ci rinnovano, per ana– logia, l'impressione ricevuta or fa un anno da un libercoletto sul parlamentarismo, pubblicato dallo stesso autore quando la banda crispina aveva di– chiarato guerra al regime rappresentativo, di cui presentiva i pericoli davanti alla strategia « lega– litaria » dei partiti sovversivi. Ogni commento che si facesse in questo senso all'opuscolo del signor· Sighele si ridurrebbe a una analisi delle tendenze psichiche dell'autore: analisi per la quale io non ho dati bastevoli a un giudizio. D'altronde– una analisi di questo genere offrirebbe un assai mediocre interesse;. perché non avrebbe altro frutto fuorché di decidere. se codeste tesi, che il signor Sighele viene ammannendo al pubblico italiano, sieno coordinate all'intento di legittimare quanto vi ha di più vile e di più sporco nella vita odierna delle nostre classi dominanti, o se questo scrittore obbe– disce piuttosto- all'ingenuo impulso di una vanit~,

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