Critica Sociale - Anno VI - n. 11 - 1 giugno 1896

CRITICA SOCIALE 175 personale che, aiutata dalle lacune della coltura e dalla natural leggerezza del pensiero, lo porta a sparare tratto tratto il mortaletto delle sue tesi « sensazionali » per darsi l'aria, davanti alla parte ignorante del pubblico, di uno scienziato au!e.ntico che signoreggia il mondo collo sguardo aq mhno e discopre nuovi e non sospettati orizzonti. Sia dunque quale si vuol essere il movente in– timo d_el signor Sighele, non è questo di cui valga la pena di occuparci. Quel che qui importa è sol– tanto di considerare l'opera sua per rispondere alla domanda: ha essa, quest'opera, un qualsiasi valore scientifico? No, e per due ragioni. Una, che le premesse, che il signor Sighele annunzia col tono di chi ha fatto una scoperta, sono ormai da tempo acquisite alla scienza, ma sotto la luce di ben altri sviluppi; l'altra, che le conclusioni a cui egli arriva - o, meglio, che egli si propone - implicano il disconoscimento e la negazione di quelle premesse, e dimostrano che l'autore o non le ha comprese o ha voluto deliberatamente torcerle ai propri fini. * * "' Riassumiamo l'opuscolo del signor Sighele. La morale non è unica. E non solo vi hanno morali diverse a seconda dei tempi e dei luoghi, ma in un « dato uomo » possono coesistere morali di verse. Lo stesso uomo può, ad esempio, ispirarsi a sentimenti umanitari e nel medesimo tempo edu– care in sè sentimenti di odio contro lo straniero che osteggia la sua nazione. Un atto (l'omicidio per esempio) può essere riprovato energicamente dalla morale individuale e venire glorificato dalla mo– rale settaria, regionale, patriottica. Abbondano perciò i casi di uomini privatamente onesti e politicamente disonesti. Questa contraddizione si spiega col fatto che ogni uomo appartiene a un gruppo sociale che tende a conservarsi nella sua lotta cogli altri gruppi analoghi. L'uomo politico, strumento di questo pu– gnace istinto di conservazione, viola, a beneficio, supposto o reale, della collettività ch'egli rappre– senta, i precetti della morale da cui è regolata la vita interna del suo gruppo. Ohe se l'uomo politico viola spesso questa morale anche a beneficio pro– prio, ossia se egli diventa anche privatamente im– morale, la cagione di ciò è da ricercarsi sopratutto nella impunità che il potere politico concede a chi lo esercita. È la potenza che ubbriaca gli uomini. Da queste premesse, che riassunsi con scrupolosa esattezza e che si assommano tutte nella osserva– zione che « la morale politica è sempre meno svi– luppata della morale individuale », il Sighele de– duce che << la collettività è sempre moralmente peggiore dell'individuo»; che perciò« più si estende la convivenza sociale e l'associazione fra gli uomini, meno rigida si fa la morale »; e che finalmente « l'individuo, pel solo fatto della convivenza in un dato gruppo umano, altera le sue facoltà personali e moralmente le altera in peggio ». Scendendo poi all_e considerazioni pratiche, il signor Sighele trova che le origini della immora– lità politica. sono nelle elezioni, in cui i voti si com– prano e gli elettori si prendono al laccio. La cor– ruzione e l'inganno elettorale danno per risultato la venalità diretta o indiretta dei mandatarì, e il criterio politico usato dalla magistratura in luogo del criterio giuridico. La quintessenza delle sue conclusioni viene così formulata dall'autore: « è più dannoso per un popol9 avere dei reggitori ba– lordi e ignoranti che dei reggitori delinquenti ». Come il Machiavelli dedicò il suo Principe a Lorenzo de' Medici, non si comprende come il signor Sighele, in vece di dedicare questo suo libro all'o11esto Ferrero 1 no~ l'~bl)i~ deqiçato aJ Oris:pi. BibliotecaGino Bianco Forse il signor Sighele avrà pensato - e a ragione - che il Orispi, oltre essere un delinquente, è un ignorante. Ma per ciò appunto costui l'avrebbe trovato di suo gusto. * * * Anzitutto: che la morale individuale o, per dire più esatto, privata non combaci oggi colla morale politica; che questa sia meno ampia di quella, in quanto dà per leciti e onorevoli certi atti che questa riprova; che un tal fatto derivi dall'istinto di conservazione dei gruppi sociali e che perciò in uno stesso uomo possano agire diversi ordini di morale - questi sono fatti relativamente ai quali mi spiace dover togliere al signor Sighele l'illu– sione d'esserne stato il discopritore. Gran distrut– tore di illusioni - com'egli stesso si presenta nel suo primo capitolo - il signor Sighele potrebbe cominciare dal liberarsi egli pel primo dalla illu– sione di portare con questi suoi scritti una sola idea o una sola osservazione su cui sia impresso il suggello della sua personalità. L'unica faccia· sua veramente originale consiste nella interpretazione - a rovescio come vedremo - che egli dà di queste osservazioni ormai vecchie quanto l'Etica positiva. Chi ne dubitasse .vegga infatti che cosa scriveva, e non proprio ieri, lo Spencer: Al presente, l'individuo deve compiere la sua vita col dovuto riguardo alla vita degli altri che apparten– gono alla stessa società; mentre qualche volta è chia– mato ad essere senza riguardo alla vita di quelli che appartengono ad altre società. La stessa costituzione mentale dovendo soddisfare a questi due bisogni, è necessariamente in disaccordo con sè medesima, e la condotta correlati va, accomodata prima ad un bisogno e poi all'altro, non può. essere in armonia con un si– stema morale invariabile. Odiate e distruggete i vostri compagni, è ora il co– mando; ora l'altro, amate ed aiutate i vostri compagni. Adoperate ogni mezzo per ingannare, ordina un codice di condotta, mentre un altro ordina di essere sinceri in parole e in azioni. Impossessatevi di qualunque pro– prietà potete e bruciate tutto quello che non potete portar via, sono la ingiunzione che sostiene la reli– gione della guerra; mentre la .religione della pace condanna come delitto il furto e l'incendio. Così la condotta, costando di due parti l'una in opposizione all'altra, la teoria che la riguarda resta confusa. (1) E Roberto Ardigò - le cui opere, neglette, in Italia, dai filosofeggianti di mestiere, sono però al– tamente apprezzate e adoperate dalla parte viva del nostro mondo scientifico, dai veri e propri scienziati che lottano nel campo sperimentale per strappare ogni giorno un segreto alla natura - nei lavori sulla Morale dei positivisti e sulla So– ciologia, analizzava, con maggiore profondità di pensiero, lo stesso fatto rilevato dal filosofo inglese; L'Ardigò abbraccia sotto la parola « machiavelli– smo » i caratteri· di quella morale imperfetta che esprime il rapporto dei gruppi o- delle classi lot– tanti fra loro. Come fra gli individui, finché manca un rapporto sociale o di cooperazione ma esiste solo il rapporto della guerra vicendevole, non è il caso di parlare di « morale », così non vi ha morale nei rapporti fra le varie collettività in cozzo fra loro, o nei rapporti fra caste o classi dom_inanti e caste o classi dominate. La reazione dell'individuo nella roz;r,ezza eslege del consorzio ancora selvitggio non è una reazione morale. Non lo è nè di fatto nè di diritto ...... In una condizione analoga si trova il potere nello stato non progredito della civiltà. In tale condizione si rivela nel potere ciò che si chiama il Machiavellismo ..... Nel (1) H. SPENCEll! Le ba,~i (},ella, ?11,0)·ale. rrac(. it, - Dl.lmo\a,rd! ~88Ql pa~. ~(it ·

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