Critica Sociale - Anno VI - n. 11 - 1 giugno 1896

CRITICA SOCIALE 173 della storia. Ora, se è possibile ridurre concettualmente i singoli elementi della realtà che appaiono nella storia, ed è quindi possibile fare una filosofia della morale o del diritto, della scienza o dell'arte, della psicologia individuale o della psicologia sociale, non è possibile elaborare concettualmente il complesso concreto di questi elementi che è il corso storico. Dividerlo nei suoi elementi, è distruggerlo, annullarlo; nel suo com– plesso, il movimento storico non si può ridurre se non ad un sol concetto che è quello di sviluppo: concetto vuoto di tutto ciò che è il contenuto proprio della storia. L'antica filosofia della storia vedeva possibile una elaborazione concettuale della storia, o perchè faceva intervenire l'opera di Dio e della Provvidenza, e quindi riduceva lo sviluppo storico alle intenzioni dell'intel– letto divino; o perchè dava al concetto formale dello sviluppo un significato reale e razionale: sant' Agostino da una parte, Hegel dall'altra. È curioso il caso del positivismo che, non essendo nè tanto grandiosamente fantastico da abbandonarsi alle concezioni della teo– logia e della filosofia razionale, nè tanto severamente realista e intellettualmente agguerrito da tagliare il .male alla radice, si è fermato a mezza strada, ossia proprio al concetto dello sviluppo o dell'evoluzione, ed ha proclamato come vera filosofia della storia quella dell'evoluzione. 11 che sarebbe come dire che .la vera legge del movimento è il movimento. Poco male se si trattasse solo di questa tautologia; ma il guaio è che, per una troppo facile seduzione, il concetto della evo– luzione, nelle mani dei positivisti, esce sovente dalla vacuità formale che è la sua verità, e si riempie di un contenuto, o meglio, della pretensione di un contenuto, assai simi'le ai contenuti teologici e metafisici. E basti come prova la quasi religiosa unzione e venerazione con cui si sente parlare del sacro mistero dell'Evo– luzione. Con tali vedute realistiche è stata fatta, nunc et semper·, la critica di ogni e qualunque filosofia della storia. - Ma invece, come dicevo, resta la possibilità ·del filosofare sulla storia. La stessa eliminazione e cri– tica delle vecchie costruzioni erronee richiede una di– scussione di concetti che è ùn filosofare; quantunque sia un filosofare che porti proprio alla negazione della filosofia della storia. S'aggiungano le questioni metodo– logiche, cui dà luogo la pratica della storiografia. Tali ricerche svariate contengono i lavori pubblicati in questi ultimi anni, ed in senso assolutamente realista, col ti– tolo di filosofia della storia; dei quali ricorderò, come esempi, quello del Simmel in Germania e, presso di noi, un opuscolo dello stesso Labriola (1 ). Vi sono, certo, ancora filosofi della storia, che continuano nella loro produzione alla antica maniera: voci clamantium in deserto, cui si può lasciar la consolazione di credersi i solitarì profeti di una verità disconosciuta. Ora il m11terialismo storico, nella forma in cui lo presenta il Labriola, ha abbandonato di fatto ogni pre– tesa di stabilire la legge della storia, di ritrovare il concetto cui si riducono i complessi fatti storici. Dico nella forma in cui egli lo presenta, perchè il Labriola non ignora che parecchie correnti nel seno della scuola materialistica della storia tendono a rav– vicinarsi a quelle concezioni viete. Una di queste correnti, che potrebbe chiamarsi del monismo o del materialismo astratto, consiste nell'in- ( 1 ) Mi permetto di rimandare alla mia noterella Intorno al– l'organismo della fl.losol'f,a della storia, nel volume: Il concetto della storia, 2." ediz,, Roma, Loesc·her, i896, p. !33-143. BibliotecaGino Bianco trodurre nella concezione della storia il materialismo metafisico. Come si sa, il Marx, discorrendo delle rela– zioni del suo pensiero coll'hegelismo, usò una volta una frase a punta, che è stata presa troppo per la punta. Egli disse che lo Hegel pone la storia sulla testa e che bisogna capovolgerla per rimetterla sui piedi. Per Hegel l'Idea è la realtà, laddove nella concezione di lui (Marx) l'ideale non è se non il materiale trasformato e tra– dotto nella testa dell'uomo. Di qui l'affermazione, tante volte ripetuta, che la concezione materialistica è la negazione o l'antitesi della concezione idealistica della. storia. Sarebbe forse opportuno di ristudiare una buona volta con precisione e con critica queste affermate re– lazioni del socialismo scientifico coll'hegelismo. Ad ac– cennar l'opinione che io me ne son fatta, il legame tra le due concezioni a me sembra, più che altro, mera– mente psicologico. L'hegelismo era la precoltura del giovine Marx, ed è naturale che ciascuno riattacchi le nuove credenze alle vecchie come svolgimento, come correzione, come antitesi. In realtà, l'Idea dello Hegel - e il Marx lo sapeva benissimo - non sono le idee degli uomini, e il capovolgimento della filosofia hegeliana della storia non può essere l'affermazione che le idee r,ia– scono come riflesso delle condizioni materiali. L'inverso sarebbe, logicamente, questo: la storia non è un pro– cesso dell'Idea, ossia di una realtà razionale, sibbene un sistema di forze: alla concezione razionale si op– pone la concezione dinamica. Quanto alla dialettica he– geliana, a me sembra che abbia una somiglianza pura– mente esteriore ed approssimativa colla concezione storica dei periodi economici e delle condizioni antite– tiche della società. Checchè sia di queste obiezioni, che esprimo in modo dubitativo, sapendo la difficoltà delle questioni d'interpretazione e di genesi storica, - quel che è certo, il materialismo metafisico, cui il Marx e lo Engels dall'estrema sinistra hegeliana facilmente per– vennero, ha dato il nome ed alcuni presupposti gene– rali alla loro concezione della storia. Ma, tanto il nome quanto i presupposti, sono affatto estranei all'indole propria della concezione. Una concezione della storia non può essere nè materialistica nè spiritualistica nè dualistica nè monadistica: essa non ha dinanzi a sè gli elementi delle cose, in modo che possa discutere filo– soficamente se siano riducibili l'uno all'altro e se si unifichino in un principio ultimo. Essa ha dinanzi og– getti concreti, la terra, la produzione naturale, gli ani– mali ; ha dinanzi l'uomo, in cui appaiono già differen– ziati i processi psichici dai fisiologici. Parlare in questo caso di monismo e di materialismo, è dire cosa priva di senso. Alcuni scrittori socialisti hanno espresso la loro meraviglia perchè il Lange, nella sua classica Storia del niaterialismo, non si occupi del materialismo sto– rico. Che il Lange conoscesse bene il socialismo marxista non occorre ricordarlo; ma egli era uomo troppo a vve– duto da confondere col materialismo metafisico, di cui si occupava, il materialismo storico, che non ha con quello nessuna relazione intrinseca, ed è un semplice modo di dire. •Se non che, ,il materialismo metafisico dei creatori della nuova concezione storica e il nome che a que– st'ultimo è stato dato, hanno sviato non pochi. Citerò, come esempio, un libercolo recente di uno scrittore socialista assai reputato, il Plechanow, che è per me sintomatico. Il Plechanow, nello studio del materialismo storico, sente il bisogno di risalire agli Holbach e agli Helvetius. E si scaglia contro il dualismo o il plura– lismo metafisico, affermando che « i più notevoli sistemi

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