Critica Sociale - Anno VI - n. 11 - 1 giugno 1896

172 CRITICA SOCIALE solo da una minoranza. avrà fatto la sua strada e prevarrà, allora forse·_ tanto la tattica è cosa mutabile e per tanti impeevedibili motivi - allora forse sarà tardi; le condizioni del nostro e degli altri partiti, e della politica interna, consiglieranno forse di mutarla in altra direzione. Allora, opposi– tori impenitenti in ossequio del vero, torneremo colla minoranza; e non mancherà chi ci rimprocci di incoerenza e di aver mutato un'altra volta opi– nione. Vi siamo rassegnati' fin d'ora. Non noi dunque minacciamo scismi: neppure troppo paventiamo isolate diserzioni. Ma ci preoc– cupa il timore che cotesta rete di ferro stesa in– torno ·al partito, quasi una camicia di forza - co– testa imposizione di dogmi sovra punti non essen– ziali, ma accessorii della sua condotta - come proviene da un concetto antiscientifico e antiposi– tivo, e basa su generalizzazioni eccessive ed arbi– trarie - così inceppi l'azione e lo sviluppo del partito e allontani da esso· la massa dei siilced e dei buoni, non ancora inscritti ne' quadri, ma che sono la nostra riserva dell'avvenire, e sui quali dovremmo spiegare la più grande forza attrattiva. In questo senso ci persuade la tesi del Bonardi, che, parlando da naturalista e da evoluzionista, non vuole recise le congiunzioni fra le varie specie politico-sociali, non vuole tappati i punti d'accesso che conducono a noi; mentre poi, da uomini di partito, nemici, quant'altri mai, delle confusioni e degli equivoci, provvediamo a garantirci da essi con quelle cautele che l'ordine del giorno Bissolati anche troppo minutamente poneva ed il– lustrava. È perciò che saremo lieti se il Congresso di Firenze, elevandosi ·a criteri più larghi che non abbiano ispirato i recenti Congressi regionali, senza dare a questo argomento della tattica una impor– tanza esagerata, senza pretendere di trovare ad esso soluzioni generali e definitive cui resiste la forza delle cose, senza troppo insistere su questa 6 quella formula precisa, cercherà nel rispetto re– ciproco delle tendenze - che al postutto, per· chi non sia metafisico e ammetta il materialismo sto– rico socialista, rispecchiano sempre condizioni di fatto non artificialmente eliminabili d'un colpo - quella via di transazione ragionevole e di adatta– mento, che possa accordare, in un solo intento, le correnti sane del partito. Con ciò il partito prov– vederà, al proprio avvenire, alla propria non men– tita unità, e proverà di essere così scientifico e positivo come si dà vanto. Un contegno opposto, ispirato alla tendenza, che 01'a fa capolino, alle scomuniche e alle coercizioni sarebbe, lo ripetiamo, del giacobinismo in ritardo: sarebbe del crispismo vero e proprio in seno al partito. Gli effetti che ebbe, per la borghesia, l'im– pern del crispismo dovrebbe valere come esempio istruttivo ai nostri sillabisti e monosillabisti. FILIPPO TURATI. lL NIATERIALJS]10 STORICO Ieri, 31 maggio, doveva uscire - seppure, come crediamo, non ci è stato un ritardo - coi tipi della casa Loes.cher di Roma (Corso n. 307) il secondo saggio del prof Antonio Labriola sulla concezione materialistica della storia, intitolato: Dilucidazione preliminare della dottrina (edizione di lusso, i~ carta a mano, di pagine 154, prezzo L. 1,50). E una pubblicazione attesa, certo, con desiderio da quanti lessero il primo saggio, che ha per titolo: In memoria del Manifesto. Su cotesto secondo saggio, tuttavia inedito, il Bibliotec ,ino Bianco signor Benedetto Croce, studiosissimo di queste materie, tenne il 3 maggio all'Accademia Ponta– niana di Napoli una dotta lettura, (1) che ci ha comunicato e della quale ci permette, gentilmente, di fregiare le nostre colonne. Ne diamo, in questo numero, la prima parte. I. Il materialismo storico è quel che si dice un tema di moda. Nato or son cinquant'anni, ha vissuto per un pezzo vita oscura e circoscritta; ma, in questi ultimi sei o sette anni, è-giunto rapida.mente a grande cele– brità, e intorno ad esso -si è formata una ricca lette– ratura, che si accresce di giorno in giorno. Io non intendo rifare ancora una volta la storia, molte volte fatta, della genesi di quella concezione; nè riferire e criticare i luoghi, ormai notissimi, del Marx e dell'Engels che la enunciano, e le varie opinioni degli oppositori, dei difensori, dei divulgatori e dei corruttori. Il mio scopo è soltanto di sottoporre ai colleghi alcune poche osservazioni intorno ad essa, prendendola nella forma in cui si presenta in un libro recentissimo del mio egregio amico prof. Antonio Labriola, dell'Università di Roma. Per molte ragioni, a me non spetta di lodare questo libro del Labriola. Ma non posso non dire, quasi per un necessario chiarimento, che esso mi è sembrato la più ampia e profonda trattazione della questione; scevro di pedanteria e di pettegolezzi eruditi, eppure- recante in ogni rigo i segni della conoscenza perfetta che l'autore ha di tutto quello che si è scritto sul propo– sito; e tale, insomma, che risparmia la noia del pole– mizzare con vedute erronee ed eccessive che in esso appaiono oltrepassate. La sua opportunità è poi gran– dissima in Italia, dove il materialismo storico è diffUso quasi soltanto nella forma spuria datagli da un inge– gnoso professore d'economia, che se n'è, anzi, spacciato come il ritrovatore. (2) A chi legga il libro del Labriola, e procuri cavar da esso un concetto preciso della nuova dottrina storica, un primo risultato deve apparire evidente, che io raccolgo nella seguente proposizione : « Il cosidetto materialismo storico non è una filosofia della storia ». Tale negazione il Labriola non la pone esplicitamente, anzi, se si vuole, a parole, dice talora proprio il con– trario (8). Ma la negazione, se io non m'inganno, è implicita nelle limitazioni e circoscrizioni che egli fa della portata della dottrina. La reazione filosofica del realismo gettò a terrJ. le costruzioni elevate dalla teologia e dal misticismo me– tafisico, che aduggiavano il campo della storiografia. La filosofia della storia fu colpita a morte. E, quasi dispregiati va e deprecati va, nacque la frase: « far della filosofia della storia » per dire far della storia fanta– stica e artificiosa, e forse tendenziosa. È vero che, negli ultimi tempi, son cominciati a riapparire dei libri che pigliano. a titolo appunto la filosofia della storia. Parrebbe una risurrezione, ma non è. Nel fatto si tratta di cosa totalmente dìversa. Questa recente produzione non vuol dar luogo a una nuova filosofia della st01·ia, ma rappresenta semplice– mente un filosofare sulla storia. La distinzione merita di essere chiarita. La possibilità di una filosofia della storia presuppone la possibilità di una riduzione concettuale del corso ( 1 ) Atti dell'Accademia Pontaniana, voi. xxvi. (2) Alludo alle opere del prof. Achillle Loria. ·( 3 ) Lo chiama una volta: « l'ultima e definitiva filosofia della storia».

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