Critica Sociale - Anno VI - n. 11 - 1 giugno 1896

CRtrtOA SOCtAtE 171 ancora allo studio, sullè quali il dissenso nello stesso partito è ammissibile, ed è opportuno che si facciano ancora esperienze in vario senso - in esse al criterio imperativo è da surrogare il cri– terio della ricerca e della persuasione. Il Congresso indaga, riferisce, si affiata, discute, formula anche dei voti, indica delle direzioni; ma non comanda, non dogmatizza, non minaccia scomuniche. Non dice all'eterodosso, al dissenziente, all'incerto: tu non sei socialista ; fuori del partito ! Poiché a questo si viene con le deliberazioni di scomuniche, di diffide, di sfratti, che proposte iro– nicamente, al Congresso di Brescia, da un opposi– tore della_ tattica dei semplicisti, vengono ora, a quanto vediamo, accettate e ripetute seriamente anche da altri Congressi - i quali in ciò appunto ci sembrano dimenticare quel freno e quella mi– sura a cui sopra facevamo allusione. A una quan– tità dei nostri uomini, compagni provati ed antichi, taluni dei quali insegnarono a noi ad esser socia– listi, da una massa, in parte, di neofiti, di tardi arrivati, si dice: non siete socialisti. - E come non lo siamo, vi rispondono questi, se aderiamo in tutto e per tutto al vostro programma, se ac– cettiamo il principio della lotta di classe e quello della conquista dei poteri, che sono il doppio perno su cui gira l'azione del partito; se a questo dedi– chiamo l'ingegno, l'opera, la vita? Noi non siamo socialisti unicamente perché su una modalità della tattica - sulla quale divergono e l'opinione e la pratica dei socialisti, non pure italiani, ma belgi, francesi, inglesi e di ogni altra nazione a seconda delle leggi vigenti, dei luoghi, dei momenti - non teniamo la vostra opinione, l'opinione della maggioranza, o meglio, pur rispettandola, non la crediamo suscettiva di applicazione universale nel tempo e nello spazio; non siamo socialisti perché apprezziamo diversamente da voi certe opportunità momentanee di tempi e di luoghi; perché ci pre– occupiamo più di voi, o diversamente da voi, del pericolo che in dati luoghi e momenti vi è pel nostro partito a fare il gioco della minacciante reazione. In sostanza, noi non siamo socialisti perché oggi, in cotesta questione, alla quale voi date un'importanza forse eccessiva, noi siamo an– cora minoranza. Domani forse saremo maggio– ranza, e allora sarete voi che più non sarete so– cialisti. Ci scomùnicheremo e ci espelleremo a vicenda; il partito - scambio di combattere i nemici comuni - si affannerà, con loro giubilo grande, ad assottigliare ed espellere se stesso. Che pazzia è questa ? Che disciplina, non da partito di pensanti, ma piuttosto da caserma o da convento? A che si tende, a che si arriva con questo dispo– tismo giacobino ? Non certo alla sincerità nell'azione del partito. I risultati del deliberato di Parma l'han dimostt·ato ad esuberanza. E posto pure che nessuno neppure copertamente si ribelli, che il partito non si franga, che otteniate l'acquiescenza rassegnata dei molti e dei migliori, quale profitto ne otterrete? Ubbedendo al vostro imperativo, queste frazioni dissidenti, cui è fatto delitto sostenere la propria dissidenza, at– tribuiranno alla tattica imposta tutti i loro insuc– cessi e, se avranno dei successi, li reputeranno minori di quelli che avrebbero altrimenti ottenuti. La coazione genererà, nelle file, il_ malcontento, non mai la persuasione, la quale, se non sia spon– tanea, non cres_ce. Lasciate un po' ch'essi falliscano (come voi credete), che imparino qualchecosa dalla loro esperienza, che è l'insegnamento più efficace. Se hanno sbagliato si riprenderanno; considerateli compagni e non pupilli. Forzati, se anche arano diritto, crederanno di avere, lorn malgrado, sba– gliato. Un partito, che si vanta popolare e scienti- BibliotecaGino Bianco fico, forse non perderebbe gran che ad essere, in fatto, un tantino democratico e un tantino speri– mentale. E pazienza ancora (voi sareste almeno subietti– vamente scusabili) se la vostra convinzione, che da veri infallibilisti pretendete imporre a tutti quanti, fosse fatta della sostanza, assurda sia pure, ma compatta e coerente, colla quale si impastano i dogmi. Ma ahimè, se la esaminate da vicino, essa mostra crepe da ogni parte. Prima crepa: la facoltà di opzione elettorale nei ballottaggi. La quale contraddice a quella egua– glianza di tutti gli altri partiti, unica massa 1·eazionaria, che è il presupposto, larvato o pa– lese, di quasi tutte le vostre perorazioni. ·Ma ben maggiori incoerenze noterete se esaminate i motivi diversi che conducono molti di voi ad una stessa opinione. Gli uni affermano che il nostro partito è ancora troppo debole per permetter-si quella ch'ei chiamano la transigenza; e così l'accettano, ma pel domani; gli altri affermano (accettandola per l'ieri) che esso è già forte abbastanza per non doversela concedere più. (i) Gli uni dicono l'intransigenza necessaria nelle campagne; altri vi risponde (come il Codifava, che se ne intende, nella Lotta di classe, 23 maggio) che al contrario la intransigenza è ottima nelle città, solo nelle campagne è impossi– bile. Gli uni dichiarano che non s'ha a dar la mano, in nessun caso, ai democratici, perchè essi non esistono affatto : (nel qual caso il problema sarebbe risoluto per se stesso e certe preoccupa– zioni non si intenderebbero); gli altri che, anzi, perché esistono e son forti, non s'ha da rinforzarli di più. E c'è chi soggiunge: - vedete i non hanno un'organizzazione, e non hanno un programma; se l'avessero, allora soltanto, ci si potrebbe intender con essi. ( 2 ) - Cosicché, non v'è un motivo, quasi, a sostegno della tesi vostra, che non litighi col suo vicino e non lo minacci. Dal che non vogliamo desumere (che eccede– rebbe gli intenti del presente articolo) che dunque i semplicisti siano nel torto. Sar3:nno anzi nella ragione: nella eterna ed universale ragione, se così loro piace. Ma non appare ancora, la loro, di quelle ragioni così salde e incontrovertibili, che · possano assumere efficacia di dogma e in nome delle quali un Congresso socialista possa diventare una specie di Concilio ecumenico. Saranno nella ra– gione; ma lo saranno tanto più se non vorranno imporla coi procedimenti che si convengono alla fede. * * * Le quali cose non osserviamo per un nostro in• teresse personale, perorando pro domo nostra. Noi siamo - e ci teniamo a dichiararlo per sven• tare stupidi sospetti o insinuazioni maligne - troppo e da troppo lunga consuetudine legati a questo nostro partito, per non amarlo, e seguirlo, occorrendo, anche in quelli che a noi sembrano deviazioni ed errori ed ai quali il tempo e l'espe– rienza - più forti d'ogni preconcetto e di ogni formula votata - apporteranno i correttivi. Non dunque noi minacciamo scismi o ribellioùi: al tempo e all'esperienza soltanto ci appelliamo. Che anzi, se dovessimo svelare il fondo del no– stro pensiero, un altro timore ci preoccupa: che cioè, quando la tesi nostra, che ora appar difesa (I) Quir100 Nofri, nel Congresso di Lucca, sosteneva appunto la prima opinione. Diceva (togliamo dalla Mal'·tinella) « che non e ancora arrivato il mome11to in cui possano prevalere le idee di Zerboglio e di Bonar di, ir.quant ochè non c'è nel paese ancora lo sviluppo politico e industria.le raggiunto da altri paesi.» La quale, benchè d'uno che nella questione ci è avversario, è un po' anche la nostra opinio11e, e segna uno dei nostri dissensi da qualchti punto accessorio dell'ordiue del giorno Bissolati. (2) Così, a proposito dei repubblicani, l'Astno di Roma, citato anche dalla Giustizia, 2l maggio.

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