Gaetano Gibelli - Considerazioni sopra un sonetto del Petrarca

-12n quei confini che pose natura ; dice rode 11oltc 1 non dice no" mai ; il quale temperamento era opportuno a volere eh<' il lettore desse picnn e fermissima fede. Imperciocchè chi legge , di leggicri si adonta e mal si acconcia n prestar fede , quando lo scrittore non tenendo nelle sentenze il debito modo trapassa i confini del vero. 1\Ia come (dirà per nventura qualche pcdantucolo) comc poteva predire il poeta che i suoi di sarebbero stati manchi, se pur qualche volta interviene che un gran duolo invecchi 1 fnci lissima si è la risposta : il poeta non ere· deva , nè M'eva ragion di credere ch'egli dovesse esser uno de' pri,•ilegiati ; cioè a dire egli credeva che gli dovesse incontrare quello che avviene ai più , non quello che avviene ai pochi; cioè a dire (quando si parla ai pedanti non è mai superfluo il cioè a dire) egli mirava agli avvenimenti ordinarii, non agli straordi11arii; senza che quel modo di dire : i miei dl jien lagrimosi e manchi, è modo congcttnrnlc , non definitivo ; modo opiuativo , . non scientifico, cioè a dire, procedente da opinione, non da certezza. 1\Ia lasciando le pedantcrie a cui appartengono, io voglio che il lettore da sè consideri come la predetta sentenza , siccome quella che è informata dall' affetto, tenga opportunamente del grave , del sublime , del maestoso. Il poeta dopo aver parlato dell' oro , delle perle , dc' fiori , fa menzione di una molto più principale cagione del dolor suo; quest.~ erano gli specchi , che Laura (secondo l'avviso di lui) aveva stanchi nel vagheggiar sè medesima. Cosiffatta cagione perchè in efficacia avanzava di gran lunga le altre sopracccnoate , la pone in luogo separato; c pcrchè egli voleva che sovra essa principalmrote il lettore fermasse l' attenzione , la pone in ultimo luogo. SI voleva il poeta che di siffata cagione del suo

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