Una città - anno II - n. 10 - febbraio 1992

SCUOLA.intervista a Valeria Capelli, insegnante di cittadini vuole creare un altro tipo di scuola lo Stato deve riconoscer! a, e aiutare, finanziare questi tentativi. A tutti i livelli. Ci sono, ad esempio, tante scuole private, parificate che svolgono un servizio per tutti i cittadini, non solo cattolici. Tale servizio deve essere riconosciuto dallo stato. - senza andare un po' in profondità, quasi quasi è meglio non farla. Occorre non svuotare la scuola di contenuti formativi, solo per far posto all'informatica, per esempio. Tanto più che il problema, in una società che dal punto di vista scientifico e tecnologico cambia continuamente, non è tanto avere una competenza, quanto avere la duttilità mentale che consenta di adattarsi al nuovo. E' comprovato che le persone dotate di una formazione culturale sono più capaci di adattarsi al nuovo. E la scuola deve avere un carattere soprattutto formativo. DAREDELLERAGIONI Valeria Capelli insegna da oltre vent'anni al Liceo Scientifico di Forlì. Fu fra le prime ad affiancarsi a Don Ricci nell'esperienza di G.S., divenuta poi C.L. e da allora ne è personalità di primo piano. Ha insegnato anche alle Magistrali negli anni caldi della contestazione. LI l'ho conosciuta, avendola spesso come interlocutore. A volte come controparte. C'è differenza tra essere un'insegnante oggi e vent'annifa,quandocisiamo conosciuti? E' da tanto che sono nella scuola e sono sempre più contenta di esserci. Mi sono trovata nella scuola nel periodo in cui molti insegnanti hanno cominciato a sentirsi demotivati. In tanti sono andati in pensione giovani, non trovando più il senso di quello che facevano. A me non è mai successo.forse perché quello che conta per me è il rapporto con gli studenti e con i colleghi. Capisco che se si parte dalle "strutture scolastiche" il giudizio possa essere pessimistico; ma se si parte dal rapporto con le persone, ci sono motivi per trovare sempre bello questo lavoro. Vent'anni fa i ragazzi erano più ideologizzati. Oggi i giovani non vogliono saperne di politica, forse neppure di grandi impegni e di ideali. Sono più "'ripiegati" sulla musica, sulla famiglia, sul mangiare la pizza insieme. Allora c'erano altre tensioni che davano il clima della scuola, c'erano contrapposizioni più vive e, appunto, ideologiche. Ci sono tempi in cui prevalgono le ideologie e tempi in cui prevale il riflusso, tuttavia io trovo che c'è qualcosa dentro i ragazzi che è una costante, ed è un desiderio grande di vita. Io ricordo i ragazzi del '68. C'era questo desiderio di cambiare la scuola, la società, il mondo. Poi si è rivelato un sogno, ma questo desiderio c'era ed era grande. Beh, qualcosa di simile c'è anche oggi. Ai ragazzi è piaciuto molto "L'attimo fuggente". L'insegnante del film è diventato mitico per tutti gli studenti. L'abbiamo visto in classe quel film. Tutti i ragazzi erano entusiasti e si sono commossi quando gli alunni si sono alzati in piedi sui banchi. Anch'io mi sono commossa. Forse avremmo dovuto vederlo proprio noi insegnanti. Però c'è un limite in quel film. Un insegnante capace di rompere gli schemi, capace di fare compagnia ai ragazzi, che capisce che ognuno deve realizzare la propria personalità è una cosa enorme nella scuola. Ma il limite è che quel professore non ha una proposta reale: c'è più la passione che la capacità di dare "delle ragioni" per vivere. Per fare degli uomini veri non ci si può appellare solo alla passione. Ai miei tempi la consideravo una moderata "irrimediabile". Adesso, nonostante la So che Laura ha fatto il Doman. mal di stomaco tenibile, perché Volevo chiedere a Morena se ero molto nervosa, anche se di anche lei fa qualche tipo di gin- fuori sembravo serena. Ora che ho nastica. smesso mi sento molto più tranMorena: io ho cominciato a fare qui Iladi prima. Però quello che ho fisioterapia a due anni; faccio un fatto l'ho sempre fatto perme, non metododi cui non ricordo il nome, per gli altri, e smettere è stata una che comunque guida al coordina- decisione difficile, perché non samento dei movimenti che io ave- pevo neanche che cosa avrei potuvo scoordinati. Poi si fanno prove to fare una volta smesso: avevo di equilibrio, di riflesso, visto che paura di non avere niente da fare io ho il riflesso scoordinato che tulio il giorno. Invece ho molte ostacola molto i miei movimenti, cose da fare: ora vado ad imparare e si cerca di controllarlo il più a usare il computer perché l'anno possibile. Faccio anche esercizi di prossimo vorrei iscrivermi a scuorilassamento. Da cinque anni la e, dato che non scrivo bene e cammino con due tripodi, cosa non parlo neanche troppo bene, il prima impensabile per me, tutto computer mi serve. Comunque quello che mi davano in mano lo tutto questo non avrei potuto farlo tiravo via a causa del mio riflesso senza i 13 anni di lavoro bestiale difettoso. Adesso va abbastanza del Doman, perché a sette anni, bene: bisogna seguirmi, ma vado quando ho iniziato, ero immobile. da sola, molti problemi di fondo Ora, in casa, oltre a muovermi a non sono ancora risolti, e non so gatto o a striscio, faccioparecchie neanche se si risolveranno, ma da cose: mangioda sola, mi vesto, mi quando l'ho accettato sono inte- lavo, e la miamamma (Livia, ndr) riormente tranquilla. deve solo aiutarmi a sedere. SePensi che sia importante recu- condo me un handicappato deve perare, cercare di raggiungere pensare prima di tutto a fare della una presunta perfezione fisica - riabilitazione; poi quando è più che è quella degli altri- oppure grandepuòdecideresesmettere,o concentrarsi sugli altri aspetti e se farnedi menoe fare qualcos' alsulle altre risorse che possiamo tro. Quando ho smesso il Doman avere a disposizione? pensavo di dover affrontare solo Morena: secondo me le due cose mia madre, che dopo qualche si integrano, perché l'uomo non è giorno si è calmata; invece c'è perfetto. lo non mi sento "anor- sempre qualcuno che me ne dice male" ma normale, però in una di tutti i colori, per esempio le condizione diversa da un altro, e persone che mi hanno aiutato in questa è una caratteristica di tutti questi anni. perché ogni uomo è diverso dagli Livia: io ragiono da persona sana altri; e poi può capitare a tutti di e, come tutte le persone sane, penessere "handicappati", basta che savo che la riabilitazione fossepiù peruna settimana ti facciamaleun importantedi qualunquealtracosa. piede e non riescaa camminare. Io Laura: ho smesso perché non ci non cerco la perfezione del mio credevo più ed era diventata una corpo, perché nella tomba non fatica immensa;avevo spessodell'avrei ancora raggiunta. Però nel le crisi e l'ultima volta sono riumomento in cui ho trovato la tran- scita a convincere la mia mamma. quillità di accettarmi in pieno così Ancora adesso certe volte mi svecome sono, anche il mio riflesso è glio di notte e non mi sembra anmigliorato.Primami pesavadover cora vero. spiegare a tutti che non dovevano Livia: Laura aveva la possibilità far bottiperchémidavano fastidio; di migliorare neurologicamente ora invece ho accettato questo anno dopo anno, ma mi ha detto; come una parte di me che è giusto "mamma, iomi sonoacceuatacosì, che gli altri conoscano e non mi se anche tu mi accetti io mollo". crea più problemi. E questo mi fa Accettarsi è difficilissimo, lei c'è migliorare anche fisicamente: riuscita, ha risolto la sua vita, e nonostante siano 22 anni che fac- allora mi sono dovuta arrendere. cio della terapia, è solo da tre mesi Morena: comunquenonè unaresa. che riesco a stare seduta su un Anche a me piacerebbe correre, tappeto con le mani giù. ma bisogna essere obieuivi; io ho Laura: anch'iosonod'accordocon una lesione cerebrale, posso mila Morena: prima di tutto la sere- gliorare, ma non potrò mai correnità interiore. Io ne so qualcosa re,ofarmiilbagnocompletamenperché ho fatto il Doman per 13 te da sola, o infilarmi i pantaloni. anni; ho finito due mesi fa esatti. Livia: adesso sono io che devo Ma mentre per i primi 7-8 anni imparare da lei, a convivere con l'ho fatto bene, dopo a 14-15anni lei così com'è. ho capito che purtroppo non sarei Laura: l'altra notte ho sognato mai riuscita a camminare. Però che ero da Doman, in una camera pensavo di essere io un po' pessi- da sola, strisciavo verso la porta mista, e così sono andata avanti chiusa, e lui, come una specie di fino adesso. Ho fatto tutto quello Cerbero, era fuori con gli altri, io che dovevo fare, ma con un peso picchiavo nella porta perché voleenorme· infatti avevo sempre un vo uscire e non ci riuscivo! pacatezza dei suoi temi, mi pare di sentirla molto critica verso la scuola. Mah, la scuola è uno dei grandi mass-media, però è vero che la scuola è fatta di persone. Il modello è ancora sostanzialmente quello di Gentile, quindi verticistico, autoritario, senza una reale libertà né per gli insegnanti né per gli studenti. Credo che il problema della scuola si risolverebbe dando una maggiore libertà, eliminando il verticismo burocratico. Però, come ho detto, nella scuola ci sono delle persone che possono trasformarla in un luogo di educazione e formazione. E questo dipende dai giovani e soprattutto dagli insegnanti. Ma qual è il processo di formazione degli insegnanti? Questo è il problema! Perché la scuola è sempre stata un luogo di istruzione e non di educazione. Poi ci si accorge che se non si insegna dentro un rapporto umano, si vanifica anche l'istruzione che diventa arida comunicazione di dati. Il guaio più grosso della scuola è proprio questa divisione fra l'istruzione e l'educazione. Quindi la scuola rinuncia ad essere educativa per essere solo istruttiva e fallisce anche nell'istruzione perché non è educativa. Certo. Però devo dire che tanti insegnanti avvertono il problema. A contatto con i ragazzi, cominciano a porsi il proE come vivete i rapporti con i "normali"? Morena: praticamente sono nove mesi che mi sono aperta così, oggi sono tranquilla, prima facevo fatica a parlare. Con i miei amici intimi no, ma se dovevo andare ad un incontro come questo sudavo freddo. Non mi sentivo diversa, ma sentivo il peso dell'handicap, sentivo di pesare sugli altri. Per esempio; se c'erano delle scale da fare il pensiero di doverle fare mi spaventava, se c'erano degli ostacoli da superare mi caricavo di tensione e mi chiudevo. Ora ho deciso di impegnarmi per fare capire alla gente che l'handicap è solo una condizione e nonqualcosa di extraterrestre. A questo riguardo per me è molto importante quello che facciamoalla cooperativa "Il Cammino": i ragazzi mi hannoaiutatamoltissimo,con loro c'è lacollaborazionedell'integrazione. Per esempio: il pulmino che abbiamo per me è troppo alto, loro hannocostruito una scalacosì adesso loposso usare anch'io.C'è la volontà di superare quello che è possibile superare e di dividere senza drammi le difficoltà del1' handicap. A livello generale questa cosa non è ancora molto sentita, ma il fatto che si inizi a discuterne mi fa piacere. Laura: quando vado in giro c'è sempre qualche persona anziana che mi guarda con gli occhi fuori dalle orbite e mi dà fastidio. Invece la meraviglia dei bambini non Vedere la persona, e non solo il "problema": è questo, mi sembra, il primo e più importante ostacolo da superare quando si ha di fronte un handicappato. Nonostante le mie idee sul rapporto paritario fra handicappati e non, su un rapporto che 11011sia una concessione di chi sta meglio verso chi sta peggio, anche per me, di fronte a delle persone handicappate. il primo atteggiamento istintivo è stato quello di chi sta meglio verso chi sta peggio: u,1 po' di imbarazzo e la volontà di mostrare tatto, di 11011essere indelicato o inopportuno; in questo senso il fatto che io stesso sia handicappato (anche se la menomazione visiva è un handicap diverso e non è quello che più istintivamente o frequentemente il nome evoca) 1101m1 i è stato né di impiccio né di grande aiuto, come ci si potrebbe invece aspettare: certo. se si parlava della restrizione nelra11tonomia e nell'indipendenza dagli altri e di cosa questo significhi per noi, potevo capire meglio di altri il loro stato c/'animo, che comunque non potrebbe mai essere esattamente il mio (ognuno vive a modo suo e diversamente dagli altri anche la stessa esperienza); il fatto è, comu11- B. . ~ çQ blema: ci sono difficoltà psicologiche, familiari, economiche, per cui devono rendersi conto che c'è un aspetto umano che non possono lasciare da parte. Si impone il problema di essere educatori. E' morto un ragazzo nella scuola. Entri nel le classi e vedi che sono sconvolti. Fai lezione? Fai finta di niente e spieghi e interroghi? Allora, anche se nessuno ce l'ha mai insegnato, dobbiamo fare i conti con il problema educativo. omologati col proprio consenso Un problema che mi pare irrisolto anche nelle scuole più ''umane" ... Credo che tutta la scuola, tutti gli insegnanti oggi abbiano un volto più umano, soprattutto se penso alla scuola che ho fatto io: si studiava, si era interrogati e basta. Una scuola più umana può essere più pericolosa di una scuola oppressi va perché l'oppressione può generare la presa di coscienza e la resistenza; in una scuola come quella attuale, invece, si può essere più facilmente omologati senza accorgersene. E' un po' l'andazzo di tutta la società: si è omologati col proprio consenso. Questo è indubbiamente uno dei prodotti della deideologizzazione, che significa anche caduta di ideali e tendenza al conformismo, ad uniformarsi, complici i massmedia. Ciò accade anche nella scuola. Per questo io insisto sulle responsabilità di un ordinamento verticistico e burocratico della scuola, che prevede solo l'istruzione. Alla scuola non è richiesto altro, soprattutto alla scuola superiore. Ed è gravissimo. Condivido la critica al burocratismo e verticismo presenti nella scuola, però la proposta di CL di libertà di insegnamento fino al punto di creare scuole private per ogni orientamento religioso o ideologico, mi lascia molto perplesso. Perché resto del- ! 'idea che la scuola deve essere un terreno fondamentale di pratica del pluralismo, aJtrimenti sarebbe un impoverimento per tutti. Io non sono credente e non mi piace CL, ma considererei un mio impoverimento non poter stare insieme anche con gente di CL. Non si propone la scuola privata, ma una scuola pubblica per tutti, seguendo l'esempio di altri paesi europei. Credo che debba permanere una scuola come l'attuale, anche perché la maggioranza dei cittadini vuole una scuola così. Però lo stato deve lasciare la libertà ai cittadini di fare dei tentativi, valutandoli solo rispetto ai criteri di funzionalità reaJe e di servizio sociale svolto. In altre parole, se un gruppo Ma si tornerebbe indietro, alle elementari gestite dalle suorine ... Beh, ci vorrebbero dei controlli ... Ma quali autorità sarebbero in grado di valutare questi servizi? Dovrebbero essere tutte scuole statali: uno stato democratico dovrebbe promuovere le iniziative di base, fornire dei servizi, ma riconoscendo anche validi altri tentativi. Servirebbe come stimolo per tutta la scuola, creerebbe una dialettica. La concorrenza è utiJe, spesso. A meno che non sia concorrenza al ribasso. Io sto parlando di iniziative valide culturalmente, con un progetto educativo. Io mi accontenterei di maggiore autonomia sul piano didattico, perché a volte anche gli insegnanti si nascondono dietro ai programmi da seguire. Infatti. L'autonomia didattica è un altro problema. Cosa mai può fare un Ministero con un baraccone così grande come la scuola italiana? Il punto è dare un'autonomia controllata anche a questo livello. Gli orientamenti ministeriali in proposito non mi sembrano positivi. La riforma è da fare, e subito. Però se si deve fare una scuola sempre più tecnologica, moltiplicando solo le materie, le ore, per stare al passo -con che cosa? Chi deve educare? Prima di tutto dovrebbe essere la famiglia. E anche la scuola dovrebbe avere un compito importantissimo. A me sembra che la scuola dovrebbe avere il ruolo principale ... Ci dovrebbe essere una collaborazione fra scuola e famiglia. La scuola è importante, perché a scuola si forma la testa, il cuore dei ragazzi. In classe, nel rapporto con i compagni succedono cose che determinano scelte di vita. la fatica di vivere è reale nei • ragazzi Mi dispiace quando vedo che i ragazzi sentono la scuola come luogo di punizione. Le scuole dovrebbero essere aperte anche iJ pomeriggio, come centri di ritrovo dei ragazzi, non solo per leggere o studiare ma anche per incontrarsi, discutere, orgaAVIVO PAUU DI NON AVIR PIU' NUL&A DA FARI Morena Monti e Laura Zanni, discutono di come hanno affrontato il foro deficit, di normalità, dell'aiuto degli altri. mi da fastidio; mi sembra logico che un bambino di quattro anni si stupisca, ma non che uno di 50-60 anni venga fuori con due binocoli come se io venissi da Marte, e a me capita tutti i giorni. Invececon i miei amici ci sto bene, anche se all'inizio sono timida. Livia: però è anche vero che i tuoi amici, anche se sono giovani, vengono sempre per aiutarti; è difficile avere un rapporto paritario. A questo proposito cosa ne pensate della "solidarietà"? Non vi sembra che con questa parola si intenda di solito un rapporto impari fra chi riceve e chi dà, che lo fa per scarico di coscienza o per sé stesso? Livia: io penso che fra chi aiuta e chi è aiutato c'è sempreuno scambio; anche chi da riceve qualcosa. E' bello imparare a sentirsi utili. Morena: è anche vero che se non si supera il pietismo, l'aiuto lo si dà per sentirsi a posto e non per collaborare. lo avevo degli amici che mi aiutavano in tutto e con loronon facevoniente, poi, non so perché sono spariti. Adesso invece mi aiutano solo quando ho bique, che anch'io ho visto prima l'handicap e poi la persona, anzi ho fatto coincidere le due cose. Certo, per uscire da questa prospelliva sbagliata basta poco: una conversazione è sufficiente, o meglio basta superare i pregiudizi i11consciche io mi portavo dietro, come credo molti altri, che vengono smascherati e sconfessati dalla realtà: perché, ad esempio. mi sono involontariamell/e sorpreso nel leggere o nel 'ascoltare parole tutt'altro che stupide o scontate, scritte o dette da chi ha difficoltà anche enormi nel parlare? Con tutto che questa sorpresa sia durata un solo secondo e si sia rivelata stupida e i11giustificata quasi immediatamente, sta di fatto che l'ho provata ed è stata rivelatrice di un pregiudizio comune, per cui chi ha una menomazione diventa menomato per definizione; insomma. ci si aspetta che chi 1101r1iesce a parlare abbia qualche problema anche a pensare. per estremizzare la cosa. Del resto capita che uno si metta a parlare a voce alta per farsi capire da 1111 cieco ... Ed è sempre di qui che nasce lo scetticismo di molti sulle possibilità di inserimento degli handicappati nel mondo del lavoro. o addirittura la resistenza versogno e certe volte mi chiedono aiuto loro, così ho imparato che posso fare qualcosa anch'io. Livia: noi col metodo Doman abbiamo conosciuto l'aspetto miglioredella città; tu metti l'annuncio e chi ti risponde lo fa solo perché è disposto ad aiutarti. Vi aspettate qualcos'altro? Morena: la città non è di tutti. lo nonposso prendere l'autobus, imbucare una lettera, c'è un solo telefono in piazza dove si arriva bene a fare i numeri. Laura: anche a lgea Marina, dove c'è la colonia per handicappati in cui io vado tutte le estati, nonostante in giro si vedano molti handicappati, non c'è proprio una cultura di un certo tipo; incentro i gradini sono alti e senza un'accompagnatrice non riesco a salirli.Comunque io ci vado lo stesso, giro nella strada. E poi anche noi andiamo in gelateria, al pub, insomma a spendere. Invecec'è una discoteca con uno scalino che sarà mezzo metro; io ci sono andata lo stesso, ma poi se mi mettono in un angolo vicino ai bagni col cavolo che ci ritorno! so i tentativi fatti in questo senso; ed è sempre per questo che sembra quasi assurdo, e comunque molto imbarazzante, prendere in considerazione la possibilità che gli handicappati abbiano una vita affettiva e sessuale. Credo che ascoltare le idee e le esperienze di un "portatore di handicap" sia l'unico modo per liberarsi di questo pregiudizio e per cominciare a vederlo come una persona a llltti gli effetti. Del resto parlare, o essere costretti a parlare (come succede in 1111 ·i111ervista)di sé è un ottimo incentivo peraume111are la propria consapevolezza, per chiarirsi le idee. o per avere più chiaro quali idee 1101s1ono chiare; almeno così è stato per me. Una cosa che in questo incontro è venuta fuori in modo piuttosto palese è che chi 1101h1a un handicap tende a considerare la propria situazione non solo come normale, ma anche come normativa: è come si dovrebbe essere; non per niente, la più grande manifestazione d'amore che un genitore porta al figlio menomato è l'impegno costante per riuscire ad eliminare il deficit; ed è più/acile che sia /'handicappato ad accettare per primo la propria condizione. e non il geniLa vostra idea di divertimento? Morena: andare con gli amici in pizzeria, o a fare una passeggiata al mare, fare quattro risate. lo non posso andare in discoteca perché mi da fastidio il rumore, ci sono andata una volta ma sono dovuta uscire. Mi diverto anche a lavorare; secondo me il divertimento c'è quando si trae piacere dalla cosa che si fa e non pesa farla. Chiaro che se mi metto a pensare a tutto quello che non posso fare, addio divertimento! Laura: amepiace molto lamusica e mi piace andare ai concerti; ogni tantovadoanche indiscoteca,però nonmi piace moltostare aguardare gli altri che ballano, preferisco andare in un pianobar, sto molto volentieri insieme ai miei amici. Certo, è vero che gli amici veri non sono molti, ma è indispensabile allargare il giro delle conoscenze; però bisogna che quelli che ti stanno vicino nonmi facciano tutto, altrimenti disimparo tutto quello che ho acquisito. E se uno non è amico di lunga data fa fatica a non aiutarti. Tu, Laura, hai detto che grazie tare, come è successo a Laura. D'altra parte una terapia come il metodo Doman, così intransigente e si potrebbe dire spietato nel sottoporre l'handicappato ad una ginnastica continua, è l'emblema del fatto che i "sani" desiderano riportare a questa condizione chi non vi è, questo naturalmente per fare il suo bene. A questo riguardo io 110nho le idee chiare e ho molti dubbi e nessuna certezza: chiaramente è il diretto illleressato che deve decidere se tentare la riabilitazione o meno, visto che si tratta della sua scelta di vita; ma è anche vero che le prime decisioni le prendono i genitori; e se non è giusto sottoporre u,1 bambino a u11aginnastica massacrante per farlo camminare, 1101s1o neanche se sia giusto decidere per lui che camminare non è importante, mentre dopo alcuni anni potrebbe pensare esattamente l'opposto e rammaricarsi per aver perso diversi anni. Una "comunità dei sani" mi sembra senz'altro una idea mostruosa, 1·u11icacomunità che sia accettabile è quella i11cui ognuno è accettato per quello che è e senza ridurre una persona a una sua caratteristica o a una sua me11omazio11ep, erdi più da eliminare. Ma questo non vuole ancora al Doman puoi fare molte cose da sola. Questo ti dà una maggiore tranquillità? Laura: bé, senz'altro sono più tranquilla di uno che è immobile. Morena: secondo me dipende molto da come uno vive la propria condizione; magari uno immobile può essere più tranquillo di me. lo ho ancora dei momenti in cui odio il mio riflesso che mi impediscedi fare molte cose. A Lourdes ho conosciuto una ragazza che è nata normale e adesso è immobile; muove solo gli occhi. Un suo amico mi ha detto che l'hanno rovinata con una trasfusione, è rimasta senza mamma, ha 28 anni e le devono fare tutto. Un giorno ho visto che cambiava colore e le ho chiesto cosa aveva fatto. Siccome deve essere legata alla carrozzina, suo babbo, per paura che cadesse probabilmente l'aveva stretta troppo, e lei me lo ha fatto capire con gli occhi. Quando l'hanno slegata ho visto una serenità nei suoi occhi ... Mi sono detta; " Morena, va a casa e non lamentarti più!". a cura di Fabio Strada e Livia Zanni dire che questa menomazione sia positiva in sé o irrinunciabile per la persona stessa; credo che l'unica discriminante fondamentale sia se la persona si accetta o meno. Se si accetta prende atto e consapevolezza dei suoi limiti e delle sue potenzialità, cerca di valorizzare queste ultime piuttosto che concentrarsi ne/l'eliminazione delle prime, magari consumando in questo tutte le sue energie che potrebbero essere invece impegnate in modo più costruttivo e traendone più soddisfazione. E questo può valere per l'handicap ma anche per tutto il resto. E' vero che i "difetti" o comunque i nostri limiti fanno parte di noi. e quindi pos-sono essere accettati. ma non è detto che tutto quello che/a parte di noi ci deb/;a piacere: e comunque una menomazione non credo abbia un valore positivo in sé. come 11011 credo l'abbia in negativo. Semplicemente ha valore nella misura in cui permette ai nostri altri aspetti di emergere liberamente e per il fatto che la sua elimi11azio11ea. mmesso che sia possibile. richiederebbe il loro sacrificio e la rimmcia a molte esperienze per co11ce111rarsisolo in essa. Fabio Strada

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