Una città - anno II - n. 10 - febbraio 1992

sé stessi e il passaggioda una situazione come quella ad una di rcsponsabi Iizzazionc richiede tempi lunghi. L'acquisizione di competenze non avviene per magia, ma è un lavoro fatto di piccoli passi che possono richiedere mesi cd anni. Ma anche la struttura più aperta non rischia di riproporsi come istituzione? Sì. la nostra è una lotta continua per non esserlo, perché si può creare qualsiasi tipo di struttura intermedia. ci si può dare qualsiasi nome, ma non garantisci in nessunmodo che non ridiventi manicomio. Noi operatori ci mettiamo continuamente in discussione e non lavoriamo tanto su programmi, quanto su strategie, liberandoci quanto più possibile delle ideologie. Siamo partiti con pochi operatori, perché non volevamo essere sempre presenti. per non correre iI rischio di faredelle cose che i residenti sarebbero riusciti comunque a fare anche senzadi noi. Adessoabbiamo una situazione molto più complessa.non abbiamoache fare solo con una collettività, ma con 21 personeche hanno una individualità, mentre un anno fa il lavoro erapiù impostato a dare una identità collettiva alle persone. Questa evoluzione non è statapianificata, non c'era un progetto che prevedeva queste fasi, le abbiamo cominciate a vedere insieme ai residenti. da sé stessi, senza demandare agli altri Le prospettive? Per ora il maggiore sforzo è stato quello di far funzionare la residenza e altre iniziative di tipo culturale non si sono potute fare e si è un po' tralasciato il rapporto con la città. Adesso sono state organizzate alcune feste con gli anziani dei centri sociali,con gli amici dell'associazione sono stati momenti molto belli e forti da moltiplicare. Il rapporto con la città resta uno degli obiettivi principali. Per ora ciò avviene con il frequentare i negozi intorno, però è un rapporto qualitativamente povero. Imola è una città manicomiale, per cui, ad esempio, quando i residenti vanno negli orti degli anziani o in uncentro sociale trovano già della prevenzione. Per riuscire a consolidare i rapporti con la città è necessario lavorare con continuità. Ad esempio, un· iniziativa che vorremmo sviluppare prossimamente è quella di promuovere in città, all'interno del manicomio o in altri luoghi, una manifestazione che dovrebbe diventare annuale, fatta di serate di spettacoli, feste, eccetera. Un luogo per ex-matti può essere un luogo per un concerto e sarebbeun bel modo, concreto e propositivo, per tentare di abbattere barriere sia fisiche che ideologiche. Insomma vogliamo far conocere una diversa immagine del le personechesono,o sono state, dentro il manicomio, superare dei pregiudizi, fare in modo che vengano riconosciute come cittadini. Un altro canale che abbiamo appena imboccato è collegare Cà del Vento con un movimento che sta nascendo a livello nazionale ispirato ad esperienze anglosassoni, quello dcll'autoaiuto psichiatrico. Si tratta di persone, utenti o cx-utenti o potenziali utenti, che si organizzano delle attività, dei servizi per rispondere da soli ai loro problemi, sia perché i servizi non ci sono o perché non rispondono ai loro bisogni. Il fine è che le persone si muovano per sé stesse,senza demandare ad altri. a cura di Patrizia Belli, Laura Cerini, Fausto Fabbri, Giovanna Po11di In queste pagine foto di camere dei residenti di Cà del Bviòl10 eca Mario. Abbiamo 1111 orto, ce l'ha dato il comune, non siamo solo noi, saremo perlo111e110dieci, quindici, ci hanno dato u11pe-;,- zeffino di terra, 111acredo che gli altri siano famiglie. /11 città vado 111011s0pesso anche se non molto lontano per 11011 affaticarmi fisicamente. Prima ero sempre al centro sociale a giocare a carte. Quando hw1110 fatto la rifor111ae hanno dato il permesso di andaref11ori, parecchi andavano nei bar. Erano he11 ricevuti ma quelli che stavano bene se ne sono andati tutti. Ade.1·.wsiamo diventati uno .10cietà più malata, siamo ri111as1i G'l°latio BI an CO Bruno. Sono s/C/toquindicisedici anni a/l'ospedale psichiatrico Lo/li. Quando sia111a0111ar::s,ono due anni che sono q11i.Qui c'è più libertà. Ho fatto il colono per 48 anni. Poi ho s111esso.Ho già sessantasette anni, 1101s1ono più abile a lavorare come una volta. I nervi 11011 sono più quelli. Qui faccio i piatti, aiuto in cucina. vado a fare la spesa. Loredana. Prima a me non piaceva qui a Ca del Vento, non uscivo mai. Ho avuto un periodo che ero nervosa, piangevo sempre. Poi piano piano è passato il nervoso e giravo sempre fuori. Ad esempio sono andata a Roma con F/orence, (al Maurizio Costanzo Show). Abbiamo visitato tuffo, sempre a girare, poi c'è venuta fame, abbiamo preso una bella pizza coi funghi. Sono andata anche in Sicilia con l'aereo (ad un convegno). Avevo, una fifa! E ho detto: prendiamo le medicine, per vedere se passa un po' lafifa. Quando sono andata su è passata. Sono andata una volta sola e legano. legano streffo per paura de/l'apparecchio. Sono stata anche al mare col comune, con gli anziani. C'era anche la Caterina, una mia compagna di Torino. Teresa. lo ero al Lo/li in un reparto autogestito ma sono venuta via perchè c'era troppa gnola da sentire. Qui parlo un po' di più anche con gli altri. Anche là dicevo qualcosa, ma c'era chi mi voleva parlare e chi no. Per ilfuturo ho pensato di farmi una casina fuori, da sola o anche in due e farò domanda di case popolari. Avevo anche pensato di trovarmi un lavoro, come ho già jaffo saltuariamente, perché a me piace lavorare, mi piace stirare, fare quelle cosine lì. Elia. lo ce l'avrei la casa ma comunque è tanto che giro per gli ospedali che adesso non mi trovo più ad andare a casa. Ci vado ogni tanto, ma a starci per sempre non mifido. A casa c'è più da fare ... UNA ClffA' 5

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