Una città - anno II - n. 10 - febbraio 1992

intervista a Florence Ribot, dell'Associazione Cà del Vento---------- CITTADINI EX· ATTI lm_ola_in: _un parco di alberi secolari. al centro della città. l'Ospedale Ps1chia1ncoOsservanza. 500 persone ancora ricoverate. Molti reparti. Alcuni immutati da sempre. allri in viadi Lrasformazione.Un reparto dal 1991, trasformato nella struttura e nella sostanza. è dive111atala residenza di 21 persone dimesse. la loro casa. Una comunità autonoma. falladi persone di nuovo libere di scegliere, che hanno iniziato un cammino lungo e faticoso di riappropriazione di capacità, volontà, desideri. voglia di farcela che da persone deprivate. totalme111ederesponsabilizzate, le sta portando, a volte anche dolorosamente. a vivere da cittadini. Otto operatori lavorano insieme a loro. Abbiamo intervistato Florence Ribot, responsabile dell'Associazione Cà del Vento. Che cos'è Cà del Vento? E' un'associazione, nata nel 90, fonnatadacinadini di Imola e da un gruppo di persone ricoverate ali' ospedale psichiatrico Osservanza che, dopo una serie di contatti presi sia dati' equipe medico-sociale che dagli educatori che operavano ali' interno dei reparti, aveva accettato l'idea di ripartire da capo con una vita organizzata diversamente in una struttura per persone dimesse. Quali problemi avete avuto nel portare qui queste persone? Le persone alle quali la cosa è stata proposta erano più di 50 e alla fine soltanto 21 hanno accettato, alcune spontaneamente, altre con l'accordo di fare una prova, con la possibilità di tornare indietro. La proposta è stata fatta a persone con una certa autonomia, che all'interno dei reparti si erano salvate minimamente un loro spazio; alcuni in posizione di forza rispetto agli altri ricoverati e con rapporti privilegiati col personale, potevano avere qualcosa da perdere, perché da uno status privilegiato andavano in una situazione aperta che proponeva i rapportj così come sono nella società. C'era anche la paura di non poter fare a meno dell' organizzazione manicomiale, della rassicurazione che dava, anche se a prezzi grossissimi. Andare ad abitare a Cà del Vento era un tragitto che si faceva all'interno dello spazio fisico del parco dell'ospedale Osservanza, e questo, che oggi è un enorme handicap, è stato per tante persone un elemento di rassicurazione: si cambiava, ma non tanto. Dacosa nasce l'associazione? Nasce da quello che si chiama il "progetto Valerio" per il superamento del manicomio, che è stato prodotto dal la direzione dell'ospedale quattro anni fa. Valerio è il nome di un signore emblematico che, ricoverato dall'età di 8 anni in varie strutture, tenuto a lungo legato perché si picchiava e diventato cieco senza che i medici avessero sospettato problemi agli occhi, a poco a poco, sotto la guida del dott. Antonucci che gli aveva strutturato un accompagnamento, ha ripreso a camminare e a riappropriarsi delle funzioni del proprio corpo. Era forse la persona più handicappata di tutto I' ospedale. Secondo questo progetto, quattro anni fa, sotto la direzione del dott. Venturini, si sono cominciati a predisporre strutture e servizi per la dimissione delle persone. Qui a lmolac'erastataunafasemolto favorevole già prima della legge 180 del '78, con moltissime dimissioni, poi tutto ha avuto una battuta d'arresto, la legge non è stata applicata e le sole persone che uscivano erano quelle che mori vano. Cà del Vento è una delle prime strutture per dimessi e rientra in un progetto che prevede anche molti cambiamenti all'interno dei reparti. In base a che cosa vengono decise le dimissioni dall'ospedale alla Càdel Vento? Le persone vengono dimesse se hanno una situazione possibile verso la quale andare. Quelle rimaste dentro sono quelle considerate, per luogo comune, un residuo, per cui il manicomio è l'unica condizione di vita possibile. Invece si sta dimostrando che le persone che sono qui dentro hanno ancora delle possibilità, forse sono mancate la creatività e la volontà di farle accedere a queste possibilità. Chi aveva una famiglia e una casa propria verso cui andare è già stato dimesso, ma chi è ancora qui ha da un minimo di venti fino a quaranta, cinquant'anni di pe1manenza. E' ovvio che i legami con l'esterno sono molto allentati; per molti le sole possibilità diventano le case di riposo per anziani oppure strutture per problemi specifici di handicap. Cà del Vento vuole essere una soluzione, provvisoria o definitiva. Uscire vuol dire uscire per un'altra vita. All'inizio si pensava potesse essere un passaggio, perché il salto dal reparto a una situazione completamente autonoma era troppo grosso. Allora qui si è impostata la vita il più possibile vicina al quotidiano, per cui ognuno deve rispondere a delle responsabilità, ha un ruolo, si riconosce una sua identità di persona, distinta da quella degli altri. persone clte si sfanno "svegliando" Quali sono le difTerenze tra l'ospedale e la vita a Cà del vento? Il reparto non è fatto in base ai bisogni degli utenti, ma del1' istituzione stessa. Ci sono delle gerarchie, il primario, il medico, l'infermiere fino al ricoverato, quello debole e quello forte. L · individualità della persona è "legata", la struttura stessa non ha luoghi privati. Qui invece ognuno ha la propria camera, arredata secondo il proprio gusto e ne è responsabile. Abbiamo strutturato alcuni strumenti che sono le assemblee su argomenti vari, più una specifica per i menù. Lavorare qui significa essere molto in empatia con le persone, però significa anche far nascere delle conflittualità. Uno dei nostri obbiettivi è che per tutti ventuno emergano delle opportunità, perché anche tra di loro c'è una grossa competitività per cui, ad esempio, se un qualsiasi lavoro relativo alla gestione domestica è compito di una persona che se lo è preso proprio come ruolo, diviene difficile per un'altra accederci. Qui rinforzano la loro personalità e prendono consapevolezza della propria forza e capacità a contrattare, e questo serve anche nel rapporto col fuori. Ritrovare una libertà ad agire e a pensare porta a riproporre i modelli che ci offre la società, compreso anche quello di voler emarginare il più debole. La differenza, rispetto ali' istituzione, consiste nel fatto che in buona parte agiamo in modo che le persone gestiscano da soli i loro rapporti; e questo in certi momenti li mette in crisi. E' un passaggio, però necessario. Loro non si sono scelti, ci sono persone che non sono mai state accettate del tutto, o altri che era difficiCoop. Cento Fiori I.AB. ART. fITOPRl:PARAZIONI ViaValDastico, 4- Forlì Tel. 0543/702661 - Estrattiidroalcolicini diluizione t : 10da piantafrescaspontaneoa colti~atasenza l'utilizzdoiprodottdi isintesi. - Maceradti gemme. - Opercodliipiantesingole formulazioni conmateriaprimabiologicao selezionata. - Produzionsiuordinazione le sopportare e questo fa che le cose non siano semplici. All'inizio avevamo scelto di lasciare un'autoregolazione dei rapporti, ora vediamo che in certi momenti c'è la necessità di dare un supporto, di intervenire nelle questioni che si vengono a creare, sennò ci troveremmo alla legge della giungla. Però questo deriva anche dal fallo che qui c'è gente che si sta '·svegliando", che si sta riappropriando del suo essere persona, attraverso un evoluzione sempredinamkacon tutti gli aspetti positivi e negativi che questo comporta. • • com,nc,a a interrogarsi sul tempo clte lta passato qui Come fate coi soldi dei residenti? Quello che abbiamo fatto già nel primo anno è stato di ridare in mano alle persone la gestione del proprio patrimonio, perché quando erano ricoverati nei reparti c'era un ufficio di gestione del denaro per cui uno non accedeva al proprio conto in banca ecc. Ora ognuno ha il proprio conto in banca ed è lui il firmatario. Ci sono delle persone che fanno le operazioni come credono. Ci sono alcune persone che sarebbero nella stessa situazione, ma ci chiedono di accompagnarli perché sentono una responsabilità troppo pesante. Alcune persone invece che, non essendo mai state abituate alla gestione di più di mille o duemila lire al giorno, hanno fatto fatica subito a totalizzare l'entità del loro patrimonio, e magari se hanno a disposizione I 00.000 lire al giorno spendono I00.000, se hanno I 0.000 spendono 10.000. La linea è quella di dare il più possibile autonomia alle persone, però riteniamo di farlo quando è possibile, cioè quando funziona, per non arrivare a degli estremi per cui alla fine dovremmo invece intervenire noi in tutto e per tutto. Questo da parte vostra e da parte loro è considerata una cosa importante? Importante sì, intanto significa arrivare a palpare in mano il proprio patrimonio, a ricevere i propri estratti conto per cui non si bara più con loro, magari come si faceva ... Tra l'altro con alcuni è il lavoro contrario che si fa, cioè quello di incentivarli a spendere i propri soldi, perché sono abituati a risparmiare per risparmiare, oppure a non avere alcuna occasione di spendere. C'è qualcuno che magari ha 40 milioni ed esita a spendere 500 mila lire per farsi una vacanza. C'è anche un signore, che ha un patrimonio di una pensione che si è accumulata così, negli anni, senza toccarla mai, ma è molto timido nello spendere i propri soldi e con una preoccupazione del futuro che non è razionale, mentre quella pensione continua ad arrivargli ... GAIA Pest Control igiene ambientale • Disinfestazioni • Derattizzazioni • Disinfezioni • Allontanamento colombi da edifici e monumenti • Disinfestazioni di parchi e giardini • Indagini naturalistiche 47100Forlì - viliMeucci,24 (Zona flldustrillle) Te/. (0543)722062 Telefax(0543)722083 questo signore adesso fa ancora molta fatica a darsi il piacere di comprarsi qualcosa. Ma tutto questo serve a mellere nelle loro mani i loro estraili conto. Il rapporto con le medicine? Tra adesso e due anni fa, il livello di consumo delle medicine è calato molto, proprio perché c'erano delle terapie lasciate così da tanti anni, che davano l'idea che lui stava buono. E l'abitudine che le persone avevano non era quella di poter discutere sulle medicine. E neanche poi se gli si cambiava la terapia non è che si parlasse con l'interessato. Qui invece adesso c'è un medico che procede diversamente, che è molto presente e che pone la cosa proprio su un piano di contrattualità. Questa contrallualità ci ha messo un po· di tempo ad instaurarsi. Non abbiamo fatto una scelta a priori di dire no alle medicine o sì alle medicine perché, intanto, se prima prendevano le medicine, devi anche essere in grado di proporre qualcos'altro, e comunque devi permettere alle persone stesse, e agli altri che ci vivono insieme, di poter convivere. Qui ci sono 21 persone. Quello cui si tende è rendere la gente alliva, fare propria la propria vita, cercare insieme la soluzione ai problemi. a volte dibaffiti un po' pesanti sulla 180 E ultimamente abbiamo visto maggiore fragilità nelle persone che forse erano più stabilizzate nel passato. Stando qua, avendo ripreso in mano una serie di cose della propria vita che invece nell'ospedale non c'erano, uno comincia anche a pensare, a riflettere, a interrogarsi sul tempo che ha passato qui dentro, a che punto è della propria vita, che cosa potrà fare. E quindi queste sono cose che determinano delle grosse fragilità ... ad esempio c'è un signore che per questo sta pagando un prezzo molto duro. Noi lo aiutiamo, lo sosteniamo con forza pensando che questa può essere una cosa costosissima per lui in termini di sofferenza che porterà, però, a un gradino superiore. E non c'entra il discorso delle medicine in più o in meno, ma proprio di cose che sono successe. il modo di vivere i rapporti con i compagni. con un amico in particolare. e poi con la famiglia o con gli operatori qui o anche con qualcuno fuori perché attraverso varie iniziative cominciano anche a conoscere delle persone fuori, sperimentano anche calore e comunque reciprocità dei rapporti. etc. Prima. diciamo. c ·era anche più una delega all'ambiente in cui ~i era e una certa passività per Iorza era la condizione poi per continuare a vivere in un ambiente manicomiale. E ci può essere della nostalgia verso il "prima"? Verso l'ospedale di prima? Direi che il termine nostalgia non mi sembra appropriato. Qualcuno in certi momenti ha avuto dei ripensamenti perché comunque qua magari ti trovi a dover affrontare delle scelte, delle questioni che invece in una situazione tutta determinata non hai. C'è qualcuno che continua a stare qui, ha fatto la scelta di stare qui, ma che continua a difendere la situazione del manicomio, dicendo che è quella dove lui è stato più sollevato in tutta la sua vita. E a volte entriamo in dei dibattiti anche un po' pesanti sulla 180 perché una dei residenti ce l'ha a morte con Basaglia, e dice che per lei la possibilità di essere in manicomio è stata una salvezza perché prima aveva una situazione di inferiorità, di complesso, di timidezza nel mondo e che stando con gente messa peggio di lei si è trovata sollevata. A volte può vedere in noi operatori, la gente così che ha curato questo progetto, dei rompiscatole, gente che vuole rimellere in discussione degli equilibri, poi, però, qui sta assumendo un ruolo di leader per certi aspetti, quindi ... Per il resto, direi che adesso, e forse è già diverso da un anno fa, dall'inizio quando ci sono state delle persone che avevano grosse esitazioni, paure che magari di fronte a certe piccole difficoltà hanno pensato che aveva fatto male a decidere di venire qui. Ora questa cosa riemerge ogni tanto quando uno ha una contrarietà particolare, magari se si tarda a cenare o non c'è più questa roba da mangiare, capita di dire che queste cose in reparto non succedevano però... persone che abbiano rimesso in discussione la scelta direi che non ce ne sono. E quali sono le prospettive concrete? Che uno possa porsi proprio come un cittadino. Però non è dello che questo sbocchi per tutti in un progetto di ritornare a vivere "fuori", dal momento che vogliamo rispettare anche le scelte delle persone. Alcuni si sentono troppo distanti, hanno una grande paura e forse temono di rischiare di perdere il nuovo equilibrio. Per questo motivo adesso lavoriamo per favorire l'emergere dei loro desideri, per confortarli e per dare alla gente gli strumenti per realizzarli. Quindi dal progetto originario, che vedeva Cà del Vento come momento di passaggio per andare altrove, si è giunti alla considerazione che le persone passano a Cà del Vento per cambiare, ricaricarsi di possibilità, dopodiché decidono se è questa la loro sistemazione, oppure se ne individuano altre. Ad esempio un signore ha pensato che gli piacerebbe ritornare alla casa di riposo del proprio paese, qualcun altro di poter andare ad abitare fuori, in una casa propria e per questo ha fatto domanda di casa popolare, magari con altri. Anche perché vivendo in una situazione più attiva si creano delle amicizie, mentre in un reparto vivono insieme quaranta individui che non interagiscono. Altri si sono costruiti una possibilità di lavoro diventando soci di una cooperativa per la manutenzione del verde, sia del parco del l'ospedale, sia facendo lavori all'esterno. Alcuni frequentano la scuola per conseguire la licenza elementare. un altro, pur lavorando nella cooperativa del verde, sta conseguendo il diploma di terza media tramite i corsi pomeridiani delle 150 ore. E' possibile un recupero totale? Dipende cosa si intende per recupero totale. Pensare che tutti ventuno potranno un giorno andare ad abitare da soli non ha senso. Per loro la protezione è importante e noi l'avevamo sottovalutata. L'ospedale garantiva una protezione totale, addirittura da

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