Una città - anno II - n. 10 - febbraio 1992

bino doveva essere il primo ad arrivare alla cerimonia, il pubblico rumoreggiava in auesa, senza il maeslro non si poteva cominciare. Poi finalmente, il rabbino arriva e comincia la sua funzione religiosa. Alla fine i fedeli si rivolgono al loro maeslro: "signor rabbino, perché proprio stasera è arrivato così in ritardo, proprio lei che è famoso per la sua puntualità? E lui rispose: "Sono arrivato in rilardo perché ho dovuto occuparmi di un membro della comunità che si era dimenticato che questa sera era Kippur. Era talmente preso dal lavoro, questo tale faceva il sarto, che non si è ricordato che bisogna fare le preparazioni per il digiuno e andare alla preghiera della sinagoga. Allora sono andato ad avvertirlo di smettere il suo lavoro e di venire in sinagoga". Questo signore, amareggiato dall'aver fatto tardi in un momento così solenne del calendario ebraico, si sarebbe rivolto a Dio con questa preghiera, se così la si può chiamare: "Signore lddio, ho sbagliato, non ho tenuto conto che stasera c'era la celebrazione e mi sono attardato a lavorare. Però, Signore Iddio, se andiamo a guardare, anche tu ne hai fatti di sbagli. Guarda quante cose sbagliate hai fatto tu e quante cose sbagliate ho fatto io e facciamo un patto: tu perdoni me ed io perdono te, così siamo pari." E pare, è sempre un raccontino, che ci sia stato un cenno del cielo come di assenso, quasi che Dio fosse d'accordo. A questo punto sembra che ci fosse nella sinagoga un intervento di un tale il quale, rivolto a questo Vorrei fare un intervento abbastanza contenuto. cosicché alla fine potremmo restare tutti un po· in silenzio. Perché di fronte alla testimonianza ritorna vivo il fatto e tutti siamo sotto il peso della cappa, il peso di quel ricordo. Non possiamo pensare di trovare una giustificazione. Bellissime le parole sull'olocausto che non è un olocausto. Non si vuole sacralizzare, non si può spiegare 1·assurdo, è male punto e basta. Non si può spiegare, nemmeno da un punto di vista crisi iano, perché due più due facciano sette. Non lo fanno. Non si può spiegare il motivo di un orrore, di una tragedia di questo genere. Quindi penso che alla fine dovremo slare zitti. Però non zitti del tutto. Forse questa è la prima differenza. Vorrei parlare, come dire, quasi al bordo del silenzio, sulle soglie del silenzio, senza arrivare ad esaurirlo, però cercando di non lasciare al silenzio tutto lo spazio, perché non sempre il silenzio è nobile, è qualificato, è rispettoso. Col silenzio vengono avanti anche i delitti. sarto, gli avrebbe detto: ·'Hai fatto male." (riferito a Dio). "Non avresti dovuto perdonarlo, in modo che Dio impari che così non si deve fare". E' una storiellina significativa del rapporto, quasi dialettico, che si ha con la divinità. il perdono finale il peccatore lo deve discutere con Dio Prima di concludere, vorrei solo accennare ad un problema al quale non possiamo sfuggire. Molto spesso viene rimproverato al popolo ebraico di non smeltere di vivere degli interessi del capitale dello sterminio, della shoà. Ormai sono passati cinquant'anni, bisogna perdonare, passare un tratto di spugna su quello che è successo. Il popolo ebraico non ha concesso il suo perdono. Questo è un problema molto grosso, che pone ad ognuno di noi delle domande che lacerano il nostro interno. Debbo dire che la visione di chi fa questa domanda vuole stabilire, forse inconsapevolmente, forse consapevolmente, una differenza tra determinati principi del Cristianesimo, visto come la legge del perdono, e determinati principi attribuiti ali' Ebraismo, come la vendetta o il conservare rancore. Ciò quasi a sottolineare che il Cristianesimo, portatore del sentimento di amore, sarebbe un Mentre il rabbino Caro parlava, pensavo: noi a Forlì non abbiamo una presenza ebraica, e questo lascia anche su di noi un segno. C'è il silenzio della comunità ebraica che qui non c'è, e questo, indirettamente, involontariamente, anche noi lo paghiamo. Non sempre il silenzio è produttore di una crescita. ella sua relazione, il rabbino Caro ha fatto riferimento alle persecuzioni di cinque secoli fa. L'episodio di Auschwitz è un po' il culmine, il vertice di una lunghissima tradizione di persecuzioni. "E' vero che la colpa è di pochi, ma la responsabilità è di molti". Hitler nel '23 è stato preso e messo in galera, nel '33 l'hanno messo al potere. Il che vuol dire che il fenomeno Auschwitz, il fenomeno dei lager, senza pretendere che questa sia una spiegazione, è il culmine di una lunga tradizione, di una cultura. Ci 1,ono state le responsabilità delle istituzioni, purtroppo anche quella della Chiesa cattolica. E' chiaro, a mc dispiace soprattutto quel silenzio. Ma questo silenzio è frutto di una superamento dell'Ebraismo, portatore del sentimento di giustizia. lo non entrerò in questioni teologiche. anche perché nella stessa Chiesa si sta revisionando questo concetto, però voglio sottolineare il punto di vista ebraico sul perdono, che è molto personale e caraueristico. 11perdono è fenomeno molto complesso, slreltamente legato al pentirsi. Il perdono, quello vero, non è dato all'uomo di concederlo, lo deve dare Dio. Io, come essere umano, non sono in condizione di giudicare un mio simile e arrivare alla sentenza: lo perdono o non lo perdono. Questa è una cosa che è demandata ad una istanza superiore. Ma ci sono tutte le fasi precedenti: io sono tenuto a dimenticare l'offesa che ho ricevuto allorché mi rendo conto che colui che mi ha recato offesa ha veramente capito che quello che ha fatto era sbagliato, che ha fatto tutto quello che era umanamente possibile per rimediare il torto e ha inlrapreso una strada che dimoslra nel modo più clamoroso possibile che quella persona è orientata a condurre un esistenza del tulio diversa da quella che l'aveva portato al peccato. Se ciò non avviene, io, essere umano, devo, non perdonare, non sta a me perdonare, ma dimenticare e non serbare rancore. Il perdono finale è una cosa che il peccatore deve discutere con Dio, l'uomo non c'entra niente. Anche questo fa parte di quel mondo nel quale siamo penetrati così dolorosamente. Avrei finito. dalla relazione del Rabbino Caro cultura che ha emarginato questo popolo. Abbiamo invitato nella nostra parrocchia qualcuno a parlarci di come si sono comportati i nostri concittadini in quel periodo: ci furono anche denunce anonime. Allora vuol dire che il silenzio può diventare anche un'arma omicida. dobbiamo ricordare il volto, il nome di • ciascuno Bisogna ricordare cosa ti ha fatto Amalek. ricordare che cosa è successo nei campi di concentramento, ricordare quanto la civiltà occidentale ha ricevuto dal mondo ebraico. Freud. Marx, Einstein sono i frutti di questa civiltà. Ricordare perché non succeda più. Siamo andati a Dachau con un gruppo di nowi giovani e in fondo al campo c'era la scritta che diceva: "bisogna ricordare queste cose perché non ~ucceB1ol1otecGa ino Bianco dano più.'. Dobbiamo ricordare quello che è avvenuto, sapendo che non sono sei milioni, perché gli uomini non hanno numero, basta uno perché possa valere. Ed è vero che tutte le volte che nasce una persona è come se Dio creasse un mondo ancora un'altra volta. Dire sei milioni vuol dire banalizzare. Invece dobbiamo ricordare il volto. il nome di ciascuno e cercare di capire come si è arrivati a questo. Dietro c·è anche una cultura, che va individuata all'origine e sgretolata, ed è la cultura della potenza, in genere, può essere anche la potenza religiosa. Ma la pretesa di totalizzare la verità, la pretesa, tipicamente nazista, di omologare tulti. E' vero che la shoà ebraica ha una qualità diversa da tulle le altre stragi. perché in fondo le altre stragi sono strategiche, sono '•in funzione di'', dell'occupazione, della difesa, della ricchezza, que to caso mi sembra che abbia come caraueristica tragica il fauo che si sia mirato direttamente alla eliminazione in quanto tale. Anna Frank non era ricca, è stata eliminata perché esisteva, è questo il tragico, e forse è questa la caratteristica: l'eliminazione come tale, l'omologazione pura, "il peccato del nazismo è il peccato puro" diceva Gianni Baget Bozzo, l'omologazione totale, l'identità. Un popolo, che ha insegnato la storia all'altro, il senso del mistero, del divino, del trascendente, è stato quasi totalmente vittima di una cultura che ha affermato invece l'identità, la potenza, l'omologazione, l'assoluta verità. ecco, il Dio della potenza è crollato Allora anche il problema religioso non si può sorvolare, si può discutere, come in un altro libro di Elie Wiesel, "Il processo di Shamgorod", quando dice: "lo vogliamo fare questo processo a Dio, perché Dio non è semplicemente lo spettatore", Dio non guarda gli uomini, Dio tocca gli uomini, è chiamato in causa, la coscienza religiosa è provocata da questo fatto. Colui che è religioso patisce per un doppio motivo: per lo scandalo umano e perché viene vulnerata proprio la sua fede, ciò che ha di più sacro dentro di sé, ciò che ha scelto radicalmente nella propria esistenza. Dov'è questo Dio? A me pare che la risposta che dà Elie Wiesel è ripresa dalla Bibbia, "eccolo lì ..:·, mi sembra si possa dire che anche nella tradizione ebraica c'è la consapevolezza che Dio non è lontano dall'uomo, ma è dentro l'uomo. Allora questo mi fa pensare che anche il silenzio, la perplessità, il dolore della feriladella propria fede davanti ad Auschwilz, possono trovare una proposta, non una risposta. Nella forza, nella capacità di guardare cosa c'è dietro al dolore. Il cristiano in fondo è nato proprio sulla croce del Cristo quando ha visto o ha creduto di vedere, secondo alcuni, un mistero più grande. La morte non è l'ultima risposta. Il cristiano quando pensa a Cristo che è morto per tutti pensa a un Dio che è vicino agli uomini e che patisce anche lui il nostro dolore. Si può intentare il processo a Dio, e in nome di questo processo si distruggono tutte le false immagini, le immagini degli idoli, il Diodellapotenza,dell'onnipotenza, il Gott mili uns, il Dio che ci siamo prodotti noi, il Dio delle necessità naturali, della terra e del sangue, il dio dei nazisti. Questi falsi dei possono crollare. Il Dio della croce. lo dico con grande pudore, con tanta trepidazione anche, che è un Dio debole, un Dio fattosi riconoscere sulla croce, lui per primo ha condivi~o la nostra ~offerenza e ~offre tull ·ora, dentro a cia- ~cuna sofferenza, nella storia. Que~todio è l'unico Dio che ~i può ~alvare dopo la strage dei lager nazisti. Qualcuno ha detto che in Cristo anche Dio si è redento. Cristo non redime soltanto gli uomini, ma in primo luogo redime Dio, perlomeno un·immagine di Dio: il Dio che sta a guardare da lontano, o peggio ancora, il dio del giudizio. Questo Dio è finito, bisogna dirlo, in modo pacato. umile, nel nome del Crocifisso, perché sennò ritorna sempre il Dio della potenza. 11Dio croci fisso in questo modo può diventare il compagno del nostro cammino, dei nostri dolori. Ed è quel modo di essere che ci insegna a non pretendere mai tulta la verità, meno che mai a lasciarci andare ai deliri di onnipotenza, ai deliri maniaca! i di risolvere la realtà con la propria volontà di potenza. Ecco il Dio della potenza è crollato. forse anclte Dio è cambiato dopo Auscltwitz C'è chi dice che il male è troppo grande perché ci sia Dio, e c'è invece qualcuno che dice: no, Dio c'è e quindi anche il male troverà, non una giustificazione, ma una redenzione. E' inserito in un piano, non sappiamo quale, ma certamente un Dio che patisce, vive, porta il dolore degli uomini potrebbe essere la risposta. Che non è solo la risposta dei cristiani, perché sono proprio le lettere, credo che molti di noi le abbiano lette, di Etty Hillesum, questa ebrea finita ad Auschwitz, la quale, con un'enorme chiarezza, nel '42 aveva già capito come sarebbe andata a finire, e sapeva che sarebbero morti tutti, e con realismo assoluto, perché diceva che la mistica può nascere solo dopo aver visto in faccia la realtà, ci dice "nonostante tutto credo che la vita abbia un profondo significato·•, che esiste un rilmo profondo dell'esistenza che occorre imparare a riconoscere, che occorre comunicarci reciprocamente. Oppure quando gli Ebrei si avviavano alle camere a gas dicendo '·Shemà lsrae1•·. Questo significa che la forza dell'uomo, il mistero di Dio crocifisso, reggevano in quei momenti che umanamente sarebbero stati il luogo del silenzio, dell'assurdo, dell' imprecazione. Gli uomini nei campi di concenlramento hanno avuto questa fermezza, la forza di non lasciarsi inebetire, di non lasciarsi ammutolire da questi avvenimenti. Perché questo silenzio totale sarebbe stato veramente la vittoria del nazismo, perché avrebbe significato estirpare il motivo della vita degli uomini, la speranza. Diceva Primo Levi che ad Auschwitz mancava certamente la carità, anche se non del tutto, ci sono stati episodi, Sono d'accordissimo sul fatto che ci sono stati parecchi, troppi stermini nella storia dell'umanità, ma insisto sull'unicità della Shoà. Intanto perché come è slato sottolineato, tutti gli altri stermini erano in qualche modo, non voglio dire giustificati, ma collegati a pseudo-motivazioni, che potevano avere anche una certa logica. Motivi economici, motivi sociali, motivi territoriali. La persecuzione contro l'ebreo era mirata contro l'ebreo in quanto tale. L ·ebreo visto come il nemico dell'umanità che deve essere eliminato sic et simpliciter in quanto tale. Non solo l'ebreo, ma iImezzo ebreo, il quarto d'ebreo. Non importa se ricco o povero, giovane o vecchio, bambino o poppante. Già questo pone la shoà in una posizione unica nella storia. Non solo, ma secondo qualcuno questa unicità deriva anche da una delle motivazioni dello sterminio nazista. Che non fosse altro che la prova generale di come si potesse materialmente fare per eliminare un popolo nel modo più indolore per chi lo effettua, più economico, più rapido. Ci sono testimonianze agghiaccianti sugli esperimenti per arrivare alla soluzione migliore, come si fa a sopprimere il maggior numero di persone in tempo limitato ricavando il massimo in tracce umane di grande generosità, era scadente la fede, l'unica grande virtù era la speranza ... Se noi facessimo silenzio denunceremmo la nostra poca fede, ma soprattutto la nostra disperazione. Invece la forza dell'uomo è proprio nel riuscire a vedere che al di là di questi fatti, senza tentare di dare una giustificazione, c'è un Dio che soffre. Crolla una certa immagine di Dio. Forse anche Dio è cambiato dopo Auschwitz. E' il Dio dell'.incontro con l'altro, il Dio del mistero, che comprendiamo poco, l'unico che veramente misura la fede o l'ateismo, quello che incontra ciascuno di noi nel momento del dolore. dalla relazione di don Sergio Sala termini economici e spendendo il minimo. E il top sono state le camere a gas, recuperando protesi, capelli, vestili, scarpe. Secondo qualcuno questo era il primo esperimento per arrivare poi, in un secondo tempo, a sterminare altri popoli considerati inferiori. Si inizia sempre dagli ebrei per poi continuare con altri. ... Per concludere vorrei dire questa cosa. Avrei ribaltato molto volentieri il titolo della serala. Chiederci di Dio dopo Auschwitz può farci anche molto comodo. Può essere una specie di alibi per sfuggire le nostre responsabilità. Dio lasciamolo stare, è su un piano completamente diverso. Chiediamoci invece noi, come ci saremmo comportati in quella situazione e cosa facciamo oggi per evitare che certe cose possano ripetersi. E vi assicuro che basta leggersi il giornale per non avere eccessivi ottimismi. Viviamo in un periodo carico di speranze e carico di timori. Ma molte cose fanno pensare che l'uomo non abbia capito cosa è successo. Facciamoci questa domanda: ci siamo messi nell'ottica di fare qualcosa perché certe cose non succedano più? E' una domanda che rivolgo a voi e che rivolgo a me stesso. dalle conclusioni del Rabbino Caro i'\ ! .. . ' . . -~H ... ~ I . ,. "Siamo in viaggio per terre lontane pieni di fiducia e con l'animo a voi rivolto. Speriamo Dio ci assista e di riabbracciarci un giomo. Ricordateci come noi vi ricorderemo." Cartolina di alcuni deportati da Lugo giunta ai familiari dopo essere stata ge11a1ada una tradotta ed impostata da 1111s0co11osci1110 (7-12-/ 943 ). , UNA ClffA' 11

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