Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

96 seha i connotati del piccolo borghese è un rappresentante dell'intera condizione umana. Una zona di possibile integrazione non esiste da nessunaparte. Diversodiscorso è da fare per l'uomo Kafka, che non ha mai cessato di cercare soluzioni personali e anche di intravvedere soluzioni collettive, sappiamo con quanto calore nel caso della comunità jiddish. LI, o quando si trovava di fronte a una comunità «organica» di tipo familiare, patriarcale-contadino come la famiglia della sorella Ottla, egli aveva l'impressione di avere a che fare con gente che viveva «nel vero», secondoun'espressione a lui cara che aveva trovato in certi ricordi su Flaubert, che, tornando da una visita a un'amica cheaveva trovato circondata da un'atmosfera di grande serenità familiare, avrebbe detto sospirando: «ils sont dans le vrai». Quelli che nonerano nel vero erano coloro che come Flaubert e lui stesso avevano rinunciato alla vita familiare per abbandonarsi al demone della scrittura e alla frequentazione degli intellettuali. Ognuno ha nostalgie di questo genere, ma ognuno sa da Orazio in poi che esse sono relative alla propria condizione e che in realtà l'apparente armonia dell'integrazione non è affatto garanzia di essere «dans le vrai»; probabilmente l a famiglia campagnola dell'amica di Flaubert segretamentevagheggiava la vita di città con la sua estensione degli orizzonti dell'esperienza e della cultura. Perciò questa nostalgia, come le manienaturistiche di Kafka, non trapassa mai nella sua opera, dove anzi nessuno può dire di essere nel vero e chi lo afferma si illude gravemente. Qui vale quanto si dice in una lettera a Milena, e cioè che«solo il desiderio di verità è vero». Qualchecosa di simile aveva detto Lessing in un passo famoso: «Se Dio chiudesse nella sua destra ogni verità e nella sinistra il sempre vivo stimolo alla verità.., e mi dicesse: scegli!, io prenderei umilmente la sua sinistra rispondendo: Padre dà! La verità pura è per te solamente». Ma Lessing può scegliere e a Dio resta i l possesso della verità. In Kafka non c'è scelta, solo il desiderio è vero, la verità non èdi Dio ma di un mondo che non è questo. Franco Fortini scriveva nel 1948: «Come l'odore di una foglia durerà solo fintanto che dureranno, una dopo l'altra distaccandosi e perdendosi, le particelle dellesostanze volatili ch'essa trattiene, così i l libro di Kafka... avrà odore per noi, avrà il suo amaro odore d'assenzio, ...finché un verme potràessere creduto un uomo, un portinaio un tiranno potente, finché la costruzione di una vana muraglia richiederà sacrifici incommensurabili, finché le cornacchie non cesseranno (come dice Kafka, appunto) di raccontare che «basterebbe una sola cornacchia a distruggere i l cielo» ignorando che «cielo significa appunto: impossibilità Biblioteca Gino Bianco

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