Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

95 non si può rimanere alla periferia perché si è sempre coinvolti e non si può identificarsi completamente perché o è il potere stesso che respinge lo sforzo di identificarsi con lui, o esso appare in forme così ingiuste e repellenti che l'uomo per identificarsi dovrebbe abdicare ad ogni dignità (mentre ad esempio il padrone dell'«Assistente» di Walser è così simpatico che si capisce la devozione pur eccessiva che costui gli porta). Tuttavia non è certo per spirito di rivolta che l'identificazione non riesce: i l fine è e resta quello dell'integrazione. «Nel conflitto tra te e il mondo, asseconda il mondo», ammonisce un aforisma di Kafka. Senonché questo mondo è quello totalitario. «Ciò che angoscia e fa godere in Kafka non è tanto il padre, un Super-io o un significantequalsiasi, è piuttosto già la macchina democratica americana, o la macchina burocratica russa, o la macchina fascista» (Deleuze-Guattarn. L'intuizione dell'avvento di questemacchine modifica profondamente la situazione tradizionale del piccolo borghese in bilico tra l'alto e il basso. Egli non pretende più di essere cooptato dal potere ma vuole ottenerne solo il diritto alla sopravvivenza, e proprio quello gli viene negato. E le classi inferiori non sono più un'alternativa, vista per lo più con orrore come il punto d'approdo del proprio declassamento o meno frequentemente con simpatia come unica forza reale contro i sorprusi dall'alto. Certo Josef K. per arrivare negli anfratti del potere deve attraversare corridoi gremiti di comparse popolari, affrontare molti subalterni, c i l K. del Castello cerca alleati tra gli abitanti del villaggio. Tuttavia l'anonimità e la capillarità del potere, pur conservando e anzi dilatando enormemente la separazione tra alto e basso, l i rendono all'apparenza consimili: i potenti sonosquallidi e ridicoli, i subalterni sono umanamente meno disgustosi ma sono per lo più pieni di sacro zelo verso i primi, e il castello stesso si distingue dal villaggio quasi solo per la posizione eminente enon è in fondo, dice K., «che una misera cittadina, un'accozzaglia di casupolesenza nessuna caratteristica». Tutti, grandi e piccoli, naviganonella trasandatezza, nello squallore, nella sporcizia. Quindi, se qua o là è lecita l'ipotesi che il protagonista ignori o disdegni i l braccio che gli vien teso dal basso e che gli appare forse nell'uomo che si affaccia alla finestra prima dell'esecuzione di Josef K. o nel Castello in forma degli aiutanti che K. respinge violentemente, anche queste aperture sulla salvezza dal basso sono ambigue e non vanno sopravvalutate come fanno certuni che implicitamente paragonano K . a l Galileo di Brecht che respinge d e l fonditore Vanni perché, comeegli dice, sa chi ha il potere e chi non l'ha. In Kafka il potere o la suaombra sono dappertutto e l'uomo è solo di fronte ad essi; anche Biblioteca Gino Bianco

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