Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

91 che quindi occorreva andare a fondo in questa direzione, trasformando la vicenda dell'ebreo in una parabola della vicenda umana in cui dell'ebreo sarebbe rimasta soltanto l'iniziale dell'autore. E lungi dall'aspirare al tedesco issato sui trampoli della sacralità di Buber, approfittò delle particolari connotazioni del tedesco praghese, staccato da ogni matrice popolare, linguaggio da Fata Morgana, per crearsi uno stile in cui i l quotidiano e i l dimesso attingono immediatamente l'universale. Kafka non condivide di conseguenza la passione esclusiva di Buber (e dei suoi amici praghesi) per la tradizione ebraica in quanto tale. Analogie tra i l raziocinare di Kafka e dei suoi personaggi e quello talmudico, o momenti e simboli che ricordano la Kabbala o le tradizioni chassidiche possono indubbiamente risalire a cognizioni che però erano più lacerti del sapere altrui, degli amici, di Martin Buber, bistrattato eppure utile come mediatore, della lettura della grande «Storia del popolo ebraico» del Graetz, che non frutto di uno studio diretto. Sappiamo dalla Lettera al padre quanto esigua, comesempre nel caso degli ebrei assimilati, fosse stata l'istruzione ebraica di Kafka. Perciò chi, come Kurt Weinberg già più di vent'anni fa, pretende di istituire dei rapporti precisi, andando a cercare la pagina del trattato sacro in cui si troverebbe questo o quel simbolo usato da Kafka, esce da qualsiasi norma filologica. 11 discorso cambia, ma fino a un certo punto, dopo la prima guerra mondiale. E' certo che Kafka si avvicina di più al sionismo, sia in seguito alla mutata situazione degli ebrei nella nuova Cecoslovacchia indipendente, sia per l'influsso di Dora Diamant negli ultimi anni, sia perché la tensione comunitaria che il sionismo presupponeva si inquadrava bene nelle tendenze ascetico-ginnico-vegetariane del Kafka di quegli anni. Anche Dora l'aveva conosciuta nel campo di Müritz (vicino a Rostock) per bambini ebrei. Inoltre Kafka, che aveva impreso a studiare l'ebraico nel 1917, dopo i l breve secondo fidanzamento con Felice Bauer, senza fare grandi progressi, nel 1923 si mise a studiarlo molto seriamente sotto la guida della giovane palestinese Puah Bentorim, riempiendo interi quaderni di vocaboli, facendo esercizi e scrivendo anche una lettera in ebraico. Si noti però che studiava rebtaico moderno, con l'occhio rivolto a un eventuale soggiorno in Palestina, non l'ebraico classico allo scopo d'intendere i testi della tradizione. Con questi testi deve avere acquisito qualche familiarità solo nell'inverno 1923 a Berlino ascoltando delle lezioni all'«Università per la scienza dell'ebraismo» (Hochschule für die Wissenschaft desJudentums). Forse allora ebbe idee più chiare anche sul Talmud, di cui lo stesso Brod deve riconoscere che non aveva quasi nessuna Biblioteca Gino Bianco

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