Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

90 risiedevano la sua fidanzata Felice Bauer e il suo editore Kurt Wolff edove riuscì finalmente a passare qualche mese con Dora Diamant tra l'autunno del 1923 e la primavera del 1924. Anche questa reazionenon aveva nulla di originale. Franz Werfel scrisse («Prager Tagblatt», 3-6-1922): «Nel 1912, a 22 anni, ho abbandonato Praga. Allora era un tentativo di salvarsi ancora per metà inconsapevole. I l mio istinto vitale si ribellava a Praga. Per chi non è ceco questa città non ha realtà, è un sogno diurno che non dà nessuna esperienza reale, un ghetto paralizzante, senza nemmeno avere le povere relazioni del ghetto, un mondo ottuso, da cui non viene nessuna attività, o una sbagliata. Praga la si può sopportare solo come una droga, come una fatamorgana della vita, e questa è la ragione per cui molti artisti nonsono fuggiti». Certo in queste accuse si tace l'aspetto positivo della chiusura come incubatrice della baldanza con cui queste vittimedella Fata Morgana attraversarono poi il mondo e di cui proprio Werfel era l'esempio più vistoso, tanto da suscitare l'impietosa satira di Robert Musil. Ma i l discorso di Werfel è utile per ricordare che sel'essere ebreo praghese non era una maledizione, non era nemmenouna straordinaria fortuna che predestinava alla genialità. Se la condizione dell'ebreo appariva a Kafka in qualche modo naturale, ciò non significa infatti che non gli apparisse problematica eche non fosse suo costante oggetto di riflessione. I n un libro di prossimapubblicazione Giuliano Baioni fa la migliore storia di questariflessione che comincia con i rapporti tra Kafka e i suoi amici sionisti della rivista «Selbstwehr» («Autodifesa»), tra cui Max Brod. Kafka era un fedele lettore della rivista ma non ne condivideva le idee che gli sembravano utopistiche e nutriva scarsissima simpatia per il suo nume, Martin Buber, e il suo pensiero che Baioni chiama «cultursionismo» in quanto insisteva sul rinnovamento culturale comeprimo compito del movimento sionista (più che l'agitazione e la propaganda). Questo sionismo non nazionalista ebbe i l merito d i preservare Buber fino agli ultimi anni della sua lunga vita dagli aspetti sciovinisti e antiarabi del sionismo reale, ma promuoveva in quegli anni una dubbia operazione culturale di ibridazione ebraicotedesca, che culmina nella sua traduzione della Bibbia, giustamente stroncata da Walter Benjamin. Si potrebbe dire che le idee di Kafka simuovono in direzione opposta a quelle di Buber: mentre costui pensava di superare la situazione precaria dell'ebreo assimilato ebraicizzando, per così dire, la sua cultura tedesca (e Brod lo seguiva sfornando romanzi che parlavano della situazione degli ebrei), Kafka intuiva che la difficoltà di mantenere l'identità che caratterizzava gli ebrei occidentali stava diventando i l problema di tutti gli uomini e BibliotecaGinoBianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==