KAFKA: EBREO 0 PICCOLO BORGHESE?* CesareCases Il titolo è una falsa alternativa che serve solo a cercare un approccio alla questione del rapporto di Kafka con la società. Prendendola alla lettera come alternativa di due chiavi d'interpretazione, alla domanda «ebreo o piccolo borghese?» bisognerebbe rispondere: tutti e due e nessuno. Una risposta che si impone di fronte a tutte le interpretazioni unilaterali di Kafka e della sua opera e che è una delle ragioni fondamentali del loro fascino. Questa esigenza e insieme vanità dell'interpretazione non è solo i l destino dei critici d i Kafka ma è già anche i l tema stesso della sua opera, che per questo si apre all'infinito in una catena di ipotesi, di negazioni e di riaffermazioni. Ogni certezza nel processo interpretativo appare fallace, ma mai del tutto priva di plausibilità e di possibilità di recupero, magari su un piano diverso. Così accade anche per spiegazioni del fenomeno Kafka (che ormai passano la decina di migliaia). Psicanalitiche o teologiche o sociologiche che esse siano, non soddisfano mai e inducono a pensare che se non si sa tacere su di lui (che sarebbe forse la miglior cosa) gl i si deve applicare una sorta di teologia negativa e mostrare come tutte le definizioni siano possibili ma non colgano la sua essenza. Occorre attraversarle per dimostrarne l'inadeguatezza e per intravvedere forse qualcosa di quell'essenza. Prendiamo le categorie che abbiamo scelto: ebreo e piccolo borghese. Che egli abbia a che fare con queste categorie, è indubbio non solo sociologicamente ma anche attraverso l'autocoscienza quale appare negli scritti: se dividiamo questi ultimi grosso modo in due gruppi, quelli autobiografici (diari e lettere) e quelli letterari, nei primi emerge prepotentemente la problematica dell'ebreo, mentre i personaggi dei secondi si connotano per lo più come piccoli borghesi (impiegati, commessi viaggiatori, l'agrimensore K., i l medico d i campa- * Conferenza tenuta per l'Aci nel dicembre 1983. Biblioteca Gino Bianco
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