Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

78 del totalitarismo? Non direi. Mi sembra piuttosto un modo per catturare entro uno schema costituzionale che è in parte giunto fino a noi (cfr. l'art. 67 della Costituzione It.) l'idea rousseauiana della volonté générale, mettendola con i piedi per terra. E' rappresentabile — questosembra suggerireSieyès — solo ciò che è identico, o meglio omogeneo, perché rappresentanza è comunque — ecco di nuovo Hobbes — una forma di reductio ad unum del molteplice. Se la rappresentanza è giuridicamente, dal punto di vista privatistico, una finzione, essa è, invece, sul piano politico una funzione di omogeneità, potremmo aggiungere la definizione da parte dei rappresentanti di interessi comuni di quelli che si chiamavano un tempo, prima della Rivoluzione in Francia, i sudditi di uno stato territoriale, interessi comuni intorno ai quali i rappresentanti possono aggregarsi, costruire unità. Se gli individui concedono all'assemblea, al Parlamento, l'esercizio di una sovranità di cui essi sarebbero originariamente i titolari — e questo è certamente l'elemento di «finzione» perché i l governo rappresentativo concede loro, se lo vogliono, i l diritto di astrarsi fino al punto di diventare «cittadini». Sieyèspresenta — questo un punto cui ho accennato e su cui vorrei ritornare — il governo rappresentativo come una forma di governoche esclude la «democrazia». Già Montesquieu aveva scritto nella sua«Natura delle costituzioni» (Esprit des Lois, 1. X I , cap. 4) «i l grandevantaggio dei rappresentanti è che essi sono in grado di discutere dei problemi [ i l che esclude naturalmente i l mandato imperativol. I I popolo al contrario non è per nulla in grado di farlo: i l che costituisce uno dei maggiori inconvenienti della democrazia»; e De Lolme, anche egli come Rousseau cittadino di Ginevra ed autore di una specie di ant i -Contrat Social, La Constitution de l'Angleterre ou Etat du Gouvernement anglais comparé avec la forme republicaine et avec les autres monarchies de l'Europe, nel 1771 scriveva: «Lamaggior parte di coloro che compongono la moltitudine, distratti dai bisogni più urgenti della sussistenza, non hanno né il tempo, né, acausa dell'imperfezione della loro educazione, le conoscenze necessarie a tali bisogne. La natura, d'altronde, avara dei suoi doni, ha datosolo ad un piccolo numero di uomini una testa capace dei calcoli complicati necessari per creare delle leggi; e come il malato si affida ad un medico, colui che intenta una causa ad un avvocato, parimenti, lamaggioranza dei cittadini deve affidarsi a coloro che sono più abili di loro, per l'esecuzione di cose che, pur riguardandoli in modo così essenziale, richiedono molte qualità per essere condotte a bene. A queste ragioni, già così forti, se ne aggiunge un'altra, se possibile più decisiva: cioè che la moltitudine, per i l fatto stesso di essere tale è Biblioteca Gino Bianco

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