Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

73 dellapersona (...); l'unità di una moltitudine non può intendersi in altromodo» (11). Funzione della rappresentanza è dunque per Hobbes quella di produrre l'unità politica, la quale non si dà mai spontaneamente; dar vita e fare esistere quel «legame» che senza la rappresentanza è assente. Qui, a differenza che nel mandato della tradizione privatistica, siamo di fronte ad una relazione fra rappresentante e rappresentato dove la superioritas, seesiste, sta dalla parte del primo e non del secondo (12) proprio perché quest'ultimo, i l popolo, i l rappresentato, nonha esistenza piena (ma tutt'al più un'esistenza virtuale e virtuali diritti - - comesono quelli nello stato di natura —) senza l'esistenza del primo — il rappresentantesovrano, — che pure è tale solo nella misura in cui viene riconosciutocomesovrano, cioè nella misura in cui gli viene riconosciuta l'identità di rappresentante, il che è altra cosada una «delega di potere». D'altro canto la funzione della rappresentanza ha in Hobbes uncontenutosostanziale: «Si può sostenere — scrive H. Pitkin — che i doveri del sovrano, sebbene non derivino dall'autorizzazione (dei rappresentati), corrispondano nondimeno con i l 'procurare i l mantenimento' dei suoi sudditi» (13), come lo stessoHobbes scrive al cap. XVI . In altri termini, la rappresentanza politica, producendo la condizione di società civile, fornisce gli individui di una identità «relazionale» (probabilmente il contenutogenerale e astratto del «diritto») (14), quella di cui essi sono privi nello stato di natura, dove invece tutti e ciascunogodono — si fa per dire — solo di un'identità «assoluta», quella per cui non esistenessuna forma e possibilità di riconoscimento relazionale e che nega ogni legame politico-sociale, perché è comese gli individui non si vedessero e nonavesseronome; produce, cioè, per usare il linguaggio di Pizzorno, unmercato stabile di riconoscimento della vita per ciascuno.Questomercatostabile non sipuò instaurare, o per dir meglio, non è pensabile — sostieneHobbes — se non attraverso i l meccanismo della rappresentanza che permette a ciascuno l'identificazione in una struttura comune di relazioni. In questosenso è vero che rappresentare è porre in essere *11. Leviatano, p. 159 (le sottolineature sono nel testo). 12. Questo era già chiaro per l'essenziale nel 1515 al teologo domenicano Silvestro Mazzolini da Prierio che nella sua Summa Summarum scriveva: «dominium omne est ius, non econtra: sed super ius addit superioritatem», cit. in R. Tuck, Natural rights Theories, Cambridge 1979, p. 5. 13. Op. cit., p. 33. 14. Cfr. su questo punto S. Veca, «Interesse e identità» in Ricerche politiche due, Milano 1983, pp. 166 sgg. Biblioteca Gino Bianco

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