Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

52 eterogenea dei miei scritti, e non concedo affatto alcuna pretesa di superiorità, come potrebbe fare un orcio di terracotta rispetto a un vaso di purissima porcellana, al romanziere, al narratore, al filosofo sociale o al saggista politico. Non intendo fare niente del genere, e non sto sollevando questo problema. Di fatto, non intendo definire alcuna gerarchia o alcun ordine di precedenza. Sto soltanto cercando d'esprimere, con la massima precisione possibile, un punto di vista molto definito sul valore di qualsiasi attività letteraria ed artistica. Cercod'esprimere, riferendomi alla mia propria attività, i l senso, in memolto forte, della temporalità, della transitorietà e della personalità di ogni verità formulata dalla scienza e dalla filosofia e di ogni bellezza rilevata dall'arte. Sec'è una differenza tra il mio modo di ragionare e quello della maggior parte delle persone che conosco, consiste nel fatto che la miapercezione del tempo è molto più distaccata di quanto di solito nonsucceda dalle dimensioni della vita individuale, che la mia mente si comporta come se fosse una mappa a scala ridotta ma di grande estensione; che l'evoluzione generale dell'umanità, intesa come un tutto, mi si presenta in modo insolitamente vivido; che il futuro, e il nostro rapporto con il futuro, sono per me qualcosa d'anormalmente reale. Di conseguenza, è naturale che io pensi che l'uomo di lettere, l'artista, lo scienziato e il filosofo vivono innanzi tutto per il proprio tempo e per i l tempo che seguirà immediatamente i l loro, e che in seguito i l loro valore reale è destinato a diminuire sempre di più. La tradizione e la pressione educativa possonomascherare, in certa misura, i l processo, ma possono soltanto mascherarlo. Tutt i noi apparteniamo al nostro tempo, e abbiamo un valore e un significato soltanto in rapporto al nostro tempo. E ciò è vero anche per coloro che definiamo «immortali», per Omero, per Shakespeare, per Michelangelo e per Leonardo, in rapporto — naturalmente — alla lorodimensione, come lo è per me e per voi, che qui discutiamo stasera. Grandi o piccoli che siamo, tutti noi lavoriamo, adempiamo ai nostri compiti, e passiamo. Tutti siamo destinati a svanire nelle tenebre, o nel museo di ciò che è passato. L'arte, la poesia, la letteratura, la filosofia non sono eterne. Cambiano nei metodi, nella funzione, nella loro natura essenziale. Enon lo dico per sminuirle, ma per glorificarle. Si tratta, infatti, di processi viventi, come lo siamo noi, che viviamo e passiamo, non di oggetti morti, come dei cristalli o delle gemme da tesaurizzare per sempre nelle cripte del tempio della classicità. Sono tutte cose che, conl'eccezione del puro e semplice bric à brac, io ambisco a proiettare in una vivente mortalità, definendole Giornalismo nel senso più BibliotecaGinoBianco

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