Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

45 stopaese, e in questo Parlamento, non c'è legge o leggina che non passi dopo una discussione cui partecipa, con pesospessodeterminante, il Pci: come si fa a pensare che questo partito, il secondo partito d'Italia, si lasci tagliar fuori da ogni discussione e sia felice di trovarsi di fronte al dilemma di respingere un eventuale accordo, e con ciòsconfessare anche i sindacalisti del suo partito, o di subirlo, senza dire la sua? Pensare che un partito si possa impiccare con le proprie mani, e magari ringraziare, mi pare un po' troppo. La critica che puòessere rivolta al Pci è, semmai, un'altra: quella di aver condotto una battaglia prevalentemente difensiva, senza vere e precise proposte alternative e, quindi, di non essere riuscito che in parte ad evitare l'isolamento che temeva. Ma questo è un altro discorso, anche se forse quello principale. L'interesse del Pci ad evitare l'accordo, quindi, per me c'era. Ma non è stata la rinascita repentina della «cinghia di trasmissione» a portare i sindacalisti comunisti della Cgil alle posizioni che hanno assunto. Per tutta una serie di ragioni, che come ho detto non voglio esaminare, il rapporto tra i sindacati, e tra questi la Cgil, e i lavoratori si è andato logorando e affievolendo. Sia per incapacità o per oggettiva difficoltà, l'organizzazione sindacale vede ridursi quella fonte di risorse che era costituita dalla partecipazione dei lavoratori. La situazione economica, dal canto suo, è pesante e indebolisce la capaciti autonoma di ogni sindacato di contare sui propri iscritti e sui lavoratori in genere. Bisogna ricorrere ad altre fonti di risorse, dato che quella cui ci si è riferiti per buona parte degli anni '70 sembra inaridirsi o non essere sufficiente. Una risorsa, sempre presente, è data dai militanti o attivisti che continuano ad impegnarsi anche quando si verifichi un periodo di stanca. Ma qui c'è un problema per la Cgil, perché i suoi militanti sono, nella grande maggioranza, o comunisti o vicini al Pci. E' quindi impossibile far ricorso a questi militanti per portare avanti una politica che si traduca, o rischi di tradursi, in un isolamento del loro partito. I dirigenti della Cgil dovranno, per lo meno, mediare con quanto viene richiesto dai militanti della loro organizzazione, senon vogliono perdere, in una situazione già difficile, ulteriqri fonti di forza. Per di più, in una situazione economica difficile, in un «mercato del compratore» di lavoro, un sindacato deve cercare risorse all'interno del sistema politico o da singoli, ma importanti, partiti, o dal governo. Se viene meno la legittimazione naturale, o se questa è in crisi, quella che proviene dai lavoratori e dagli iscritti, bisognasurrogare questo vuoto con una sorta di riconoscimento del sistemapolitico. Ma la Cgil non può instaurare un rapporto diretto col governo se la maggioranza dei suoi militanti si riferisce politicamente Biblioteca Gino Bianco

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