Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

neo-emigrati l a storiografia statunitense stenterà in seguito ad affermare i propri diritti, relegata nelle strettoie di un mondo che, per usare le parole di H. lames «rinnega il vecchio a ogni pié sospinto». Neppure il felice innesto tentato da F. I . Turner, con la «teoria della frontiera», espressione di una concezione evoluzionista della storia come«studio dei comportamenti adattativi dei gruppi nei confronti dell'ambiente», riuscirà a invertire la tendenza propria della tradizioneamericana a concentrarsi sull'«asse del presente», di quell'open universe malleabile e programmabile che i l pragmatismo postulava. (con I . H. Robinson i l ruolo della storiografia decadrà progressivamente fino a ridursi a un mero sondaggio preliminare compiuto i l quale «gli ingegneri della società procederanno per la loro strada», mentre gli ultimi fievoli afflati della storiografia progressista si spegnerannocon A. Beard alla vigilia della I I guerra mondiale). Se le sorti della storiografia americana sembrano inesorabilmentesubordinate ai tracciati aperti dalle scienze della progettualità sociale, di segno opposto è ii vettore che contrassegna — nella lettura di C. Castelli — le evoluzioni della disciplina storica nell'Urss. Dai primi esordi, dominati dalla figura di M. Pokrovskij, volti a dimostrare non solo la legittimità del presente lungo il filo della storia russa ma ad assimilare quest'ultima alla dinamica dello sviluppo europeo così da prefigurare un'ineluttabile estensione del processo rivoluzionario anche al di fuori dei confini sovietici; per poi approdare in epocastaliniana, a un assunto completamente rovesciato: a l trionfo di unastoriografia nazionalistica tendente ad esaltare — in opposizione alloschema di Pokrovskij — «tutta l'originalità e l'individualità della storia russa di cui la dittatura di Stalin era suppostaessere una manifestazione». La storiografia sovietica diveniva così, in forma tangibile, non solo terreno della competizione ideologica tra classi contrappostema anche «flessibile strumento di contesa tra le opposizioni interne». Si profila dunque nella sua ricchezza tematica il percorso di una crisi che dall'800 in poi ha di volta in volta segnato le nuove frontiere dell'innovazione storiografica e di cui indubbiamente i l crescente offuscamento della dimensione eurocentrica ha costituito un fattore pregnante di rottura (9). Elemento quest'ultimo, le cui ombre ricorrono qua e lä sullo sfondo dell'opera, ma al quale sarebbe forse valsa la penadedicare un capitolo specifico. 9. Si veda a questo proposito G. Barraclough, Atlante della storia. /945/75', Bari, Laterza, 1977. Biblioteca Gino Bianco

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