Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

175 inizi per dar forma a una continuità dentro una differenza» (White) (6) e «anti-narrativisti», di ispirazione annaliste, fautori di una rifondazione del tempo storico, non più lineare, omogeneo, scandito sui ritmi astratti di una processualità inerte e manipolabile, ma scornponibile in molteplici velocità; dove, alle oscillazioni rapide e nervosedell'universo degli eventi si affiancano le cadenze lente, a tratti semi-immobili della lunga durata. Un territorio fatalmentecomune agli ambiti dell'indagine storica come a quelli delle scienze sociali. E' infatti su questa linea di riformulazionedell'ordine temporale, non più soggetto ai rigidi dettami dellasuccessione, ma liberato nella sua potenzialità «organica» che puòdispiegarsi il nucleo centrale dell'incontro tra storia e scienzesociali; in questa nuovadimensione del tempo, che, lungi dal determinare a priori la direzione del mutamento e del progresso, ne incarna invece le tendenze più profonde, l'intimo gioco di rifrazione tra rotture e permanenze, consentendo, al contrario del puro racconto storico, l'analisi dei «comportamenti oggettivi indipendentemente dalla prospettiva intenzionale degli attori» (Furet) (7). Al di sotto dei differenti modelli strategici della conoscenzastorica, sembradunque affacciarsi in primo piano quella che R. Koselleckdefinisce la «conquista di una temporalizzazione», la ricerca cioè di un nuovo codice temporale che consenta da un lato di superare gli angusti confini di un orizzonte costretto entro i limiti della sequenzacronologica e che dall'altro sia in grado di rimuovere quell'«aporiagnoseologica» tuttora esistente tra il livello degli eventi e quello delle strutture (8). Etuttavia, al di là dei punti «caldi» delloscontro (in cui all'anticaantitesi tra comprensione e spiegazione si sostituisce ora quella tra narrazione e scientifizzazione della storia), aldilà dei fronti sporadici di collisione, la pratica storiografica nel suocomplessosembra paradossalmenteassorbire entro una sorta di indistinta «nebbia epistemologica»paradigmi antitetici e opposti, quasi in balia di campi magnetici avversi ma di pari potenza. A ben guardare, infatti, se la niolteplicità dei registri di cui è dotato l'impianto narrativo permette di coordinare una pluralità di livelli argomentativi a statuto epistemicodiverso, senzapreoccuparsi di rilevare le antinomie, dall'altra 6. H. White, La questione della narrazione nella teoria contemporanea della storiografia, in La teoria della storiografia cit. p. 71. Dello stesso autore si veda anche: Retorica e storia, 2 voll., Guida, Napoli, 1978. 7. F. Furet, I metodi, cit., p. 127. 8. R. Koselleck, La storia sociale, cit., p. 153. Biblioteca Gino Bianco

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