Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

174 risuonare al di sotto della contrapposizione tra lo schieramento «scientista» e la variegata costellazione della sempre più nutrita schiera dei «narrativisti»: dall'affermazione del carattere «autoesplicativo» della narrazione storica, esente da ogni criterio generalizzante e normativo (B. Gaulle, A.C. Danto) alle interpretazioni estreme, di segno frontalmenteantiscientista, miranti a prefigurare la storiografia come una sorta di «atto poetico» (H. White) (2). Ma un elemento innovativo, rispetto agli anni '50, pare segnare oggi i termini del dibattito. Quel fronte di discussione che sembrava in precedenza escludere proprio i «diretti interessati», gli artigiani del lavoro storico, occupati, dal canto loro, a riprodurre, fuori dei consueti ateliers, i colori del passato, tende ora a coinvolgere — sia pure in forma limitata e indiretta gli stessi cultori della disciplina storica. Ne è un esempio, forse il più significativo, l'effervescente polemica tra H. White e F. Furet di cui recano traccia gli atti del convegno tenuto a Torino nel 1982 sulla Teoria della storiografia negli ultimi vent'anni. All'impostazione «narrativistica» di White, per il quale la storiografia si ridurrebbe sostanzialmente a retorica, struttura verbale «posta in rapporto non con un fondo logico del discorso ma conun livello profondo di conoscenza su cui lo storico orienta la propria strategia di spiegazione» (3), fa riscontro la posizione antitetica di Furet, uno degli interlocutori più brillanti dell'ultima generazione delle «Annales» (4). Qui i l rifiuto di una storiografia «narrativista» si fonda a partire da una critica radicale dei caratteri intrinseci del racconto storico tradizionale, caricato di significati preliminari grazie a un uso «ideologico» del tempo in cui i l prima spiegherebbe i l dopo (per usare l'esemplificazione di R. Koselleck: i l veni, vidi, vici di Cesare) (5) e in cui gli avvenimenti ricevono i l loro senso dall'esterno, in quanto scelti quali agenti privilegiati del mutamento. Sembrerebbe allora proprio sulla concezione temporale che si misurino le distanze tra «narrativisti», inclini a considerare appunto la narrazione come «aspetto del tempo in cui gli esiti possonoessere visti come legati agli 2. P. Rossi, Introduzione a La teoria della storiografia oggi, Milano, I I Saggiatore 1983 (Atti del convegno torinese del 1982 su «la teoria della storiografia negli ultimi vent'anni»). 3. P. Rossi, Introduzione, cit. p. X I V. 4. F. Furet, I metodi delle scienze sociali nella ricerca storica e la «storia totale» in La teoria della storiografia, cit., che riproduce parzialmente i l testo introduttivo di Id., L'Atelier de l'histoire, Parigi, Flammarion, 1982. 5. R. Koselleck, La storia sociale moderna e i tempi storici, in La teoria della storiografia, cit. Biblioteca Gino Bianco

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