Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

115 mitiva, ma personalmente vi insisto nella speranza di chiarire alcuni degli assunti psicologici di tutta questa linea di pensiero. Come ha fatto notare lo stesso Brown, le speculazioni di Freud sulla psicologia di gruppo, contenute nel saggio omonimo e in Mosé e il monoteismo, si basano su un modello di conflitto mentale che Freud aveva già scartato nei suoi saggi più propriamenti psicologici dell'ultima fase, a partire da Al di let del principio di piacere (9), del 1920. La sempremaggiore consapevolezza che Freud acquistava dell'esistenza di uno strato più profondo della vita mentale, precedente alla fase edipica, la revisione della teoria degli istinti, la nuova psicologia della donna implicavano delle conclusioni incompatibili con le generalizzazioni che lui stesso continuava ad utilizzare nelle opere sociologiche. Da un lato, questa nuova linea d'analisi suggeriva l'ipotesi che il piaceresessuale non fosse l'unico oggetto della repressione. Dall'altro, implicava che l'agente della repressione non fosse semplicemente «la realtà». Di conseguenza, gli effetti del complesso d'Edipo (la cui teoria Freud esplicitò solo adesso) non possono essere visti semplicemente come la sottomissione del principio del piacere al principio di realtà, imposta al bambino dal padre. I l che non significa soltanto che i comandi parentali, le proibizioni, l'imposizione di pratiche di comportamento escretorio, la paura della castrazione e così via abbiano nella vita infantile un'importanza minore di quanta non ne avesserosecondo i l precedente pensiero di Freud. L'intero schema concettuale che oppone i l piacere alla realtà, identificando il primo con l'inconscio e i l secondo con l'adesione consapevole alla moralità parentale, deve essere sostituito con un diverso modello mentale. Senza dubbio, la caratteristica più importante del modello strutturale freudiano è rappresentata dalla teoria del super-io, che riflette la nuova consapevolezza secondo cui l'agente della repressione essopure in larga parte inconscio e che le sue esigenze vanno ben al di lä di quanto esige i l principio di realtà. I l super-io, ben lungi dal servire al principio di realtà, deriva almeno una parte della sua severità dalle energie aggressive dell'id. L'osservazione per cui esso rappresenta «una pura cultura dell'istinto di morte», per di più, sembra implicare un'origine arcaica del super-io stesso, e far pensare addirittura che esso sia «l'erede del complesso d'Edipo» (10). Le stesse scoperte che spinsero Freud a dare per la prima volta espressione for9. Brown, cit., pp. 59, 119, 121, 124-126, 128. 10. Sigmund Freud, L' Io e l'Es (1923), p. 26 e 43 della trad. ingl. (New York, 1962). Biblioteca Gino Bianco

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